martedì 11 ottobre 2011

Segreti di Stati Cap.19 La truffa delle Banche centrali

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Capitolo 19 - La truffa delle Banche centrali

"Oltre a questi obiettivi pragmatici, i poteri del capitalismo finanziario avevano un altro scopo più ampio, nientemeno che di creare un sistema mondiale di controllo finanziario, in mani private, capace di dominare il sistema politico di ciascun paese e l'economia del mondo nel suo insieme. Questo sistema doveva essere controllato in un modo feudalistico da parte delle banche centrali del mondo che agiscono di concerto, attraverso accordi segreti cui si arrivava durante frequenti incontri e conferenze private. L'apice del sistema sarebbe stata la Bank for International Settlements [BIS] di Basilea, in Svizzera, una banca privata di proprietà e sotto il controllo delle banche centrali mondiali, esse stesse corporazioni private. Ogni banca centrale cercava di dominare il proprio governo tramite la sua capacità di controllare i prestiti al Tesoro, di manipolare i tassi di cambio della valuta estera, di influire sul livello delle attività economiche nazionali e di fare pressioni sui politici compiacenti tramite successive ricompense economiche nel mondo degli affari."
In: "Tragedy and Hope - A History of the World in Our Time"", Carroll Quigley, GSG Associates, California 1966.

"I nostri nemici su questo pianeta, sono meno di dodici persone. Sono i membri della Banca d'Inghilterra e di altri più alti circuiti finanziari. Essi posseggono le catene di giornali ed essi sono, come se non bastasse, in tutte le istituzioni che si occupano di salute mentale che sono sorte nel mondo. (...) E questi, apparentemente, hanno deciso in un momento lontano del passato, una particolare strategia. Avendo il controllo della riserva aurifera del pianeta, sono entrati in un programma per portare ogni governo alla bancarotta e sotto al loro dominio, cosicché nessun governo fosse capace di iniziative politiche senza il loro appoggio."
Ron Lafayette Hubbard, ex ufficiale dei servizi segreti della Marina USA, fondatore di Scientology - settembre 1967

Per capire come questo sistema sia profondamente antidemocratico nella sostanza, se non nell'apparenza, occorre analizzare il caso della truffa sistematica effettuata dalle banche centrali. La ricerca di base, su questo speifico argomento, si deve all'operato instancabile del Professor Giacinto Auriti che, da anni, si occupa dell'argomento.

