Capitolo
19 - La truffa delle Banche centrali
"Oltre
a questi obiettivi pragmatici, i poteri del capitalismo finanziario
avevano un altro scopo più ampio, nientemeno che di creare un
sistema mondiale di controllo finanziario, in mani private, capace di
dominare il sistema politico di ciascun paese e l'economia del mondo
nel suo insieme. Questo sistema doveva essere controllato in un modo
feudalistico da parte delle banche centrali del mondo che agiscono di
concerto, attraverso accordi segreti cui si arrivava durante
frequenti incontri e conferenze private. L'apice del sistema sarebbe
stata la Bank for International Settlements [BIS] di Basilea, in
Svizzera, una banca privata di proprietà e sotto il controllo delle
banche centrali mondiali, esse stesse corporazioni private. Ogni
banca centrale cercava di dominare il proprio governo tramite la sua
capacità di controllare i prestiti al Tesoro, di manipolare i tassi
di cambio della valuta estera, di influire sul livello delle attività
economiche nazionali e di fare pressioni sui politici compiacenti
tramite successive ricompense economiche nel mondo degli affari."
In:
"Tragedy and Hope - A History of the World in Our Time"",
Carroll Quigley, GSG Associates, California 1966.
"I
nostri nemici su questo pianeta, sono meno di dodici persone. Sono i
membri della Banca d'Inghilterra e di altri più alti circuiti
finanziari. Essi posseggono le catene di giornali ed essi sono, come
se non bastasse, in tutte le istituzioni che si occupano di salute
mentale che sono sorte nel mondo. (...) E questi, apparentemente,
hanno deciso in un momento lontano del passato, una particolare
strategia. Avendo il controllo della riserva aurifera del pianeta,
sono entrati in un programma per portare ogni governo alla bancarotta
e sotto al loro dominio, cosicché nessun governo fosse capace di
iniziative politiche senza il loro appoggio."
Ron
Lafayette Hubbard, ex ufficiale dei servizi segreti della Marina USA,
fondatore di Scientology - settembre 1967
Per
capire come questo sistema sia profondamente antidemocratico nella
sostanza, se non nell'apparenza, occorre analizzare il caso della
truffa sistematica effettuata dalle banche centrali. La ricerca di
base, su questo speifico argomento, si deve all'operato instancabile
del Professor Giacinto Auriti che, da anni, si occupa dell'argomento.
In
pratica si tratta di questo: nel 1694, la Banca d'Inghilterra - Bank
of England - stampò 11.400 sterline in banconote, addebitandole al
popolo e conferendole ai nobili che erano al governo. Da allora, il
meccanismo ha avuto emuli in tutto il mondo, fino ad oggi, senza che
nessuno, o quasi, si sia accorto dell'inganno. Prendiamo la
situazione attuale: la Banca Centrale Europea, la BCE, il cui
governatore è Wim Duisemberg, emette gli euro. Ma di chi sono questi
euro? Del popolo europeo? No. Degli Stati membri. No. Gli euro sono
di proprietà della BCE che li AFFITTA agli stati membri dell'unione.
