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Ap – Economia
Il debito pubblico (da non pagare)
di Savino Frigiola
Da più parti e dai più disparati schieramenti, con sempre maggior vigore, giungono esortazioni a non pagare il mastodontico debito pubblico nazionale. Man mano che i vari soggetti arrivano a quantificare mentalmente l’ammontare della cifra, con tanti zeri da renderla addirittura illeggibile, (circa un milione 935 mila 300 milioni di Euro) per rendersi conto del significato, si cominciano a fare alcune considerazioni paragonandola a prodotti e beni reali esistenti di valore equivalente. C’è da restare allibiti.
Dai primi sommari conteggi emergono risultati a dir poco inimmaginabili e sconcertanti. Il debito pubblico è pari a 3 volte il valore dell’intero patrimonio immobiliare privato Italiano, a 8 volte il valore di tutti gli immobili dello Stato Italiano: scuole, ospedali, caserme, enti pubblici, porti, aeroporti, ferrovie ecc. ecc. Se si volesse pagare il debito pubblico occorrerebbero ben 33 manovre come l’ultima disastrosa di 59 miliardi, e vi è ancora da aggiungere gli interessi passivi pretesi nei 32 anni successivi. Se volessimo pagarlo con prodotti della nostre industrie ci vorrebbe l’intera produzione annuale delle macchine della FIAT (n. 1.781.000 di automobili Panda) per un minimo di 128 anni. Se volessimo pagarlo con prestazioni di lavoro occorrerebbero 20 milioni di lavoratori che dovrebbero lavorare gratis in tutti i giorni di un anno (365 giorni) per 10 ore al giorno a 10 €\ora. Non occorre essere grandi e blasonati economisti per comprendere che una tale mole di debito non potrà essere mai pagata, anche se decidessimo di consegnare ai nostri famelici strozzini l’intero patrimonio immobiliare sia pubblico che privato.
Poiché secondo le regole truffaldine poste in essere dalla cricca bancaria monetaria, colposamente recepite dall’imbelle e compiacente classe politica senza alcuna distinzione di colore, quand’anche si dovesse arrivare alla spoliazione totale di tutti i beni nazionali del Paese, resteremmo comunque inadempienti, tanto vale smettere di mortificare il livello di vita dei cittadini anche con l’abbattimento delle attività sociali e risparmiarci la squallida sceneggiata di selezionare con grande cura i gioielli di famiglia da consegnare ai famelici banchieri, per poi raggiungere l’inutile risultato di procrastinare solo di qualche mese l’inevitabile crac finale. Ma la ragione più importante per non pagare il debito pubblico non è tanto dovuta alla natura giuridica dell’impossibilità ad adempiere, quanto alla truffaldina causa dell’indebitamento, frutto di un colossale raggiro posto in essere dalla cricca monetaria in combutta con un ristretto numero di politici, a danno dei cittadini, che si verifica in occasione dell’attuale emissione monetaria per mano di banchieri privati, causata dall’adesione al “trattato di Maastricht”. Anche secondo il parere si insigni giuristi internazionali il “debito detestabile” non deve essere pagato.
Mutuando sinteticamente quanto riportato sul sito “Modart”, i tre requisiti necessari per poter definire un debito pubblico "detestabile" sono : 1) Il governo del Paese deve aver conseguito il prestito senza che i cittadini ne fossero consapevoli e senza il loro consenso. 2) I prestiti devono essere stati utilizzati per attività che non hanno portato benefici alla cittadinanza nel suo complesso. 3) I creditori devono essere al corrente di questa situazione, e disinteressarsene. C’è ne in abbondanza per mettere sotto processo banchieri e politici aventi causa, non solo per non pagare ma anche per ottenere il ristoro dei danni arrecati come egregiamente stanno facendo i cittadini Islandesi. Per fugare ogni incertezza in tal senso è sufficiente osservare l’Argentina la quale, messa in crisi con le solite manovre economiche, sbarazzatesi di tutti gli orpelli monetari ora cresce di 7 - 8 % ogni anno. Scansare il debito non è sufficiente per rilanciare economia ed occupazione poiché le nuove risorse necessarie per gli investimenti produttivi producono altro debito che viceversa deve essere bloccato. Per far ciò lo Stato italiano, memore delle sue esperienze pregresse deve ritornare a battere moneta in prima persona. Se i titoli di debito dello Stato sono buoni e valgono, al punto da essere accettati e scontati dagli avveduti e prudentissimi banchieri privati, valgono anche i titoli monetari emessi dallo stesso Stato, che riprende a battere moneta in nome e per conto dei propri cittadini. Ne acquisisce la proprietà a titolo originario, iscrivere la cifra corrispondente al signoraggio all’attivo del proprio bilancio e la utilizza per il conseguimento dei suoi scopi istituzionali, a favore dei cittadini, per rilanciare economia, occupazione e ricerca come da centennale esperienza già effettuata dal 1874 al 1975. Ciò ha consentito, subito dopo l’unità d’Italia, di realizzare tutte le infrastrutture necessarie al nuovo Stato nazionale, compreso i famosi palazzi e quartieri “umbertini”, ancora esistenti in tutta l’Italia, senza imporre tasse ai cittadini e senza accendere debiti. Successivamente utilizzando sempre la stessa emissione monetaria si sono realizzate una miriade di opere pubbliche ancora esistenti dalle inconfondibili linee architettoniche, "razionalista" e del Piacentini anche queste senza aumentare il debito pubblico che, anzi, sino al 1940 era rimasto stabile al 20 % (tra i più bassi della storia d’Italia) per passare poi al 25% nel 1945, dopo una guerra persa. Successivamente lo Stato continuò a battere moneta sino al 1975. Gli introiti così incamerati hanno seriamente contribuito alla ricostruzione del territorio nazionale devastato dagli eventi bellici (all’inizio degli anni ‘70 il debito pubblico era sceso al 20 %). Tutto ciò a conferma e dimostrazione che il debito pubblico è generato dall’emissione monetaria dei banchieri privati.
Se vogliamo restare in Europa occorre una piccola deroga ai trattati europei, troppo frettolosamente firmati, come quelli già effettuati anche da Paesi più blasonati di noi. Le ultime due, hanno permesso a due banche della Grecia e dell’Irlanda di emettere direttamente moneta con la benedizione della ELA (Emergency Liquidity Assistance) - BCE. Ciò che è consentito a due banche private non potrà essere negato ad uno Stato sovrano.
S.F.
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