venerdì 7 febbraio 2014

Monete digitali (criptomonete) e circuiti finanziari alternativi

Monete digitali (criptomonete) e circuiti finanziari alternativi. Portare l’attacco al cuore dello Stato, pardon, dei mercati finanziari – di Andrea Fumagalli

Continuiamo ad approfondire il tema delle monete digitali (o criptomonete) , presentando la traduzione in italiano della relazione svolta da Andrea Fumagalli  al workshop “Algoritmi e capitale”, svoltosi a Londra lo scorso 20 gennaio. In questo intervento, si cerca di delineare alcune caratteristiche che potrebbe avere una moneta del comune come possibile embrione della costruzione di un circuito finanziario alternativo, che sfugga al controllo e alle imposizioni delle oligarchie finanziarie.
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“.. L’importanza della moneta deriva essenzialmente dal fatto che essa è un anello fra il presente e il futuro”[1] (J.M.Keynes)
 “Ciò che mediante il denaro è a mia disposizione, ciò che io posso pagare, ciò che il denaro può comprare, quello sono io stesso, il possessore del denaro medesimo, Quanto grande è il potere del denaro, tanto grande è il mio potere. Le caratteristiche del denaro sono le mie stesse caratteristiche e le mie forze essenziali, cioè sono le caratteristiche e le forze essenziali del suo possessore. Ciò che io sono e posso, non è quindi affatto determinato dalla mia individualità. Io sono brutto, ma posso comprarmi la più bella tra le donne. E quindi io non sono brutto, perché l’effetto della bruttezza, la sua forza repulsiva, è annullata dal denaro”[2] (K.Marx)
1. Introduzione. Sul ruolo e la forma della moneta nella nostra storia[3]
La moneta è un’invenzione umana. La moneta non cresce sugli alberi. La moneta ci dimostra che l’essere umano è un animale sociale. La moneta è relazione sociale. Una relazione sociale che oggi non è paritaria, ma che potrebbe diventarlo. La moneta è la dimostrazione dell’esistenza di una comunità, perché la moneta è frutto di un rapporto di fiducia. Ma la moneta è, soprattutto, potere. Potere di decisione, potere di arbitrio. E oggi è potere capitalistico. Per questo la moneta non è un bene comune. Essa è, o meglio potrebbe essere, dovrebbe essere, un common. Ma oggi più che mai non lo è. Nell’attuale bio-capitalismo cognitivo e finanziarizzato, se una  lotta deve esserci essa dovrà necessariamente essere la lotta per la moneta intesa come common. È lotta per il “comun(e)ismo”.

La moneta ha svolto diverse funzione nella storia dell’umanità. Esiste da subito, come il fuoco, la ruota, la scoperta dell’agricoltura. Nelle società preistoriche è mezzo di scambio e unità di conto. Mezzo di pagamento per consentire la relazione sociale dettata dall’attività di scambio per la sopravvivenza: la necessità del neg-otium (la dannazione del labor), in opposizione all’otium (il piacere della creatività e dell’ingegno umano). E in quanto tale, unità di misura del valore delle merci scambiate. La moneta è quindi da subito rappresentazione fenomenica del valore. E in quanto tale, espressione di potere nel momento in cui tale misura viene stabilita sulla base di una gerarchia sociale.  Chi decide la “forma” della moneta? Ma soprattutto, nell’antichità come oggi, chi decide il valore della moneta?
La storia della moneta è connessa alla storia dell’umanità, dicevamo. Anticamente, sino alla formazione degli stati nazionali nel 1500 in Europa, la forma prevalente della moneta è la moneta-merce. Il valore della moneta è contenuta nel corpo stesso della moneta. La sua forma (peso) metallica (quindi fisica, sia essa rame, bronzo, argento o oro) ne indica il valore. Si attua così uno scambio tra equivalenti in valore. Un metro di stoffa che, supponiamo, abbia un valore di 10 grammi d’oro, viene direttamente scambiato con una moneta che contiene 10 grammi d’oro. Da questo punto di vista, lo scambio di moneta implica uno scambio rivale e solvibile. Quella specifica moneta di 10 grammi può essere usata solo per quello scambio, in una relazione “do ut des”, merce (stoffa) contro merce (metallo-oro). La moneta è quindi una merce (bene) come tutte le altre.