Gli Stati mettono la spesa in bilancio come DEBITO PUBBLICO ed
evitano accuratamente di attribuirli ai cittadini, distribuendoli
alle banche che fanno parte della banda. I cittadini, se vogliono
prenderli alle banche, debbono RIAFFITTARLI dalle stesse, prendendoli
a credito, trovandosi così a pagarli TRE VOLTE. La prima volta
perché la BCE non ha fatto semplicemente pagare le spese di
emissione ma, mantenendo la proprietà delle banconote, le ha
affittate come fossero Cosa Sua. La seconda volta perché la
burocrazia corrotta, degli Stati, registra nel debito pubblico la
spesa relativa all'affitto di un bene che le apparterrebbe di diritto
(essendo la BCE una società privata, non si vede come possa essere
la proprietaria degli euro, moneta del popolo europeo). La terza
volta perché il cittadino, se vuole moneta per effettuare impresa,
deve noleggiarla dalle banche - sempreché siano disponibili a farlo
nel SUO caso particolare - pagandoci ulteriori interessi. Ma veniamo
ai "furbi": chi si è rubato, per l'Italia, un totale di
65.400 miliardi di euro con l'emissione del 1 gennaio 2001? Il socio
italiano della BCE: la Banca d'Italia S.p.a. - detta anche
Bankitalia. E di chi è questa società privata Banca d'Italia? Di
altre società per azioni: Generali Assicurazioni, Gruppo INTESA,
etc. E a chi appartengono queste società private? Già, basterebbe
saperlo ed avremmo il quadro completo della banda bassotti. Scrive
Antonio Pagano [da La grande truffa, http://www.cinet.it/iresco/impresasicilia/articoli/art0076.htm]
"...Le ruberie operate e l'emissione non controllata della carta
moneta ebbero come conseguenza che ne fu decretato già dal 1863 il
corso forzoso, cioè la lira carta non poté più essere cambiata in
oro. Da qui incominciò a nascere il Debito Pubblico: lo Stato cioè
per finanziarsi iniziò a chiedere carta moneta a una banca privata
(qual è la Banca d'Italia). Lo Stato, quindi, a causa del genio di
Cavour e soci, ha ceduto da allora la sua sovranità in campo
monetario affidandola a dei privati, che non ne hanno alcun titolo
(la sovranità per sua natura non è cedibile perché è del popolo e
dello Stato che lo rappresenta). Oltretutto da quando nel 1935 fu
decretato definitivamente che la lira non era più ancorata all'oro,
si ebbe che il valore della carta moneta derivò da allora
semplicemente e unicamente dalla convenzione di chi la usa e accetta
come mezzo di pagamento. La carta moneta, dunque, è carta straccia e
in realtà alla Banca d'Italia (che è privata), a cui si dovrebbe
pagare il debito pubblico, non si deve dare nulla. Ed è necessario,
infine, ricordare che ancora oggi le quote dell'attuale Banca
d'Italia sono possedute da varie Casse di Risparmio, da Banche e da
Assicurazioni, cioè enti privati su cui la Banca d'Italia dovrebbe
vigilare. Da tutto questo potete facilmente capire in mano a chi
siamo e che, dato che la Banca d'Italia ha un immenso potere
finanziario e politico, qualsiasi governo in Italia conta come il due
di briscola." Ecco come funzionava il sistema, al tempo della
lira. Oggi, con la BCE, il sistema si è europeizzato. La Banca
d'Italia S.p.a. ha derubato ogni cittadino italiano, con la sola
emissione del 1 gennaio 2001, di 1.150 euro. Sembrano pochi: provate
a prenderveli tutti in una volta!
LA
DENUNCIA
TRIBUNALE
CIVILE DI ROMA
Atto
di citazione
Il
Prof. Giacinto Auriti, residente in Roma ed ivi eletto domicilio alla
Via A. Traversari n.55 presso e nello studio dell'Avv. Giuseppe
Marzano dal quale e' rappresentato e difeso, disgiuntamente e
congiuntamente all'Avv. Berardino Ciucci e al Dott. Proc. Antonio
Pimpini, giusta procura in calce al presente atto.
premesso
-che
l'istante agisce in proprio quale cittadino italiano, e quale legale
rappresentante dell'Associazione Culturale "Alternativa Sociale
per la proprietà di Popolo" (ASSPP); -che, allo stato attuale,
esiste una consuetudine interpretativa per cui, all'atto
dell'emissione, la banca centrale mutua allo Stato italiano ed alla
Collettività Nazionale, tutto il denaro che pone in circolazione;
-che
a seguito di recenti ricerche scientifiche (cfr. Auriti Giacinto-
L'Ordinamento Internazionale del Sistema Monetario- Edigrafital
Teramo, 1993) è stato dimostrato che la moneta ha valore perché è
misura del valore.