In pratica si tratta di questo: nel 1694, la Banca d'Inghilterra - Bank of England - stampò 11.400 sterline in banconote, addebitandole al popolo e conferendole ai nobili che erano al governo. Da allora, il meccanismo ha avuto emuli in tutto il mondo, fino ad oggi, senza che nessuno, o quasi, si sia accorto dell'inganno. Prendiamo la situazione attuale: la Banca Centrale Europea, la BCE, il cui governatore è Wim Duisemberg, emette gli euro. Ma di chi sono questi euro? Del popolo europeo? No. Degli Stati membri. No. Gli euro sono di proprietà della BCE che li AFFITTA agli stati membri dell'unione. Gli Stati mettono la spesa in bilancio come DEBITO PUBBLICO ed evitano accuratamente di attribuirli ai cittadini, distribuendoli alle banche che fanno parte della banda. I cittadini, se vogliono prenderli alle banche, debbono RIAFFITTARLI dalle stesse, prendendoli a credito, trovandosi così a pagarli TRE VOLTE. La prima volta perché la BCE non ha fatto semplicemente pagare le spese di emissione ma, mantenendo la proprietà delle banconote, le ha affittate come fossero Cosa Sua. La seconda volta perché la burocrazia corrotta, degli Stati, registra nel debito pubblico la spesa relativa all'affitto di un bene che le apparterrebbe di diritto (essendo la BCE una società privata, non si vede come possa essere la proprietaria degli euro, moneta del popolo europeo). La terza volta perché il cittadino, se vuole moneta per effettuare impresa, deve noleggiarla dalle banche - sempreché siano disponibili a farlo nel SUO caso particolare - pagandoci ulteriori interessi. Ma veniamo ai "furbi": chi si è rubato, per l'Italia, un totale di 65.400 miliardi di euro con l'emissione del 1 gennaio 2001? Il socio italiano della BCE: la Banca d'Italia S.p.a. - detta anche Bankitalia. E di chi è questa società privata Banca d'Italia? Di altre società per azioni: Generali Assicurazioni, Gruppo INTESA, etc. E a chi appartengono queste società private? Già, basterebbe saperlo ed avremmo il quadro completo della banda bassotti. Scrive Antonio Pagano [da La grande truffa, http://www.cinet.it/iresco/impresasicilia/articoli/art0076.htm] "...Le ruberie operate e l'emissione non controllata della carta moneta ebbero come conseguenza che ne fu decretato già dal 1863 il corso forzoso, cioè la lira carta non poté più essere cambiata in oro. Da qui incominciò a nascere il Debito Pubblico: lo Stato cioè per finanziarsi iniziò a chiedere carta moneta a una banca privata (qual è la Banca d'Italia). Lo Stato, quindi, a causa del genio di Cavour e soci, ha ceduto da allora la sua sovranità in campo monetario affidandola a dei privati, che non ne hanno alcun titolo (la sovranità per sua natura non è cedibile perché è del popolo e dello Stato che lo rappresenta). Oltretutto da quando nel 1935 fu decretato definitivamente che la lira non era più ancorata all'oro, si ebbe che il valore della carta moneta derivò da allora semplicemente e unicamente dalla convenzione di chi la usa e accetta come mezzo di pagamento. La carta moneta, dunque, è carta straccia e in realtà alla Banca d'Italia (che è privata), a cui si dovrebbe pagare il debito pubblico, non si deve dare nulla. Ed è necessario, infine, ricordare che ancora oggi le quote dell'attuale Banca d'Italia sono possedute da varie Casse di Risparmio, da Banche e da Assicurazioni, cioè enti privati su cui la Banca d'Italia dovrebbe vigilare. Da tutto questo potete facilmente capire in mano a chi siamo e che, dato che la Banca d'Italia ha un immenso potere finanziario e politico, qualsiasi governo in Italia conta come il due di briscola." Ecco come funzionava il sistema, al tempo della lira. Oggi, con la BCE, il sistema si è europeizzato. La Banca d'Italia S.p.a. ha derubato ogni cittadino italiano, con la sola emissione del 1 gennaio 2001, di 1.150 euro. Sembrano pochi: provate a prenderveli tutti in una volta!

LA DENUNCIA

TRIBUNALE CIVILE DI ROMA

Atto di citazione
Il Prof. Giacinto Auriti, residente in Roma ed ivi eletto domicilio alla Via A. Traversari n.55 presso e nello studio dell'Avv. Giuseppe Marzano dal quale e' rappresentato e difeso, disgiuntamente e congiuntamente all'Avv. Berardino Ciucci e al Dott. Proc. Antonio Pimpini, giusta procura in calce al presente atto.

premesso
-che l'istante agisce in proprio quale cittadino italiano, e quale legale rappresentante dell'Associazione Culturale "Alternativa Sociale per la proprietà di Popolo" (ASSPP); -che, allo stato attuale, esiste una consuetudine interpretativa per cui, all'atto dell'emissione, la banca centrale mutua allo Stato italiano ed alla Collettività Nazionale, tutto il denaro che pone in circolazione;
-che a seguito di recenti ricerche scientifiche (cfr. Auriti Giacinto- L'Ordinamento Internazionale del Sistema Monetario- Edigrafital Teramo, 1993) è stato dimostrato che la moneta ha valore perché è misura del valore.