Secondo Erodoto[4], i Lidi furono il primo popolo a introdurre l’uso di monete d’oro e d’argento e il primo a stabilire “negozi” per la vendita al minuto in località permanenti. Nel momento stesso in cui la moneta metallica si diffonde come mezzo di pagamento e diventa unità di conto degli scambi economici (unità di misura del valore), essa diventa anche espressione di potere. Era infatti chi emetteva la moneta (il sovrano) a determinarne il valore e a esprimere il comando economico. 
In questa fase della storia (euro-mediterranea), la moneta-merce implica una struttura proprietaria (come tutte le merci). La proprietà si estrinseca nel monopolio di emissione (il sovrano). Non vengono ancora agiti i diritti di signoraggio. Sarà con l’impero romano, prima con Nerone e poi con Settimio Severo, che il valore della moneta (Aureo e Denario, rispettivamente in oro e argento) tenderà a non corrispondere più esattamente alla quantità di metallo pregiato utilizzato. Sorgono così i diritti di signoraggio.
Ma sarà solo con la formazione degli stati nazionali europei e il salto di paradigma tecnologico a cavallo del XV-XVI secolo che si assisterà al totale sganciamento tra il valore dichiarato della moneta e la quantità del metallo prezioso contenuto.
Il monopolio di emissione della moneta assume allora le forme di un diritto sovra-individuale e la moneta diventa variabile extra-mercato, controllata a livello istituzionale e non dalla dinamica di mercato. Una volta garantita dal ruolo statuale, che opera non come agente di mercato, ma al di sopra di esso, la moneta comincia a svolgere anche la funzione di riserva di valore e misura patrimoniale. Tale passaggio di fase è, non casualmente, accompagnato dal cambiamento della forma della moneta. Dalla moneta metallica, fondata prevalentemente sull’oro, si passa alla moneta cartacea: ciò significa che il mezzo monetario non incorpora più il valore stesso che dichiara. Come abbiamo ricordato, lo scambio economico “valore contro quantità” era sempre esistito come scambio di puri e diretti equivalenti in merce, ovvero un certo ammontare d’oro contro un certo ammontare di merci. Non è un caso che buona parte dei nomi delle valute in vigore ancora oggi, o sino a poco tempo fa, derivino, etimologicamente, da unità di peso (pound in Gran Bretagna, pesetas in Spagna, lira – da libra -in molti paesi) . Con la garanzia di una governance statuale (quindi istituzionale e extra-mercato privato), lo scambio economico comincia sempre più a caratterizzarsi materialmente come scambio tra un pezzo di carta, il cui valore intrinseco è poca cosa, e un certo ammontare di merce. Ma questo pezzo di carta – la moneta cartacea o banconota – viene garantita da un potere politico superiore che obbliga all’accettazione (fiducia) e ne garantisce il valore virtuale ivi riportato. Tale passaggio genera, tramite il ruolo sempre più importante della Banca Centrale, la possibilità di creare base monetaria in condizioni di monopolio.
Con la rivoluzione industriale e, nel XX secolo, con la Conferenza di Bretton Woods si assiste, così,  al graduale abbandono dei sistemi monetari fondati sui metalli preziosi e sulla inconvertibilità delle monete in metalli preziosi. La crescita degli scambi economici, provocata dalla diffusione del sistema capitalistico di produzione, ha imposto l’uso di monete la cui offerta non risultasse  vincolata dalla limitata disponibilità di metalli preziosi. Inoltre, l’affermarsi di talune monete, sempre più diffuse e accettate negli scambi internazionali, ha reso obsoleto il ricorso ai metalli preziosi per regolare tali scambi. Infine, l’affermazione del biglietto di banca e di altre forme di pagamento svincolate dall’uso di metalli preziosi, si spiega con la praticità dei sistemi di pagamento che non obbligano a trasferire ingenti quantità di pesante metallo prezioso.
