Derivati, ecco quanto ci costano
Debito pubblico e tassi: il rapporto
sui costi e le stime del Tesoro
I numeri del primo rapporto pubblicato sul sito del ministero dell’Economia. La parte più opaca riguarda i 160 miliardi in derivati, già costati all’erario negli ultimi 4 anni 16,9 miliardi, e con una perdita potenziale di oltre 40
Finalmente tutti coloro che vogliono sapere
cosa sta succedendo al nostro debito pubblico sono serviti: il primo
rapporto sul debito pubblico italiano è online, sul sito del Ministero
dell’Economia. Lo ha scritto la direzione di Maria Cannata, ovvero colei
che di quei 2.199 miliardi di debito sa tutto perché lo gestisce da 15
anni. Sa tutto anche della parte più opaca che riguarda i 160 miliardi
in derivati, già costati all’erario negli ultimi 4 anni 16,9 miliardi, e
con una perdita potenziale di oltre 40. Peccato che a questo «bubbone»
vengano dedicate solo 2 paginette, ma la cosa non stupisce dato che
nessuno può vedere i contratti, neanche i parlamentari della Repubblica.
Eppure di cose da spiegare ce ne sarebbero, a partire dalla probabilità
che il Tesoro, nei prossimi 5 anni, paghi 15 miliardi di quei 40.
Secondo i calcoli del Nens di Vincenzo Visco,
la probabilità sarebbe del 95%. Inoltre grazie ai derivati la durata
del debito pubblico è stata allungata di 80 giorni, e questo ci costerà,
per ogni giorno in più, mezzo miliardo di euro. Ne vale la pena? Non si
sa, dato che il Tesoro si guarda bene dal rendere pubblici i contratti, nonostante il premier Renzi un anno fa avesse detto che sarebbero stati messi sul sito web del Tesoro.
Tornando alle due paginette, nonostante
la stringatezza qualche informazione si riesce ad estrapolare, e
riguarda le grandi banche, sopratutto estere, che hanno fatto derivati
con lo Stato. Si legge: «La costante discesa dei tassi di mercato ha
prodotto ... le condizioni per l’attivazione di nuovi Irs a tasso fisso
attraverso l’esercizio di opzioni in precedenza vendute dal Tesoro».
Tradotto: le banche hanno esercitato clausole per cui il ribasso dei
tassi non determinerà una minore spesa per interessi per lo Stato.
Quindi anche se Draghi ha portato i tassi sotto zero noi continuiamo a
pagare. Sarebbe bene sapere per quanti miliardi di debito pubblico, e
per quanto tempo, abbiamo preso l’impegno a pagare tassi fissi più alti
di quelli di mercato: 1, 10 o 100 miliardi?
Poco dopo si legge: «...Il contenimento
dell’esposizione delle banche controparti è stato funzionale a
massimizzare l’attività degli intermediari nelle aste del debito
pubblico». Tradotto: le banche ci hanno chiesto di fare operazioni in
derivati o ristrutturazioni per ridurre la loro esposizione al
rischio-Italia, e noi le abbiamo assecondate, altrimenti non avrebbero
comprato i nostri titoli di Stato. Quindi ci hanno preso per il collo, e
paghiamo pure il “pizzino”, visto che dal 2014 i tassi sono sempre
stati calanti e ora addirittura sono negativi?
Interessante la parte dedicata alle swaption:
«...Si è intervenuti a rimodularne le condizioni e ad allungare la
duration della posizione per il Tesoro, posponendo la data di esercizio
dell’opzione, estendendo la scadenza dello swap sottostante e riducendo
proporzionalmente il tasso fisso che il Tesoro verrebbe a pagare in caso
di esercizio su un nozionale incrementato. Ciò si è sostanziato nel
riacquisto della swaption originaria, finanziato con la vendita della
nuova, con le caratteristiche di durata e di tasso menzionate». Arduo
districarsi ... il significato però dovrebbe essere: caro Tesoro, stai
messo male con quel derivato, talmente male che ne devi fare un altro
ancora peggiore, i cui danni si manifesteranno più in là nel tempo e
intanto per quest’anno è tutto a posto.
Poi c’è il derivato su valute. Si
legge che «costituiva la copertura di un titolo trentennale da 250
milioni di sterline inglesi e il Tesoro, trovandosi in posizione
creditoria, ha incassato circa 75 milioni. ... Per il titolo in
sterline, viste le difficoltà del Tesoro nel porre in essere una nuova
copertura e considerata la dimensione limitata del bond che sarebbe
rimasto esposto alle fluttuazioni del cambio, si è preferito rinunciare
temporaneamente a coprire l’esposizione in valuta». Per i comuni mortali
ciò significa che abbiamo battuto cassa e ora siamo senza copertura sul
rischio di cambio per 250 milioni di sterline. Visto che l’euro si è
svalutato del 15% (come prevedibile effetto del Quantitative Easing), le
perdite di oggi controbilanciano l’incasso dei 75 milioni del 2014? Chi
lo sa!
Comunque Maria Cannata a modo suo e fra le righe, le cose le ha scritte. Se poi un domani la Corte dei Conti o una Procura della Repubblica dovessero chiedere conto di tutte le carte per capire le ragioni per le quali sono state fatte operazioni dannose per lo Stato, potrà sempre dire: «Ma io la relazione l’ho inviata al governo, alla commissione finanza, ai rami del Parlamento, se non hanno capito e non è stato posto rimedio, che c’entro?».
Comunque Maria Cannata a modo suo e fra le righe, le cose le ha scritte. Se poi un domani la Corte dei Conti o una Procura della Repubblica dovessero chiedere conto di tutte le carte per capire le ragioni per le quali sono state fatte operazioni dannose per lo Stato, potrà sempre dire: «Ma io la relazione l’ho inviata al governo, alla commissione finanza, ai rami del Parlamento, se non hanno capito e non è stato posto rimedio, che c’entro?».
10 dicembre 2015 (modifica il 10 dicembre 2015 | 10:57)
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