Macché patrimoniale, il lavoro rinasce con moneta sovrana
http://www.libreidee.org/2014/11/macche-patrimoniale-il-lavoro-rinasce-con-moneta-sovrana/
Finanziare
la spesa pubblica con le tasse, magari una patrimoniale? Sbagliato due
volte. Primo, perché i grandi patrimoni sono finanziari, dunque volatili
e sfuggenti. E soprattutto perché chiedere altre tasse significa
rassegnarsi al sistema-truffa dell’emissione privatizzata del denaro:
per uscire dalla crisi,
infatti, basterebbero iniezioni di valuta sovrana a sostegno
dell’economia reale, cioè posti di lavoro. Possibile che la sinistra
sindacale non lo capisca? Purtroppo sì. Perché «il sindacato e gran
parte della sinistra non hanno le basi culturali o la libertà di azione
necessarie per poter imporre al dibattito pubblico, politico, sindacale,
parlamentare, di trattare i veri temi nodali». Ovvero: «Come viene
creato il denaro, da chi, a vantaggio di chi, con che diritto, con quali
profitti, con quale tassazione su questi profitti». L’uscita dal tunnel
è una sola: «Creazione di denaro direttamente da parte dello Stato,
senza che lo Stato lo debba comperare dando in cambio titoli pubblici,
cioè indebitandosi». Questo dovrebbero chiedere, Landini e Camusso, e
con loro i quasi 5 milioni di italiani iscritti alla Cgil.
Secondo
Marco Della Luna, il pericolo è lo strapotere del capitale finanziario,
cresciuto fino a 15 volte l’economia reale. Come? In due modi:
autorizzando le banche
a compiere azioni di pirateria speculativa e, prima ancora, concedendo
ai mercati finanziari di ricattare gli Stati mediante l’acquisto del
debito pubblico, nel momento in cui – in Italia dagli anni ‘80 – si è
vietato alla banca centrale di continuare a finanziare il governo, cioè i
cittadini, emettendo moneta a costo zero. Ora, con l’euro, siamo
all’incubo elevato a sistema. A tutto questo siamo giunti con l’inganno:
«Celare all’opinione pubblica questi semplici termini del problema,
fare in modo che non capisca o fraintenda ciò che si sta facendo, così
da prevenire resistenze organizzate e poter continuare in questo
processo di accaparramento della ricchezza, è un bisogno primario delle
classi dominanti che lo hanno costruito e ne stanno beneficiando». Il
nuovo compito della politica? Assicurarsi che le pecore siano tosate all’infinito, senza protestare.
Menzogne,
disinformazione, minaccia, psicologia sociale della paura: «I mezzi a
disposizione di una classe dominante per far accettare alle classi
inferiori le crescenti diseguaglianze di ricchezza e di diritti
sono molteplici». Primo: «Nascondere le diseguaglianze o le loro
cause», e poi «farle sentire giustificate (dal merito, dalle leggi del
mercato, dalla competitività, dalle capacità». Se non basta, si può
«reprimere la protesta sociale attraverso strumenti giuridici e
polizieschi». E poi «indurre paura, allarme, conflitti (shock economy,
divide et impera». Si arriva così a «impiantare un paradigma
divide-et-impera, in cui ognuno è imprenditore di se stesso e in
competizione con gli altri», un ambiente nel quale «non può nascere
consapevolezza di classe e di conflitto». Si tratta di «abituare la
gente, gradualmente, a nuove condizioni peggiorative». Il nuovo
standard, la diseguaglianza “fisiologica”, «ha già prodotto riforme che
la sanciscono e recepiscono anche sul piano formale e giuridico in
termini di sottoposizione, mediante trattati internazionali e riforme
interne, dalla sfera politica, pubblica, partecipativa a quella finanziaria, privata, capitalistica».
Estinto
l’interesse pubblico, resta solo quello affaristico privato. Un
risultato politico epocale, al quale si è arrivati grazie a una poderosa
pedagogia della menzogna, attraverso cui depistare l’opinione pubblica
dalle vere cause della crisi.
L’economia reale soffre per mancanza di credito e liquidità? Anziché
emettere l’ossigeno della valuta, le autorità monetarie hanno inculcato
la fobia delle bolle finanziarie come alibi per chiudere i rubinetti. I
soldi – tanti, a tassi bassissimi – li hanno dati solo alle banche,
per le speculazioni finanziarie e l’acquisto di derivati. E’ lo schema
del “quantitative easing” angloamericano e della Ltro, “long term
refinancing operation”, della Bce. «Il risultato voluto era prevedibile,
previsto, ed è puntualmente arrivato: praticamente pochi o nulli
benefici per l’economia reale». Tutti colpevoli, dai ministri delle
finanze al Fmi, dai banchieri centrali all’Ue: perché si rifiutano di
creare moneta destinata all’economia produttiva? «Ovvio: perché
quest’operazione da un lato avrebbe successo, farebbe ripartire
l’economia, e si capirebbe che tutto gira intorno a chi ha il potere esclusivo di creare moneta». Il sostegno monetario all’economia reale toglierebbe ai banchieri «il loro potere
monopolistico sulle società, smascherando al contempo il loro
comportamento essenzialmente distorsivo, antisociale e parassitario».