-che,
infatti, ogni unita di misura ha la qualità corrispondente a ciò
che deve misurare: come il metro ha la qualità della lunghezza
perché misura la lunghezza, la moneta ha la qualità del valore
perché misura il valore.
-che,
pertanto, l'attività convenzionale e qui produttiva non solamente
della misura del valore, ma anche del valore della misura: ciò che
noi chiamiamo potere d'acquisto. Nella moneta si verifica un fenomeno
analogo a quello dell'induzione fisica. Come nella dinamo l'energia
meccanica causa l'energia elettrica, così nella moneta la
convenzione causa il valore indotto nel simbolo. Pertanto, il simbolo
non è solamente la manifestazione formale della convenzione
monetaria, ma anche il contenitore del valore indotto.
-che,
quindi, la moneta è un bene collettivo, in quanto creato dalla
convenzione sociale, ma di proprietà privata individuale perché da
intendersi attribuita, a titolo originario, al portatore del simbolo
in virtù dell'induzione giuridica;
-che
fino ad oggi l'erogazione della moneta e' effettuata dalla banca
centrale addebitando allo Stato ed alla Collettività l'intero
ammontare senza corrispettivo e quindi conferendo solo la proprietà
a titolo derivativo per il tempo limitato alla durata del prestito;
-che
tale consuetudine interpretativa è da considerarsi contra legem, in
quanto la fattispecie giuridica monetaria va necessarimente
considerata
come espressione di un valore creato dalla medesima collettivita' la
quale viene, oggi, contestualmente all'emissione stessa, espropriata
ed indebitata di tutti i valori monetari.
-che,
allo stato attuale, nessuna legge indica il proprietario della moneta
all'atto dell'emissione;
-che
la moneta-carta viene presentata sotto la veste formale di falsa
combiale (ad es.: Lit. 100.000 pagabili a vista al portatore, f.to il
governatore della Banca d'Italia);
-che
è gran tempo ormai che si esca dall'equivoco di spacciare sotto la
parvenza di valore creditizio il valore monetario. Infatti, per
comprendere le differenze fondamentali tra moneta e credito è
sufficiente riportarsi alle seguenti considerazioni:
A)
il credito si estingue col pagamento, mentre la moneta continua a
circolare dopo ogni transazione indefinitamente perché, come ogni
unità di misura, è un bene ad ultilità ripetuta;
B)
il valore del credito è sottoposto al rischio dell'inadempimento,
mentre il valore monetario è attuale e certo poiche', per
l'induzione giuridica, la moneta è bene reale, oggetto di diritto di
proprietà;
C)
nel credito prima si determina il precetto normativo e poi lo si
manifesta, mentre nella moneta prima viene creata la manifestazione
formale (simbolo monetario) e successivamente, all'atto
dell'emissione, per il tramite dell'accettazione, le si conferisce il
valore. In altri termini, crea il valore della moneta non chi la
emette, ma chi l'accetta;
D)
il valore creditizio è causato dalla promessa del debitore, come
avviene nella cambiale, mentre il valore monetario è causato
dall'accettazione convenzionale della collettività;
-che
attualmente il portatore della moneta ha la proprietà di valori
illecitamente gravati di debito verso la banca centrale, di cui non
ha la consapevolezza perché questo debito è senza scadenza e non è
individuale ma collettivo;
-che
su tali premesse il mercato viene dissanguato dalla grande usura del
sistema bancario perché pretendere oggi di pagare un debito di
denaro con altro denaro e come pretendere di pagare un debito con un
altro debito. Poiché ciò è impossibile, a lungo andare, gli
operatori economici si vedono costretti a pagare il debito non dovuto
con l'esproprio dei loro beni. Solo così si può spiegare la c.d.
conversione dei crediti bancari in capitale a rischio (pacchetti
azionari) che costituisce la fase conclusiva dell'illecito
arricchimento che trova la sua origine nel momento dell'emissione
monetaria. A siffatto, paradossale stato di cose, non potrà porsi
rimedio se non stabilendo chi sia il proprietario della moneta
all'atto dell'emissione così colmando, con autorevole
interpretazione giurisprudenziale, un vuoto legislativo ormai non più
tollerabile.