Oggi, dopo la fine di Bretton Woods, assistiamo alla completa smaterializzazione della moneta. Il suo valore, convenzionalmente fissato nel 1944 a Bretton Woods nel rapporto di 35$ per oncia d’oro, è decaduto.  Da moneta “merce” e moneta “oro” si passa alla moneta come “puro segno” (Marx), passaggio che, grazie al processo di finanziarizzazione, ha di fatto ridotto il peso dei diritti di signoraggio e anche la possibilità da parte delle Banche Centrali di controllare in toto la massa monetaria in circolazione e il moltiplicatore creditizio e finanziario che ne consegue.
La moneta, tende così a smaterializzarsi del tutto. Oggi la moneta non è più una merce o un bene. Non esiste più un’unità di misura del valore della moneta, come il metro per la lunghezza o il chilogrammo per il peso. A prescindere dal fatto che esistono ancora i monopoli di emissione e i diritti di signoraggio, a prescindere dalla struttura proprietaria, in quanto non più un bene, la moneta non può neanche essere definita bene comune. Con la fine degli accordi di Bretton Woods, il valore della moneta non è più determinato da chi la emette. La sovranità monetaria (nazionale o sovranazionale, che sia), la cui governance è il compito della Banca Centrale, perde sempre più significato.  
2. La moneta – finanza come espressione della comunismo del capitale
Con l’avvento del sistema di produzione capitalista, la moneta diventa espressione del capitale e del rapporto sociale di sfruttamento del lavoro. Con il passaggio dal capitalismo taylorista-fordista al bio-capitalismo cognitivo finanziarizzato, la funzione principale della moneta si modifica. La funzione di credito, tipica di un sistema D-M-D’ (economia monetaria di produzione), dove l’attività di investimento nella produzione di beni richiede una anticipazione monetaria e l’indebitamento degli attori economici (siano essi imprese private o lo Stato), lascia sempre più spazio alla moneta- finanza (economia finanziaria di produzione). La moneta finanza, non a caso, coincide con la dematerializzazione totale di denaro, essendo pura moneta-segno.
E’ importante sottolineare che tale passaggio dalla moneta -credito alla moneta-finanza implica un cambio di governance monetaria: la prima veniva e viene tuttora emessa sotto il controllo delle istituzioni monetarie (banche centrali), mentre la seconda, invece, dipende dalle dinamiche del mercato finanziario.
Fino alla crisi del fordismo, infatti, l’istituzione della Banca Centrale aveva il compito di esercitare un controllo diretto e preciso sulla quantità di moneta (M1) emessa dalle zecche nazionali (fiat money). Ma oltre il 90% della massa monetaria è ora fornito da banche private e investitori finanziari, sotto forma di prestiti o attività speculative, sulla cui quota la Banca centrale ha solo un controllo molto indiretto. Ciò significa che, nonostante la Banca centrale possa unilateralmente e autonomamente fissare i tassi di interesse e di imporre riserve obbligatorie alle banche, la quantità di denaro in circolazione è meno controllabile dalla stessa Banca Centrale. In un sistema capitalistico che si basa su una economia finanziaria di produzione, la quantità di moneta è endogeneamente determinata dal livello di attività economica e dall’evoluzione delle convenzioni finanziarie (in termini keynesiani) che governano il mercato finanziario internazionale. La Banca centrale può solo cercare di aumentare o diminuire l’offerta di moneta in circolazione, ma niente di più, inseguendo e assecondando le dinamiche degli stessi indici finanziari. Questa possibilità viene ora ulteriormente ridotta dal nuovo ruolo svolto dai mercati finanziari nel processo di finanziamento dell’attività di investimento, tramite le plusvalenze e la creazione di titoli altamente liquidi (definiti near money, quasi moneta) .
