FILODIRITTO, 17/06/14
Nulla la cartella esattoriale priva di motivazione
Con un’importante sentenza, la n. 1168/23/14 del 22 maggio 2014, la C.T.R. di Bari – Sezione Staccata di Lecce ha rigettato l’appello proposto da Equitalia Sud S.p.A., dichiarando nulla la cartella esattoriale, oggetto di contestazione, per mancanza di motivazione.
Nello specifico, la vicenda aveva ad oggetto l’impugnazione da parte di un contribuente di una cartella di pagamento per tutta una serie di motivazioni, tra le quali: la tardività della notifica; la mancata comunicazione ex art. 36 bis, comma 3, del D.P.R. n. 600/73 nonchè artt. 54 bis, comma 3, e 60 del D.P.R. n. 633/72; per mancata indicazione del funzionario responsabile del procedimento; per difetto di sottoscrizione; per carenza di motivazione.
I giudici di prime cure accoglievano le doglianze del ricorrente, annullando la cartella impugnata, sia facendo riferimento all’ordinanza n. 377 del 9.11.2007 della Corte Costituzionale, che precisava l’obbligo per i concessionari di indicare il responsabile del procedimento, sia dichiarando il difetto di sottoscrizione in quanto, fin da epoca precedente l’entrata in vigore dello Statuto del contribuente, valeva l’applicazione della Legge 241/910 (ordinanza 117 del 2000) e quindi persisteva l’obbligo della firma, non rispettato nell’atto in contenzioso.
Avverso tale sentenza ha, pertanto, proposto appello Equitalia, sostenendo la legittimità e fondatezza della cartella, da una parte perchè la mancata indicazione del responsabile del procedimento non era prevista dalla legge, dall’altra perché, peraltro, l’atto aveva raggiunto il suo scopo.
Il contribuente ha resistito con proprie controdeduzioni, insistendo per la conferma della corretta sentenza di primo grado e ribadendo l’illegittimità dell’iscrizione a ruolo, nonché appellando incidentalmente la sentenza in relazione a tutti gli altri motivi che erano stati oggetto di ricorso e, tuttavia, non erano stati accolti.
Il contribuente ha resistito con proprie controdeduzioni, insistendo per la conferma della corretta sentenza di primo grado e ribadendo l’illegittimità dell’iscrizione a ruolo, nonché appellando incidentalmente la sentenza in relazione a tutti gli altri motivi che erano stati oggetto di ricorso e, tuttavia, non erano stati accolti.
Ebbene, i giudici di secondo grado hanno rigettato l’appello di Equitalia, accogliendo l’appello incidentale del ricorrente in relazione alla mancanza di motivazione della cartella esattoriale, in particolare affermando che “… la scarna spiegazione a supporto delle somme richieste non chiarisce se l’erario ha tenuto conto o meno di quanto già versato dal contribuente per il condono perfezionatosi. I primi giudici non si sono espressi sul difetto di motivazione, forse ritenendo la questione non rilevante, ma, in mancanza di una ricostruzione puntuale del dovuto – impedita a fortiori anche a questa Commissione -, la pretesa resta non idonea perché non esplicitata né chiarita con esattezza da cui la difficile difesa del contribuente. Il debito d’imposta per somme non versate esiste, ma non è esattamente quantificato. Il ricorrente viene menomato nella sua possibilità di contestazione proprio perché, stante il mancato accoglimento del condono e le somme elevate in contestazione, non apprende dalla cartella se la richiesta verte sulle somme originarie al netto di quanto già versato per condono (anche se non completamente) oppure a prescindere dallo stesso. L’appello incidentale trova conferma su questo punto, dirimendo la questione pur in accoglimento dell’appello principale.”
Alla luce di tale statuizione si evince come i giudici di merito si sono correttamente uniformati all’orientamento della Suprema Corte di Cassazione la quale, con la recentissima sentenza n. 8934 del 17/04/2014, ha avuto modo di confermare l’annullamento di una cartella esattoriale priva di adeguata motivazione: la cartella, infatti, laddove costituisca il primo atto che il contribuente riceve, deve contenere specifiche e dettagliate motivazioni.
In particolare, il contribuente deve essere messo nelle condizioni di poter comprendere la posizione dell’ufficio in ordine alla somma richiesta, pena la sua privazione del diritto di difesa, con conseguente illegittimità della pretesa avanzata.
Pubblicato su filodiritto il 17/06/14 in Articoli Filodiritto Diritto tributario In Evidenza - Articoli
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