-che, infatti, ogni unita di misura ha la qualità corrispondente a ciò che deve misurare: come il metro ha la qualità della lunghezza perché misura la lunghezza, la moneta ha la qualità del valore perché misura il valore.

-che, pertanto, l'attività convenzionale e qui produttiva non solamente della misura del valore, ma anche del valore della misura: ciò che noi chiamiamo potere d'acquisto. Nella moneta si verifica un fenomeno analogo a quello dell'induzione fisica. Come nella dinamo l'energia meccanica causa l'energia elettrica, così nella moneta la convenzione causa il valore indotto nel simbolo. Pertanto, il simbolo non è solamente la manifestazione formale della convenzione monetaria, ma anche il contenitore del valore indotto.

-che, quindi, la moneta è un bene collettivo, in quanto creato dalla convenzione sociale, ma di proprietà privata individuale perché da intendersi attribuita, a titolo originario, al portatore del simbolo in virtù dell'induzione giuridica;

-che fino ad oggi l'erogazione della moneta e' effettuata dalla banca centrale addebitando allo Stato ed alla Collettività l'intero ammontare senza corrispettivo e quindi conferendo solo la proprietà a titolo derivativo per il tempo limitato alla durata del prestito;

-che tale consuetudine interpretativa è da considerarsi contra legem, in quanto la fattispecie giuridica monetaria va necessarimente
considerata come espressione di un valore creato dalla medesima collettivita' la quale viene, oggi, contestualmente all'emissione stessa, espropriata ed indebitata di tutti i valori monetari.

-che, allo stato attuale, nessuna legge indica il proprietario della moneta all'atto dell'emissione;

-che la moneta-carta viene presentata sotto la veste formale di falsa combiale (ad es.: Lit. 100.000 pagabili a vista al portatore, f.to il governatore della Banca d'Italia);

-che è gran tempo ormai che si esca dall'equivoco di spacciare sotto la parvenza di valore creditizio il valore monetario. Infatti, per comprendere le differenze fondamentali tra moneta e credito è sufficiente riportarsi alle seguenti considerazioni:
A) il credito si estingue col pagamento, mentre la moneta continua a circolare dopo ogni transazione indefinitamente perché, come ogni unità di misura, è un bene ad ultilità ripetuta;
B) il valore del credito è sottoposto al rischio dell'inadempimento, mentre il valore monetario è attuale e certo poiche', per l'induzione giuridica, la moneta è bene reale, oggetto di diritto di proprietà;
C) nel credito prima si determina il precetto normativo e poi lo si manifesta, mentre nella moneta prima viene creata la manifestazione formale (simbolo monetario) e successivamente, all'atto dell'emissione, per il tramite dell'accettazione, le si conferisce il valore. In altri termini, crea il valore della moneta non chi la emette, ma chi l'accetta;
D) il valore creditizio è causato dalla promessa del debitore, come avviene nella cambiale, mentre il valore monetario è causato dall'accettazione convenzionale della collettività;

-che attualmente il portatore della moneta ha la proprietà di valori illecitamente gravati di debito verso la banca centrale, di cui non ha la consapevolezza perché questo debito è senza scadenza e non è individuale ma collettivo;

-che su tali premesse il mercato viene dissanguato dalla grande usura del sistema bancario perché pretendere oggi di pagare un debito di denaro con altro denaro e come pretendere di pagare un debito con un altro debito. Poiché ciò è impossibile, a lungo andare, gli operatori economici si vedono costretti a pagare il debito non dovuto con l'esproprio dei loro beni. Solo così si può spiegare la c.d. conversione dei crediti bancari in capitale a rischio (pacchetti azionari) che costituisce la fase conclusiva dell'illecito arricchimento che trova la sua origine nel momento dell'emissione monetaria. A siffatto, paradossale stato di cose, non potrà porsi rimedio se non stabilendo chi sia il proprietario della moneta all'atto dell'emissione così colmando, con autorevole interpretazione giurisprudenziale, un vuoto legislativo ormai non più tollerabile.