Ne consegue paradossalmente che i poteri discrezionali delle Banche centrali sono tanto più ridotti quanto più esse stesse sono diventati istituzioni politicamente indipendenti. Come conseguenza, i poteri di controllo e vigilanza della Banca centrale sul settore bancario e, attraverso la variazione dei tassi di interesse, sull’intero sistema economico sono sempre più funzionali alle dinamiche in atto nei mercati finanziari e sempre più dipendenti dalle oligarchie che li dominano.
Ciò significa che, nel bio – capitalismo cognitivo,  la moneta e la determinazione del suo valore non sono più sotto il controllo della Banca centrale. Nel momento stesso in cui la moneta è puro segno sfugge a qualsiasi controllo pubblico. La moneta perde così lo status di “bene di controllo pubblico”. Il suo valore è determinato di volta in volta dall’operare delle attività speculative sui mercati finanziari. Le sue funzioni di mezzi di pagamento e unità di conto (misura del valore ), così come di riserva di valore e dei mezzi di finanziamento della accumulazione /sviluppo, diventano fuori controllo. Nel momento in cui la sua quantità e la modalità di circolazione sono determinati dalle convenzioni che dominano mercati finanziari sempre più concentrati, la moneta diviene ostaggio delle aspettative che l’oligarchia (o meglio, la dittatura dell’oligarchia ) dei mercati finanziari è in grado di esercitare .
Oggi, possiamo dire che la creazione di moneta finanza è l’espressione del comunismo libertario del capitale. Lo conferma la dipendenza della politica monetaria dalle dinamiche finanziarie. Gli stessi tassi di interesse non sono più completamente controllati dalla politica monetaria.
La moneta diventa espressione del bio-potere finanziario, esito dell’espropriazione del comune, come  nuova forma di sfruttamento  del lavoro nel bio-capitalismo cognitivo.
3. Cripto-monete: aspetti e problemi
Siamo di fronte a un’opportunità storica.
Oggi, la tecnologia ci permette di creare denaro in forma digitale: le cd cripto-monete.
L’aspetto nuovo sta nel venir meno del monopolio di emissione: non si tratta più delle istituzioni monetarie, che, (assai poco) democraticamente, hanno il compito di decidere la politica monetaria e finanziaria, grazie al monopolio di emissione, ma di una moltitudine di persone singole che, autonomamente, hanno la possibilità di creare digitalmente moneta e di tutti quegli individui che decidono (fidandosi) di riconoscere il valore monetario di tale moneta.
In questo tempo di algoritmi macchinici, non è sorprendente che la moneta non venga stampata, ma piuttosto “estratta” e che il corso di tale moneta non sia validato da istituzioni sovra-individuali, ma dalla correttezza formale di un algoritmo eseguito da macchine e/o da decisioni di una élite tecno- finanziaria.
Questa nuova situazione è una sfida e allo stesso tempo una possibilità per costruire un sistema monetario e finanziario alternativo, in grado di superare i nodi contraddittori e iniqui del capitalismo contemporaneo.  Gli algoritmi sempre più sofisticati per generare cripto-monete sono, tuttavia, condizioni necessarie, ma non ancora sufficiente.
Alcuni aspetti, infatti, necessitano di approfondimento e discussione:
 3.a. La fiducia e il problema dei diritti di proprietà .
La moneta tradizionale è garantita dallo Stato, che detiene il monopolio dell’emissione e impone che essa debba essere accettato come mezzo di pagamento da parte di tutti gli abitanti di uno stesso Stato (moneta legale). Ciò implica , che il vero “proprietario” della moneta è l’istituto di emissione (Banca Centrale) e non gli individui che la utilizzano. Che cosa succede con la cripto-moneta?