-che,
peraltro, la situazione de qua risulterebbe oltremodo aggravata
nell'ipotesi in cui l'istante dovesse accedere al credito bancario.
Infatti, la sua iniqua posizione di debitore originario della moneta
viene ulteriormente onerata dagli interessi richiesti dall'istituto
di credito che, siccome si configurano come accessori al bene
principale (moneta) di proprietà dei cittadini, non sono dovuti. La
situazione fattuale testé espressa espone evidentemente il deducente
all'inibizione, per fatto e colpa del sistema bancario e
dell'emissione monetaria, della legittimazione giuridica, rectius
"capacità giuridica'.
Pertanto,
l'istante, come in atti rapp. dom. e difeso,
CITA
la
Banca d'Italia, in persona del Governatore legale corr. in Roma alla
Via Nazionale a comparire innanzi al Tribunale di Roma, G.I. e
sezione designandi, per l'udienza del ............... , ore e locali
di rito. Con l'invito a costituirsi nei termini e modi di legge e con
l'espresso avvertimento che, in mancanza, si procederà in sua
legittima dichiaranda contumacia per ivi sentir accogliere le
seguenti
CONCLUSIONI
Piaccia
all'Ill.mo Tribunale di Roma, contrariis reiectis, così provvedere:
dichiarare
la moneta un bene reale conferito, all'atto dell'emissione, a titolo
originario, in proprietà di tutti i cittadini appartenenti alla
collettività nazionale italiana, con conseguente declaratoria
d'illegittimità dell'attuale sistema dell'emissione monetaria che
trasforma la banca centrale da ente gestore ad ente proprietario dei
valori monetari. Vinte le spese di lite.
-Avv
Giuseppe Marzano-
-Avv.
Berardino Ciucci-
-Dott.
Proc. Antonio Pimpini-
In
proprio e rappresentarmi e difendere nella presente procedura, ed in
ogni sua occorrenda fase e grado, gli Avv.ti Giuseppe Marzano del
Foro di Roma, Berardino Ciucci del Fore de L'Aquila ed il Dott. Proc.
Antonio Pimpini del Foro di Chieti. Eleggo domicilio nello Studio in
Roma alla Via . Traversari n. 55
NOTIFICATO
IL 24/06/1994
Sapete
cosa ha risposta la Procura di Roma? LA
DOMANDA: "A CHI APPARTIENE LA MONETA ALL'ATTO DELL'EMISSIONE",
E' IMPROPONIBILE. Cioè: non possiamo chiedere a chi appartiene la
nostra moneta, dobbiamo solo pagare e zitti, capito mi hai?
Il professore è stato quindi condannato a... pagare le spese. CON
GLI EURO DI CHI?
L'ultimo
documento in merito alla questione, trovato su Internet, è
un'intervista al Dott. Bruno Tarquini:
[2002]
Via
libera al "Simec" da parte del procuratore generale Bruno
Tarquini, che afferma: «è un'intuizione geniale»
«IL
DENARO MESSO IN CIRCOLAZIONE NON E' DI PROPRIETA' DELLA BANCA
CENTRALE»
E
rincara la dose: «l'Istituto di emissione ha raggiunto un tal grado
di professionalità nella appropriazione di risorse altrui da
avvalorare e consolidare il convincimento di avere il diritto di
farlo come proprietario della moneta».
BRUNO
TARQUINI*
Preliminare
ad ogni altra è la questione relativa alla proprietà della moneta
al momento della sua emissione. Chi è dunque il proprietario della
moneta in quel preciso momento? Il problema non è di poco conto,
giacché esso non è disciplinato né previsto da alcuna disposizione
di legge: lo stesso R.D. 11 Giugno 1936, n. 1607 (riguardante lo
statuto della banca d'Italia) si limita a stabilire (art. 1) che la
Banca Centrale, "quale unico istituto di emissione, emette
biglietti nei limiti e con le forme stabilite dalla legge", e
(art. 20) che il suo Consiglio Superiore, tra l'altro, "delibera
la creazione e l'emissione dei biglietti Ora, poiché la moneta, al
momento della sua emissione, non può ovviamente considerarsi
"resnullius", essa deve necessariamente appartenere ad un
proprietario, il quale, d'altra parte, non può essere che lo Stato o
la stessa Banca Centrale, della quale giova ricordare la natura di
società privata. Ma chi dei due? Neanche i diretti interessati
sembrano avere sul punto le idee chiare.
