L’economia è cosa loro
Raffaele K. Salinari
Recensione di «I Rothschild e gli altri» di Pietro Ratto
«Il
denaro fa la guerra» si usa dire, e certo il vecchio proverbio viene
continuamente ribadito nella sua attualità contemporanea, per cui dietro
ogni conflitto, anche quelli di tipo religioso o nazionalistico,
ricompare sempre e immancabilmente lo spettro del soldo, da cui non a
caso deriva anche la parola “soldato”. E così, ovviamente, possiamo dire
anche il contrario cioè che è la guerra a fare il denaro, come
dimostrano le plusvalenze dei venditori di armi e il fatto che ogni
nazione, anche a fronte di problemi socialmente significativi come la
fame, il sottosviluppo, le malattie, trovi sempre i finanziamenti per
gli armamenti e difficilmente quelli per risolvere altri problemi. Ma,
più in generale, è proprio la preponderanza dell’economia, specie di
quella finanziaria, che configura la cifra portante del nostro tempo, in
cui solo le compatibilità economiche sembrano in grado di stabilire le
leggi su cui è possibile orientare le scelte politiche. Lo studioso
della Tradizione René Guénon, in un suo celebre libro, «
Il regno della quantità»,
dedica a questa degenerazione nell’uso del denaro, oramai assurto
all’unica divinità realmente immanente, un’abissale riflessione in cui
delinea quanto ci si è oramai scostati da un uso strumentale del danaro
per farlo diventare il metro di ogni cosa, assimilando le qualità, anche
degli esseri umani, alle loro quantità. Ma se tutto questo è vero,
allora chi «fa» il denaro, chi lo fa girare, chi decide come e dove
investirlo, le guerre da finanziare, i governi da sostenere o quelli da
far cadere, chi alla fine decide il nostro stile di vita, quelli che
possono e cosa possono consumare e quelli che invece sono esclusi dal
supermercato globale? Il libro di Pietro Ratto «
I Rothschild e gli altri»
disegna la complessa geografia del potere economico finanziario che
domina il nostro presente partendo dal passato, tutto sommato recente,
di una famiglia di banchieri, e non solo, che coincide con la nascita
stessa del capitalismo. Muovendo da una constatazione di ordine
religioso, la possibilità negata ai cristiani ma permessa agli ebrei di
dare danaro ad usura, che ha antecedenti importanti quali la riflessione
di Max Weber sulle relazioni fra protestantesimo e capitale, l’autore
dipana nel tempo e nello spazio, prima europeo poi globale, la storia di
una dinastia ebrea e delle sue successive guerre e alleanze familiari
ed economiche, per arrivare a tracciare una mappa intricatissima di una
parte consistente dei poteri economico-finanziari che ancora dominano il
nostro tempo. Si parte del capostipite della casata, Meyer, nato nel
1744 a Francoforte, per arrivare ai giorni nostri, risalendo il filo
delle vicende storiche che sono la trama e l’ordito stesso di quegli
avvenimenti che hanno portato, prima l’Europa, poi gli Stati Uniti, a
essere quelle potenze globali che si sono affermate negli ultimi due
secoli. Da Napoleone a Hitler, da Truman ad Agnelli, una galleria di
personaggi noti e meno noti scorre nelle pagine documentate come in un
film in costume, ricostruendo lati oscuri di avvenimenti che hanno
marcato il passato del nostro presente. Un libro ricco dunque non solo
di date e di dati, retroscena e intrecci spesso poco o niente affatto
studiati sul come si sono sviluppati gli interessi e gli affari della
casata, cronache del tempo e profili di singoli personaggi storici
componenti la famiglia e le sue relazioni, ma anche un saggio sui flussi
e sull’evoluzione del capitalismo globalizzato e sulla sua
finanziarizzazione, le sue logiche, i suoi arcani, i suoi ideali e
pulsioni, letto attraverso una genealogia familiare fra le più
emblematiche, per storia e complessità. Essere solo dalla parte di se
stessi, fedeli al proprio motto, prosperare con ogni mezzo: questo
sembra essere l’unico vero imperativo dei Rothschild e dei suoi simili.
Non c’è nessuna contraddizione tra finanziare lo schiavismo e al
contempo far parte di una società che ne chiese l’abolizione, appoggiare
la Francia contro l’Inghilterra mentre un altro ramo della famiglia è
impegnata a fare il contrario, accumulare opere d’arte ed essere
mecenati. Tutte queste antinomie si fondono al calore degli interessi di
famiglia, nel crogiolo del denaro e della sua potenza. Forse proprio
per questo fra le righe del libro emerge chiaramente anche l’opinione
dell’autore, non un mero cronachista dunque ma un critico osservatore
delle vite della potente famiglia e dei suoi, di volta in volta, nemici o
alleati, antagonisti o sodali, che sulla base dei dati storici non
sospende il giudizio ma inserisce tra gli elementi fattuali le sue
critiche e le sue interpretazioni soggettive, trasformando così un
saggio storico – nel quale si spiega, a esempio, la nascita del debito
pubblico, oggi tanto presente nelle nostre vite – in un piccolo trattato
di economia politica, come si conviene a un filosofo del nostro tempo,
impegnato a fornire non solo dati oggettivi, seppure questi possano mai
esistere, ma anche impegnato nel trasformarli in strumenti di ricerca
attiva, orientata dalla necessità di aiutare chi legge a districarsi in
quella rete di rapporti fra politica, affari, economia e finanza, che
oggi tutti ci avvolge. Dunque un testo utile, non solo alla chiarezza
storica di un fenomeno globale, quello del capitalismo e delle sue
regole attraverso la vicenda di una famiglia e di altre genealogie che
con essa hanno avuto un ruolo centrale in questa parte delle storia
contemporanea, ma anche un manuale a uso di ognuno di noi, di quanti
ogni giorno cercano le ragioni per trasformare il mondo e ristabilire il
giusto equilibrio fra interesse collettivo e avidità di pochi.
Pietro Ratto
«I Rothschild e gli altri» (Dal governo del mondo all’indebitamento delle nazioni, i segreti delle famiglie più potenti del mondo)
150 pagine per 9,80 euri
Arianna editrice
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