E’ proprio il rapporto di fiducia che si instaura all’interno di una certa comunità che è alla base della nascita delle cripto-monete. La creazione di moneta legale in base a decisioni che non sono più considerate in grado di proteggere l’individuo e la sua libertà ha spinto i creatori delle cripto-monete e i loro principali sostenitori a cercare tale protezione tramite una nuova moneta, esito di un atto imparziale meccanico[5].
Per molti di loro anche il processo democratico può – anzi, deve – essere costituito da decisioni effettuate con imparzialità dagli algoritmi di un computer .
Il primo punto critico è il seguente: una cripto-moneta può essere neutrale? Ovviamente no, poiché la tecnologia non è mai neutrale. Se è così, dove sta la supposta “imparzialità meccanica”?
Il secondo punto critico è: chi è il proprietario della cripto-moneta? È l’élite tecnologica che possiede il codice dell’algoritmo di emissione o è la comunità che organizza e gestisce la cripto- moneta secondo un certo grado di fiducia? Al riguardo, possiamo parlare di un istituzione del comune come una “non proprietà” che si contrappone alla dicotomia proprietà/ pubblica statale vs. proprietà privata?
Consideriamo il progetto Bitcoin (BTC): esso si basa su un produzione di moneta “peer to peer”, anonima e resa sicura da algoritmi non di proprietà, il cui codice è sotto licenza open source e utilizza il principio della rete di calcolo distribuito (clustering o network computing). Sono elementi che pongono il BTC nella categoria dei grandi progetti di innovazione collettiva e cooperativa socio- tecnica in ambito hacker, come fu quella di Linux[6].
La cripto-moneta non esiste in termini reali, è solo una stringa, ovvero linguaggio artificiale. E il linguaggio (come la conoscenza , anche se codificato), appartiene alle persone. Non può essere espropriato. Ma la libertà di linguaggio esiste solo da un punto di vista formale. Il linguaggio performativo[7], infatti, è composto da “parole o numeri” e da una “grammatica”. La grammatica è la codificazione e la standardizzazione delle parole e dei numeri. La parola è l’atto performativo che modifica la grammatica e le sue regole, innescando nel rapporto “parola vs grammatica” un processo dialettico, in grado di creare differenti livelli di accesso. In altre parole, la cripto-moneta è figlia di una divisione cognitiva del lavoro. L’élite techno-finanziaria deriva da questa divisione cognitiva, che implica potere e struttura gerarchica. Tocca a noi prendere in considerazione e cercare di eliminare questa asimmetria.
b . L’obiettivo delle cripto -monete
La maggior parte delle attuali cripto-monete (Bitcoin , Freecoin , Litecoin , ecc) sono nate per facilitare l’attività di scambio.
La loro nascita, come per la maggior parte delle c.d. “monete complementari o locali”, deriva dall’esigenza di fornire maggior liquidità monetaria, a favore di attività di acquisto anonime e libere, soprattutto laddove vi sono vincoli proibizionistici o divieti di scambio. Inoltre, le cripto-monete possono allentare il vincolo della scarsità che l’offerta di moneta istituzionale genera spesso per giustificare livelli positivi dei tassi di interesse e/o a causa di politiche monetarie restrittive .
Citando Keynes :
“Il proprietario del capitale può ottenere l’interesse perché il capitale è scarso, così come il proprietario della terra può ottenere la rendita perché la terra è scarsa . Ma mentre ci possono essere ragioni intrinseche per la scarsità di terra, non vi sono ragioni che possono giustificare la scarsità di capitale”[8].