-che, peraltro, la situazione de qua risulterebbe oltremodo aggravata nell'ipotesi in cui l'istante dovesse accedere al credito bancario. Infatti, la sua iniqua posizione di debitore originario della moneta viene ulteriormente onerata dagli interessi richiesti dall'istituto di credito che, siccome si configurano come accessori al bene principale (moneta) di proprietà dei cittadini, non sono dovuti. La situazione fattuale testé espressa espone evidentemente il deducente all'inibizione, per fatto e colpa del sistema bancario e dell'emissione monetaria, della legittimazione giuridica, rectius "capacità giuridica'.

Pertanto, l'istante, come in atti rapp. dom. e difeso,

CITA

la Banca d'Italia, in persona del Governatore legale corr. in Roma alla Via Nazionale a comparire innanzi al Tribunale di Roma, G.I. e sezione designandi, per l'udienza del ............... , ore e locali di rito. Con l'invito a costituirsi nei termini e modi di legge e con l'espresso avvertimento che, in mancanza, si procederà in sua legittima dichiaranda contumacia per ivi sentir accogliere le seguenti

CONCLUSIONI
Piaccia all'Ill.mo Tribunale di Roma, contrariis reiectis, così provvedere:
dichiarare la moneta un bene reale conferito, all'atto dell'emissione, a titolo originario, in proprietà di tutti i cittadini appartenenti alla collettività nazionale italiana, con conseguente declaratoria d'illegittimità dell'attuale sistema dell'emissione monetaria che trasforma la banca centrale da ente gestore ad ente proprietario dei valori monetari. Vinte le spese di lite.
-Avv Giuseppe Marzano-
-Avv. Berardino Ciucci-
-Dott. Proc. Antonio Pimpini-
In proprio e rappresentarmi e difendere nella presente procedura, ed in ogni sua occorrenda fase e grado, gli Avv.ti Giuseppe Marzano del Foro di Roma, Berardino Ciucci del Fore de L'Aquila ed il Dott. Proc. Antonio Pimpini del Foro di Chieti. Eleggo domicilio nello Studio in Roma alla Via . Traversari n. 55
NOTIFICATO IL 24/06/1994

Sapete cosa ha risposta la Procura di Roma? LA DOMANDA: "A CHI APPARTIENE LA MONETA ALL'ATTO DELL'EMISSIONE", E' IMPROPONIBILE. Cioè: non possiamo chiedere a chi appartiene la nostra moneta, dobbiamo solo pagare e zitti, capito mi hai? Il professore è stato quindi condannato a... pagare le spese. CON GLI EURO DI CHI?

L'ultimo documento in merito alla questione, trovato su Internet, è un'intervista al Dott. Bruno Tarquini:

[2002]
Via libera al "Simec" da parte del procuratore generale Bruno Tarquini, che afferma: «è un'intuizione geniale»
«IL DENARO MESSO IN CIRCOLAZIONE NON E' DI PROPRIETA' DELLA BANCA CENTRALE»
E rincara la dose: «l'Istituto di emissione ha raggiunto un tal grado di professionalità nella appropriazione di risorse altrui da avvalorare e consolidare il convincimento di avere il diritto di farlo come proprietario della moneta».

BRUNO TARQUINI*

Preliminare ad ogni altra è la questione relativa alla proprietà della moneta al momento della sua emissione. Chi è dunque il proprietario della moneta in quel preciso momento? Il problema non è di poco conto, giacché esso non è disciplinato né previsto da alcuna disposizione di legge: lo stesso R.D. 11 Giugno 1936, n. 1607 (riguardante lo statuto della banca d'Italia) si limita a stabilire (art. 1) che la Banca Centrale, "quale unico istituto di emissione, emette biglietti nei limiti e con le forme stabilite dalla legge", e (art. 20) che il suo Consiglio Superiore, tra l'altro, "delibera la creazione e l'emissione dei biglietti Ora, poiché la moneta, al momento della sua emissione, non può ovviamente considerarsi "resnullius", essa deve necessariamente appartenere ad un proprietario, il quale, d'altra parte, non può essere che lo Stato o la stessa Banca Centrale, della quale giova ricordare la natura di società privata. Ma chi dei due? Neanche i diretti interessati sembrano avere sul punto le idee chiare.