Questo è il disastro da cui discende la cosiddetta crisi.
E invece «si è raccontato alla gente che è la spesa pubblica, la spesa
per il settore pubblico, ciò che costituisce il problema, il male
dell’economia, e che quindi bisogna tagliare servizi pubblici,
privatizzare, vendere i beni collettivi, licenziare i pubblici
dipendenti, aumentare le tasse cioè fare la cosiddetta austerità,
nascondendo così la vera causa del dissesto dei conti pubblici». In
realtà sono stati i banchieri che «hanno usato i conti pubblici, cioè i
governi, per chiudere i buchi da loro stessi scavati a fini di profitto
privato». In Italia è successo col Monte dei Paschi di Siena. Ma la
tragedia a monte è la progressiva scarsità di moneta a partire dal 1981,
storico divorzio fra Tesoro e Bankitalia. Da allora, «i detentori del
debito pubblico italiano sono principalmente soggetti finanziari». Nuove
tasse? Ci provò Monti, tagliando le gambe al settore immobiliare
provocandone il crollo, determinante per la cronicizzazione della
recessione. E oggi sono i sindacati che chiedono altre tasse per uscire
dal tunnel?
L’atteggiamento
della sinistra sindacale, benché giustamente motivato dalla rabbia
sociale contro le palesi diseguaglianze alimentate dal governo Renzi,
non aiuta a risolvere il problema. «Tutto questo insieme di menzogne e
di false rappresentazioni della realtà, somministrato in modo
martellante al popolo, serve a fargli accettare una politica
tributaria e finanziaria che consente di trasferire sempre più denaro
dal contribuente e dalla spesa per la società alle tasche di banchieri e
finanzieri attraverso sia gli interessi sul debito pubblico, che gli
aiuti di Stato alle banche, che gli stanziamenti multimiliardari in favore di organismi di sostegno alle banche
come il Mes», conclude Della Luna. «In sostanza, quindi, lo schema
politico è il seguente: compiere operazioni che generano profitto e
instabilità; alimentare l’instabilità e usarla per creare allarme
sociale; dare di questa situazione una falsa spiegazione alla gente, che
la disponga ad accettare non solo i peggioramenti avvenuti, ma anche
ulteriori sacrifici in termini sia economici che di diritti
anche politici, come necessari per evitare il disastro; usare questi
sacrifici per arricchirsi ulteriormente». Ecco perché l’oligarchia si
oppone all’unica possibile soluzione democratica: libera emissione di
moneta pubblica per sostenere il sistema economico, aziende e posti di
lavoro.
Finanziare la spesa pubblica con le tasse, magari una patrimoniale? Sbagliato due volte, protesta Marco Della Luna. Primo, perché i grandi patrimoni sono finanziari, dunque volatili e sfuggenti. E soprattutto perché chiedere altre tasse significa rassegnarsi al sistema-truffa dell’emissione privatizzata del denaro: per uscire dalla crisi, infatti, basterebbero iniezioni di valuta sovrana a sostegno dell’economia reale, cioè posti di lavoro. Possibile che la sinistra sindacale non lo capisca? Purtroppo sì. Perché «il sindacato e gran parte della sinistra non hanno le basi culturali o la libertà di azione necessarie per poter imporre al dibattito pubblico, politico, sindacale, parlamentare, di trattare i veri temi nodali». Ovvero: «Come viene creato il denaro, da chi, a vantaggio di chi, con che diritto, con quali profitti, con quale tassazione su questi profitti». L’uscita dal tunnel è una sola: «Creazione di denaro direttamente da parte dello Stato, senza che lo Stato lo debba comperare dando in cambio titoli pubblici, cioè indebitandosi». Questo dovrebbero chiedere, Landini e Camusso, e con loro i quasi 5 milioni di italiani iscritti alla Cgil.
Secondo Della Luna, il pericolo è lo strapotere del capitale finanziario, cresciuto fino a 15 volte l’economia reale. Come? In due modi: autorizzando le banche a compiere azioni di pirateria speculativa e, prima ancora, concedendo ai mercati finanziari di ricattare gli Stati mediante l’acquisto del debito pubblico, nel momento in cui – in Italia dagli anni ‘80 – si è vietato alla banca centrale di continuare a finanziare il governo, cioè i cittadini, emettendo moneta a costo zero. Ora, con l’euro, siamo all’incubo elevato a sistema. A tutto questo siamo giunti con l’inganno: «Celare all’opinione pubblica questi semplici termini del problema, fare in modo che non capisca o fraintenda ciò che si sta facendo, così da prevenire resistenze organizzate e poter continuare in questo processo di accaparramento della ricchezza, è un bisogno primario delle classi dominanti che lo hanno costruito e ne stanno beneficiando». Il nuovo compito della politica? Assicurarsi che le pecore siano tosate all’infinito, senza protestare.