Le cripto-monete svolgono dunque prevalentemente il ruolo di mezzo di pagamento e unità di valore. In quanto unità di valore, esse sono quotate rispetto alle altre valute legali in corso. Per la moneta locale o complementare, che opera in un territorio limitato da confini, il tasso di cambio è fisso. Ma per le cripto-monete, che operano a livello internazionale (come il BTC), il tasso di cambio tende a essere flessibile, poiché dipende dall’ammontare degli scambi che avvengono sui mercati finanziari internazionali. Ne consegue che la quotazione delle cripto-monete in monete legali (ad esempio, il dollaro USA) varia costantemente e quotidianamente, a seconda della dinamica dei flussi finanziari e speculativi.
La dinamica della quotazione del BTC negli ultimi mesi è paradigmatica. La convertibilità con le monete classiche (yuan e dollaro in primis) e una produzione algoritmicamente limitata[9] nella quantità e nel tempo fanno sì che oggi il BTC ricopra lo stesso ruolo dell’oro come moneta di riserva. 
“La metafora si estende anche alla terminologia utilizzata e a una certa mitologia del gold rush che si fonde  con quella dei videogiochi. Come nell’estrazione dell’oro in quella delle cripto-monete (non a caso definita mining) devono essere messe in gioco grandi quantità di energia elettrica e di calcolo, che vengono rispettivamente consumate e prodotte facendo lavorare a massimo regime dei potenti PC derivati da quelli dedicati ai videogame”[10].
In tal modo, le cripto-monete possono svolgere anche la funzione di riserva di valore. Ne consegue che, in contraddizione con le intenzioni iniziali, diventino parte integrante  del sistema finanziario tradizionale. Non c’è emancipazione, ma sussunzione. Non c’è alternativa, ma compatibilità .
Ci si pone allora la seguente domanda: una cripto-moneta, una volta liberatasi da vincoli istituzionali e liberamente riproducibile in modo autonomo, è in grado di portare l’attacco al cuore del potere oligarchico della grande finanza? In altre parole, può diventare una moneta del comune?
4 . Alcune considerazioni preliminari per la costruzione di un circuito finanziario alternativo
Per rispondere a quest’ultima domanda, è necessario definire meglio che cosa intendiamo per moneta del comune (dove il concetto di comune non ha nulla a che fare con i beni comuni). Al riguardo, la discussione è ampia e differenziata, non essendoci una interpretazione unica. Sulla base dell’approccio post-operaista, autori come Carlo Vercellone, Christian Marazzi e il sottoscritto, in linea con l’ipotesi del bio-capitalismo cognitivo, concordano nell’individuare quattro elementi principali che dovrebbero definire una moneta del comune[11]:
·       Essere non accumulabile e non diventare oggetto di speculazione. In conseguenza essa deve perdere una parte del suo valore nel corso del tempo. Si tratta quindi di una moneta che fonde o ” monnaie fondante”.
·       Attenuare la dipendenza dei lavoratori dal vincolo economico alla vendita della loro forza lavoro e quindi al rapporto salariale, riducendo la precarietà.
·       Permettere, su queste basi, di liberare tempo e risorse per sviluppare forme di cooperazione alternative fondate sulla messa in comune dei saperi, dei risultati della produzione e, comunque, su reti di scambio che escludono la logica del profitto. La partecipazione alla rete in cui circola la moneta del comune implica l’adesione a questi principi, che si tratti d’individui, d’imprese o di soggetti istituzionali come in parte il caso di certi modelli di monete alternative sperimentate su basi locali.
·       Essere “non proprietà”
Questi quattro parametri implicano che il modo in cui la moneta del comune entra nel processo economico non è attraverso lo scambio o la sua detenzione (come mezzo di pagamento o riserva di valore), ma attraverso il finanziamento di un’attività di produzione (sia materiale o immateriale).
Più specificamente, la moneta del comune può rappresentare un’alternativa ad un’economia monetaria e finanziaria di produzione, se utilizzata in primo luogo come strumento di remunerazione monetaria della forza lavoro, inizialmente, ad esempio, come integrazione suppletiva  al salario erogato in moneta tradizionale.