Infatti, rispondendo ad una interrogazione parlamentare il 20 Maggio 1995, il Sottosegretario di Stato per il Tesoro rispose, "sentita nel merito la Banca d'Italia", che "per tutta la durata della circolazione la moneta rappresenta un debito, una passività dell'istituto di emissione e come tale è scritta nel suo bilancio fra le poste passive. (NON PUÒ PERTANTO SOSTENERSI CHE LA BANCA D'ITALIA SIA PROPRIETARIA DEI VALORI MONETARI). Al contrario la Banca Centrale, ne corso un giudizio civile promosso dal professor Auriti dinnanzi al tribunale di Roma (diretto all'accertamento che la moneta, all'atto dell'emissione è di proprietà dei cittadini italiani, e che, pertanto è illegittimo l'attuale sistema dell'emissione monetaria, che trasforma la Banca Centrale da ente gestore ad ente proprietario dei valori monetari), ha dichiarato di essere proprietario della moneta che crea e emette in circolazione.

Come è evidente si tratta di due affermazioni irrimediabilmente confliggenti: l'una esclude l'altra. Ma chi ha ragione? Se si parte da un dato di fatto incontrovertibile, vale a dire che la Banca d'Italia iscrive i valori monetari emessi tra le poste passive del proprio bilancio, come debito (facendo chiaro affidamento ormai alle inutile formula "pagabili a vista del portatore" riportata sulle banconote che le dovrebbe trasformare in apparenti cambiali), non v'è alcun dubbio che avrebbe ragione il Sottosegretario per il Tesoro. Ma se si parte da un altro dato di fatto, pur esso inoppugnabile, vale a dire che la Banca d'Italia percepisce un interesse (il c.d. tasso di sconto) sulla moneta che emette, comportandosi come un proprietario che dà in prestito il proprio denaro, avrebbe ragione la Banca Centrale. Ma in ogni caso, nell'una o nell'altra ipotesi ci troviamo sempre ad una singolare anomalia, rappresentata o da un debitore che percepisce interessi come se fosse un creditore, oppure da un creditore che emette cambiali come fosse un debitore: nel primo caso lucra indebitamente interessi che non gli sono dovuti, nel secondo caso falsifica il bilancio inserendo nel passivo poste attive e procurandosi ugualmente guadagni indebiti.

Se la situazione è quella ora delineata si propone un caso in cui la prassi sopraffa il diritto: l'istituto di emissione ha raggiunto un tal grado di professionalità nella appropriazione di risorse altrui da avvalorare e consolidare il convincimento di avere il diritto di farlo come proprietario della moneta. Questa palese anomalia, scaturita dalla rinuncia dello Stato alla propria sovranità monetaria, può essere quindi eliminata certamente con la riappropriazione da parte dello Stato di quella sovranità; ma in ogni caso con la integrale applicazione della Carta costituzionale repubblicana, che all'art. 42, secondo comma, nel riconoscere e garantire la proprietà privata, ne assicura la funzione sociale e l'accesso a tutti i cittadini. Tale norma utilizza il termine giuridico di proprietà nella sua accezione più ampia, ma anche nel suo significato concettuale più moderno, come lascia intendere il richiamo alla funzione sociale, abbandonando quindi, ogni impronta troppo individualistica e recependo lo spirito che già aveva cominciato ad aleggiare nel vigente codice civile del 1942; cosicché l'elemento sociale rimane connaturato nel concetto stesso di proprietà, come suo immancabile gene.