Infatti,
rispondendo ad una interrogazione parlamentare il 20 Maggio 1995, il
Sottosegretario di Stato per il Tesoro rispose, "sentita nel
merito la Banca d'Italia", che "per tutta la durata della
circolazione la moneta rappresenta un debito, una passività
dell'istituto di emissione e come tale è scritta nel suo bilancio
fra le poste passive. (NON PUÒ PERTANTO SOSTENERSI CHE LA BANCA
D'ITALIA SIA PROPRIETARIA DEI VALORI MONETARI). Al contrario la Banca
Centrale, ne corso un giudizio civile promosso dal professor Auriti
dinnanzi al tribunale di Roma (diretto all'accertamento che la
moneta, all'atto dell'emissione è di proprietà dei cittadini
italiani, e che, pertanto è illegittimo l'attuale sistema
dell'emissione monetaria, che trasforma la Banca Centrale da ente
gestore ad ente proprietario dei valori monetari), ha dichiarato di
essere proprietario della moneta che crea e emette in circolazione.
Come
è evidente si tratta di due affermazioni irrimediabilmente
confliggenti: l'una esclude l'altra. Ma chi ha ragione? Se si parte
da un dato di fatto incontrovertibile, vale a dire che la Banca
d'Italia iscrive i valori monetari emessi tra le poste passive del
proprio bilancio, come debito (facendo chiaro affidamento ormai alle
inutile formula "pagabili a vista del portatore" riportata
sulle banconote che le dovrebbe trasformare in apparenti cambiali),
non v'è alcun dubbio che avrebbe ragione il Sottosegretario per il
Tesoro. Ma se si parte da un altro dato di fatto, pur esso
inoppugnabile, vale a dire che la Banca d'Italia percepisce un
interesse (il c.d. tasso di sconto) sulla moneta che emette,
comportandosi come un proprietario che dà in prestito il proprio
denaro, avrebbe ragione la Banca Centrale. Ma in ogni caso, nell'una
o nell'altra ipotesi ci troviamo sempre ad una singolare anomalia,
rappresentata o da un debitore che percepisce interessi come se fosse
un creditore, oppure da un creditore che emette cambiali come fosse
un debitore: nel primo caso lucra indebitamente interessi che non gli
sono dovuti, nel secondo caso falsifica il bilancio inserendo nel
passivo poste attive e procurandosi ugualmente guadagni indebiti.
Se
la situazione è quella ora delineata si propone un caso in cui la
prassi sopraffa il diritto: l'istituto di emissione ha raggiunto un
tal grado di professionalità nella appropriazione di risorse altrui
da avvalorare e consolidare il convincimento di avere il diritto di
farlo come proprietario della moneta. Questa palese anomalia,
scaturita dalla rinuncia dello Stato alla propria sovranità
monetaria, può essere quindi eliminata certamente con la
riappropriazione da parte dello Stato di quella sovranità; ma in
ogni caso con la integrale applicazione della Carta costituzionale
repubblicana, che all'art. 42, secondo comma, nel riconoscere e
garantire la proprietà privata, ne assicura la funzione sociale e
l'accesso a tutti i cittadini. Tale norma utilizza il termine
giuridico di proprietà nella sua accezione più ampia, ma anche nel
suo significato concettuale più moderno, come lascia intendere il
richiamo alla funzione sociale, abbandonando quindi, ogni impronta
troppo individualistica e recependo lo spirito che già aveva
cominciato ad aleggiare nel vigente codice civile del 1942; cosicché
l'elemento sociale rimane connaturato nel concetto stesso di
proprietà, come suo immancabile gene.