Una economia finanziaria di produzione (quale è il biocapitalismo cognitivo: allo stesso tempo D-M(kn)-D’[12] e D-D’) può essere rappresentata dalla sequenza
[13]:
mercati finanziari (che iglobano le banche) –> investimento (materiale, immateriale, finanziario) –>  consumo,risparmio, tassazione;
a cui corrisponde sul piano dustributivo un secondo parallelo schema:
mercati finanziari (che iglobano le banche) –>plusvalenze –> moltiplicatore finanziario –> rendite (che inglobano i profitti e parte dei salari), salari, –> indebitamento pubblico e/o privato.
In questo schema, i mercati finanziari sono in grado di creare liquidità a sostegno dell’attività di investimento e di consumo e di intervenire direttamente nella distribuzione del reddito. Il risultato è un crescente grado di disuguaglianza, che è sostenibile fintantoché l’ effetto del moltiplicatore finanziario (via plusvalenze) sulla domanda aggregata consente di compensare il peggioramento della stessa distribuzione del reddito. Si tratta di una condizione di strutturale instabilità, dal momento che i mercati finanziari non possono crescere all’infinito. E’ questo il ruolo macroeconomico svolto dalla moneta-finanza.
La moneta del comune dovrebbe sostituire la moneta-finanza. Ciò significa che la moneta del comune dovrebbe ricreare un circuito economico diverso, nel quale la produzione materiale e immateriale non è più finanziata dal mercato finanziario e del credito. E il modo più semplice è, da questo punto di vista, di immaginare una sorta di istituto finanziario comunitario (inteso come istituzione del comune), in grado di emettere moneta digitale sotto la supervisione della comunità in modo democratico, in modo irriducibile e inconciliabile on le gerarchie finanziari tradizionali.
Lo scopo di questo circuito finanziario alternativo è quello di fornire finanziamenti per lo sviluppo di servizi sociali, la produzione di valori d’uso (non profit) e la remunerazione della cooperazione sociale. La produzione dell’uomo per l’uomo, che. sottraendosi alla logica della produzione di valori di scambio, può consentire, ora e subito, un primo iniziale esperimento a favore di modelli alternativi di vita e senza dipendere dai vincoli e dalle gerarchie finanziari esterne. Tale schema può essere rappresentato dalla seguente sequenza
Istituzione finanziaria del comune –> moneta del comune –> servizi sociali, investimenti in valore d’uso, salari monetari –> modello antropogenetico di produzione dell’uomo per l’uomo –>[Municipalità/Comunità/Bilancio pubblico] <–>  [Economie di apprendimento e di rete (libera cooperazione sociale)] –> [Common-fare o welfare del comune (reddito di base, libero accesso ai servizi di base, alloggio, istruzione, sanità, socialità formazione, trasporto,...)] <–> [Remunerazione del general intellect e consumo] –> istituzione finanziaria del comune.
              
E ‘ evidente che tale schema pone diverse sfide e limiti .
Il primo limite ha a che fare con i confini geo-economici. Una cripto-moneta con le caratteristiche di moneta del comune può essere introdotta in un sistema economico al fine di remunerazione del lavoro e di finanziamento degli investimenti a favore della cooperazione sociale solo se il ciclo di produzione si svolge all’interno di confini geografici definiti. Da questo punto di vista, una moneta locale può svolgere questo ruolo. E’ quindi necessario far riferimento a attività economiche che, per loro natura, non sono globalizzabili: ad esempio, l’erogazione di servizi sociali, come l’ istruzione e la formazione, la gestione dei trasporti e della la sanità, l’offerta di  sicurezza sociale,  cultura e tempo libero, l’attività immobiliare, agricola e la produzione di artigianato locale insieme a quella parte della produzione manifatturiera la cui filiera produttiva è  tutta interna al territorio preso in considerazione, potrebbero essere dei buoni esempi iniziali.