Ciò che viene riconosciuta e garantita è la proprietà di ogni bene, sia immobile sia mobile, e quindi non può ritenersi inclusa nella norma costituzionale anche la proprietà degli strumenti o mezzi di produzione. Inoltre una interpretazione di quella norma che voglia essere non solo completa, ma soprattutto efficace ed utile, non può prescindere dal prendere in considerazione i princìpi fondamentali del diritto sociale. Vale a dire di quella parte dell'ordinamento giuridico che ravvisa nella norma lo scopo di fornire non solo una tutela giuridica ma anche, e soprattutto, il contenute economico del diritto. Ecco, dunque, perché nella previsione della norma costituzionale in esame deve essere ricompresa, tra i beni alla cui proprietà è assicurato l'accesso a tutti i cittadini, anche la moneta all'atto della sua emissione, nel senso che invece di essere a loro addebitata (come avviene attualmente), essa sia invece loro accreditata, così che sia possibile dare ad ogni cittadino, invece dei beni reali, il denaro per comprarli a titolo di reddito di cittadinanza.

In ciò consiste il principio della proprietà popolare della moneta, come conseguenza di quella geniale intuizione di Giacinto Auriti e sulla teoria di "valore indotto", che ha dimostrato come la moneta sia una fattispecie giuridica, perché, come ogni unità di misura, è causata dalla convenzione: la moneta è sì "misura del valore" (come il metro è la misura della lunghezza), ma è anche "valore della misura", che è appunto il suo valore indotto, cioè il suo "potere d'acquisto". Il valore indotto è un puro valore giuridico, afferma Auriti, e la moneta, quindi, come "contenitore del valore della misura deve considerarsi un bene reale oggetto di scambio. "Nella moneta - ha scritto il nostro giurista guardiese - si verifica un fenomeno analogo a quello dell'induzione fisica. Come nella dinamo l'energia meccanica causa energia elettrica, così nella moneta la convenzione causa il valore indotto del simbolo. Pertanto la moneta è un bene collettivo, in quanto creato dalla convenzione sociale, ma di proprietà privata individuale perché attribuita al portatore del simbolo, in virtù dell'induzione giuridica".

Pertanto il riconoscimento della proprietà popolare della moneta, secondo i princìpi enunciati da Auriti, costituisce doveroso adempimento del dettato costituzionale. Da tutto ciò nasce l'idea del "Simec" (acronimo che sta per simbolo econometrico del valore indotto n.d.t.), di questa moneta locale, destinata a circolare parallelamente a quella legale. Si tratta di un esperimento "in corpore vili", che, peraltro, è stato già con successo realizzato in molte città nord-americane, dove la "local money" circola liberamente insieme con il dollaro (in Italia è stata avviata con successo la circolazione dei "Simec" a Guardiagrele in Abruzzo, l'esperimento sarà esteso a Crotone (con molta probabilità anche a Soveria Mannelli in provincia di Catanzaro, n.d.t.) e in altri centri del nord Italia).

Il "Simec", come moneta convenzionale, è perfettamente compatibile con la moneta legale, dalla quale esso è formalmente e giuridicamente diverso. Non ritengo neanche che la circolazione del "Simec" possa essere penalmente illecita, perché il vigente codice penale, nel Capo 1 del Titolo VII, prevede solo reati che attengono alla contraffazione ed alle alterazioni di monete nazionali o straniere e delle carte di pubblico credito, ed alla loro introduzione nel territorio nazionale, detenzione e spendita; né mi risulta che esistano altre forme penali speciali che prevedano fatti di così straordinaria novità. Né, infine, la circolazione di una moneta locale può essere minimamente sussumibile nelle previsioni penali del Capo 1 del Titolo VIII del codice penale, che riguardano delitto contro l'economia pubblica.

* già Procuratore Generale presso la Corte d’Appello dell'Aquila

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