Lettera dall'Argentina
dal bog di Beppe Grillo
La BCE ha cacciato Berlusconi, non gli italiani e neppure
un'opposizione collusa e di cartapesta. I nuovi padroni hanno sempre
sostituito i vecchi in questo Paese di servi. Forse ora, almeno una
volta nella nostra Storia, potremmo tentare di liberarci da soli. Questa
lettera dall'Argentina è un messaggio di speranza.
"Caro Beppe, cari tutti,
da piccola mio padre mi raccontava,
e io la sognavo, l’Italia. La vostra meravigliosa penisola e il
Mediterraneo erano per noi non soltanto la culla, insieme con la Grecia,
della civilizzazione occidentale: per il 40% della popolazione
dell’Argentina l’Italia era la Madre Patria. Ci chiedevamo perché
dovessimo parlare lo spagnolo, con cui non avevamo niente a che fare. I
nostri genitori compravano – delle volte con fatica – riviste italiane
come la Domenica del Corriere, e noi bambini guardavamo le vignette “Senza parole” cercando di capirle, intanto ascoltavamo Iva Zanicchi cantare “Fra noi”. In buona parte del mio Paese i cognomi sono esattamente i Vostri.
Circostanze
fortuite fecero sì che venissi in Italia da ragazzina, volando sola
dagli zii e che, subito dopo, ci fosse in Argentina il golpe del ’76.
Mio padre decise che era meglio che restassi in Italia. E cosi fu. In
Argentina tornai nell’83 dopo una frase di mio cugino di Baudenasca
(Pinerolo), che guardandomi soffrire in una crisi di nostalgia mi disse:
“Generazione che emigra é generazione perduta”. Scelsi allora
che la mia casa sarebbe stata per sempre l’Argentina. Comunque l’Italia é
nel mio sangue e nel mio cuore, tanto da portarne la Carta d’Identitá
nel portafoglio insieme con il mio Documento Nacional de Identidad.
Seguo quindi le questioni italiane da sempre, guardo Rai International
come tantissimi argentini, la piú vasta popolazione d’origine italiana
in un Paese estero, anche se l’Italia ci ha spesso ignorato. Ho
assistito sbalordita a molte vicende italiane degli ultimi anni cosí
come alle avventure del Vostro Cavaliere. In Argentina, quelli che voi
chiamate i “poteri forti”, non avendo potuto rialzarsi nonostante il golpe e la dittatura, si inserirono nel governo Menem,
corrompendolo e travolgendolo sin dall’inizio. Per poco non riuscirono.
Va peró detto che dopo Menem siamo riusciti a reagire e quando, con il
governo dell’Alianza di De La Rua,
vollero darci il colpo finale, la popolazione nelle piazze lo forzó a
rinunciare e se ne dovette andare. Non sono stati loro, i “poteri forti”, a cacciare chi era disposto a fare le riforme che vi dicono ora che “ci vogliono” e che un governo da voi eletto non puó fare perché “impopolari”.
Siamo stati noi, i cittadini nelle strade, a cacciarlo via nonostante
fossimo confusi perché ci tenevano come voi con le spalle contro il
muro, attanagliati dai titoli a caratteri cubitali sui giornali con il “Riesgo País” (il vostro “Spread”)
che ci avrebbe portati tutti all’inferno se non prendevamo la cicuta.
Il dilemma era uguale a quello che é posto a voi e ai greci "Se non volete morire ammazzati, suicidatevi poco a poco". La legge di “Flessibilizzazione del lavoro”, approvata dal governo De La Rua pagando i senatori, fu derogata.
I contributi (persino quelli), che erano stati privatizzati e consegnati ai “Fondi Pensione”,
sono stati recuperati dallo Stato. Il PBI (prodotto interno lordo, ndr)
argentino, che nell’anno del default andó giú strepitosamente (-11% nel
2002), cominció subito a crescere ad una media dell’8-9% annua sin dal
2003 e chiuderá il 2011 con una crescita del 7% nonostante la crisi
internazionale. Centinaia di ricercatori tornano in Argentina grazie al
programma “Radici” del governo; il budget per la pubblica istruzione (dichiarata “bene pubblico” per legge) è passato da meno del 2% del PBI (2001) al 6,5%.
Al “libero commercio”
voluto dagli Stati Uniti per il continente americano i nostri Paesi
hanno detto no, per volontá di quei presidenti che godono del piú vasto
consenso dei loro cittadini e che vengono spesso scherniti dal “Primo Mondo”. Per i media globali Chavez, ad esempio, é un pagliaccio. Cristina, una “populista” che pensa solo a comprare scarpe e borse costose. Evo Morales, un “selvaggio” e cosí via. Stereotipi per screditare i nostri governi perché stiamo resistendo ai “poteri forti”.
Cresciamo, abbiamo volontá e fiducia e passione, anche se sappiamo
benissimo – perché l’abbiamo imparato a sangue e fuoco – con chi abbiamo
a che fare e nonostante loro continuino ad avere qualcuno tra di noi
che fa da servo piú o meno ben pagato. Volevo dirvelo, perché l’Italia e
gli italiani mi stanno a cuore, perché ho mezza famiglia in Italia. Non
lasciatevi portare cosí al macello, non svendete l’Italia. Se non ce la
fate Voi, vincono loro. Piú vincono loro, piú siamo tutti a rischio."
Lili A., Santa Rosa La Pampa Argentina
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