Il secondo problema sta nella gestione dell’istituto finanziario del comune e dell’emissione della moneta del comune. Molte alternative sono possibili. Si tratta di un problema politico, la cui soluzione ha a che fare con il grado di democrazia dal basso e le modalità del processo decisionale esistente.
Siamo consapevoli che questo modello finanziario di produzione alternativo non può, al momento, sostituire del tutto quello tradizionale, ma ne è complementare. Tuttavia, può essere in grado di aprire lo spazio per favorire la crescita di produzione autorganizzate,  non mercificate né a scopo di lucro. Può consentire una produzione del comune, perché la produzione del comune è la nostra vita.
La cripto-moneta , come qualsiasi tipo di moneta, è uno strumento. E, come ogni strumento, la sua utilità dipende dal modo e dal contesto sociale in cui viene utilizzata . Come scriveva Keynes, la moneta è un ponte che collega il presente al futuro .
E’ tempo di pensare ad uno strumento monetario in linea con le nuove soggettività del lavoro vivo oggi precarie.



[1] Cfr. J.M.Keynes, Teoria generale dell’occupazione, dell’interesse e della moneta, Utet, Torino, 2001,cap. 21, p. 485.

[2] Cfr. K. Marx, Manoscritti economico-filosofici del 1844, III manoscritto, ap. Il Denaro, fr. XLI

[3] In parte tratto da: Grateful Dead,  “Moneta: possibile espressione del comune, non bene comune”, in Quaderni di San Precario.n. 4, dicembre 2012,Milano, pp. 33-40
[4] CFr. Erodoto, The Histories, Vol  I, fr. 94. Vedi anche M. Cowell and K. Hyne, “Scientific Examination of the Lydian Precious Metal Coinages,” in A. Ramage, P.l Craddock (eds.) King Croesus’ Gold: Excavations at Sardis and the History of Gold Refining, Harvard University Press, Cambridge, 2000, pp. 169-174.
[5]Cfr.  D.J.Roio, Bitcoin or the end of the taboo of money, apr. 2013: http://jaromil.dyne.org/writings
[6] Cfr. G. Griziotti, Biorank. Algoritmi e trasformazioni del bios nel capitalismo cognitivo, gennaio 2014, in Effimera . Vedi anche, D.J.Roio, Bitcoin or the end of the taboo of money,apr. 2013: http://jaromil.dyne.org/writings
[7]See J.L. Austin, Philosophical Papers, 1961, 1979, (eds. J. O. Urmson and G. J. Warnock), Oxford, Oxford University Press, C. Marazzi, Capital and Language: From the New Economy to the War Economy. Los Angeles: Semiotext(e), 2008.
[8]Cfr. J.M.Keynes, The General Theory of Employment, Interest and Money, McMillan, London, 1936, cap. 24, p.392
[9] L’algoritmo bitcoin è concepito per una produzione massima e decrescente di ventuno milioni d’unità  di cui il 75% sarà emesso entro il 2017.  Per il litecoin sono previsti ottantaquattro milioni di pezzi. Dati tratti da G.Griziotti, Biorank., cit.
[10] Cfr. G. Griziotti, Bio rank, cit. Vedi anche l’intervento di Gianluca Giannelli, Spazio di Mutuo soccorso, La moneta del comune n. 2: criptomonete, 19 dicembre 2013. Vedi Anche A.Fumagalli,,G. Giannelli, “Il fenomeno bitcoin moneta alternativa o moneta speculativa” in Effimera.
[11] Cfr. G.Griziotti. Bio rank, cit. Si veda anche See L. Baronian, C. Vercellone, Moneta del comune e reddito sociale garantito
[12] Denaro-Merce(conoscenza)-Denaro.
[13] Cfr.. A.Fumagalli, S. Lucarelli, “A Financialized Monetary Economy of Production” inInternational Journal of Political Economy, vol. 40, no. 1, Spring 2011, pp. 48–68

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