Menzogne, disinformazione, minaccia, psicologia sociale della paura: «I mezzi a disposizione di una classe dominante per far accettare alle classi inferiori le crescenti diseguaglianze di ricchezza e di diritti sono molteplici». Primo: «Nascondere le diseguaglianze o le loro cause», e poi «farle sentire giustificate (dal merito, dalle leggi del mercato, dalla competitività, dalle capacità». Se non basta, si può «reprimere la protesta sociale attraverso strumenti giuridici e polizieschi». E poi «indurre paura, allarme, conflitti (shock economy, divide et impera». Si arriva così a «impiantare un paradigma divide-et-impera, in cui ognuno è imprenditore di se stesso e in competizione con gli altri», un ambiente nel quale «non può nascere consapevolezza di classe e di conflitto». Si tratta di «abituare la gente, gradualmente, a nuove condizioni peggiorative». Il nuovo standard, la diseguaglianza “fisiologica”, «ha già prodotto riforme che la sanciscono e recepiscono anche sul piano formale e giuridico in termini di sottoposizione, mediante trattati internazionali e riforme interne, dalla sfera politica, pubblica, partecipativa a quella finanziaria, privata, capitalistica».
Estinto l’interesse pubblico, resta solo quello affaristico privato. Un risultato politico epocale, al quale si è arrivati grazie a una poderosa pedagogia della menzogna, attraverso cui depistare l’opinione pubblica dalle vere cause della crisi. L’economia reale soffre per mancanza di credito e liquidità? Anziché emettere l’ossigeno della valuta, le autorità monetarie hanno inculcato la fobia delle bolle finanziarie come alibi per chiudere i rubinetti. I soldi – tanti, a tassi bassissimi – li hanno dati solo alle banche, per le speculazioni finanziarie e l’acquisto di derivati. E’ lo schema del “quantitative easing” angloamericano e della Ltro, “long term refinancing operation”, della Bce. «Il risultato voluto era prevedibile, previsto, ed è puntualmente arrivato: praticamente pochi o nulli benefici per l’economia reale». Tutti colpevoli, dai ministri delle finanze al Fmi, dai banchieri centrali all’Ue: perché si rifiutano di creare moneta destinata all’economia produttiva? «Ovvio: perché quest’operazione da un lato avrebbe successo, farebbe ripartire l’economia, e si capirebbe che tutto gira intorno a chi ha il potere esclusivo di creare moneta». Il sostegno monetario all’economia reale toglierebbe ai banchieri «il loro potere monopolistico sulle società, smascherando al contempo il loro comportamento essenzialmente distorsivo, antisociale e parassitario».
Questo è il disastro da cui discende la cosiddetta crisi. E invece «si è raccontato alla gente che è la spesa pubblica, la spesa per il settore pubblico, ciò che costituisce il problema, il male dell’economia, e che quindi bisogna tagliare servizi pubblici, privatizzare, vendere i beni collettivi, licenziare i pubblici dipendenti, aumentare le tasse cioè fare la cosiddetta austerità, nascondendo così la vera causa del dissesto dei conti pubblici». In realtà sono stati i banchieri che «hanno usato i conti pubblici, cioè i governi, per chiudere i buchi da loro stessi scavati a fini di profitto privato». In Italia è successo col Monte dei Paschi di Siena. Ma la tragedia a monte è la progressiva scarsità di moneta a partire dal 1981, storico divorzio fra Tesoro e Bankitalia. Da allora, «i detentori del debito pubblico italiano sono principalmente soggetti finanziari». Nuove tasse? Ci provò Monti, tagliando le gambe al settore immobiliare provocandone il crollo, determinante per la cronicizzazione della recessione. E oggi sono i sindacati che chiedono altre tasse per uscire dal tunnel?
L’atteggiamento della sinistra sindacale, benché giustamente motivato dalla rabbia sociale contro le palesi diseguaglianze alimentate dal governo Renzi, non aiuta a risolvere il problema. «Tutto questo insieme di menzogne e di false rappresentazioni della realtà, somministrato in modo martellante al popolo, serve a fargli accettare una politica tributaria e finanziaria che consente di trasferire sempre più denaro dal contribuente e dalla spesa per la società alle tasche di banchieri e finanzieri attraverso sia gli interessi sul debito pubblico, che gli aiuti di Stato alle banche, che gli stanziamenti multimiliardari in favore di organismi di sostegno alle banche come il Mes», conclude Della Luna. «In sostanza, quindi, lo schema politico è il seguente: compiere operazioni che generano profitto e instabilità; alimentare l’instabilità e usarla per creare allarme sociale; dare di questa situazione una falsa spiegazione alla gente, che la disponga ad accettare non solo i peggioramenti avvenuti, ma anche ulteriori sacrifici in termini sia economici che di diritti anche politici, come necessari per evitare il disastro; usare questi sacrifici per arricchirsi ulteriormente». Ecco perché l’oligarchia si oppone all’unica possibile soluzione democratica: libera emissione di moneta pubblica per sostenere il sistema economico, aziende e posti di lavoro.
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