Ciò
che viene riconosciuta e garantita è la proprietà di ogni bene, sia
immobile sia mobile, e quindi non può ritenersi inclusa nella norma
costituzionale anche la proprietà degli strumenti o mezzi di
produzione. Inoltre una interpretazione di quella norma che voglia
essere non solo completa, ma soprattutto efficace ed utile, non può
prescindere dal prendere in considerazione i princìpi fondamentali
del diritto sociale. Vale a dire di quella parte dell'ordinamento
giuridico che ravvisa nella norma lo scopo di fornire non solo una
tutela giuridica ma anche, e soprattutto, il contenute economico del
diritto. Ecco, dunque, perché nella previsione della norma
costituzionale in esame deve essere ricompresa, tra i beni alla cui
proprietà è assicurato l'accesso a tutti i cittadini, anche la
moneta all'atto della sua emissione, nel senso che invece di essere a
loro addebitata (come avviene attualmente), essa sia invece loro
accreditata, così che sia possibile dare ad ogni cittadino, invece
dei beni reali, il denaro per comprarli a titolo di reddito di
cittadinanza.
In
ciò consiste il principio della proprietà popolare della moneta,
come conseguenza di quella geniale intuizione di Giacinto Auriti e
sulla teoria di "valore indotto", che ha dimostrato come la
moneta sia una fattispecie giuridica, perché, come ogni unità di
misura, è causata dalla convenzione: la moneta è sì "misura
del valore" (come il metro è la misura della lunghezza), ma è
anche "valore della misura", che è appunto il suo valore
indotto, cioè il suo "potere d'acquisto". Il valore
indotto è un puro valore giuridico, afferma Auriti, e la moneta,
quindi, come "contenitore del valore della misura deve
considerarsi un bene reale oggetto di scambio. "Nella moneta -
ha scritto il nostro giurista guardiese - si verifica un fenomeno
analogo a quello dell'induzione fisica. Come nella dinamo l'energia
meccanica causa energia elettrica, così nella moneta la convenzione
causa il valore indotto del simbolo. Pertanto la moneta è un bene
collettivo, in quanto creato dalla convenzione sociale, ma di
proprietà privata individuale perché attribuita al portatore del
simbolo, in virtù dell'induzione giuridica".
Pertanto
il riconoscimento della proprietà popolare della moneta, secondo i
princìpi enunciati da Auriti, costituisce doveroso adempimento del
dettato costituzionale. Da tutto ciò nasce l'idea del "Simec"
(acronimo che sta per simbolo econometrico del valore indotto
n.d.t.), di questa moneta locale, destinata a circolare
parallelamente a quella legale. Si tratta di un esperimento "in
corpore vili", che, peraltro, è stato già con successo
realizzato in molte città nord-americane, dove la "local money"
circola liberamente insieme con il dollaro (in Italia è stata
avviata con successo la circolazione dei "Simec" a
Guardiagrele in Abruzzo, l'esperimento sarà esteso a Crotone (con
molta probabilità anche a Soveria Mannelli in provincia di
Catanzaro, n.d.t.) e in altri centri del nord Italia).
Il
"Simec", come moneta convenzionale, è perfettamente
compatibile con la moneta legale, dalla quale esso è formalmente e
giuridicamente diverso. Non ritengo neanche che la circolazione del
"Simec" possa essere penalmente illecita, perché il
vigente codice penale, nel Capo 1 del Titolo VII, prevede solo reati
che attengono alla contraffazione ed alle alterazioni di monete
nazionali o straniere e delle carte di pubblico credito, ed alla loro
introduzione nel territorio nazionale, detenzione e spendita; né mi
risulta che esistano altre forme penali speciali che prevedano fatti
di così straordinaria novità. Né, infine, la circolazione di una
moneta locale può essere minimamente sussumibile nelle previsioni
penali del Capo 1 del Titolo VIII del codice penale, che riguardano
delitto contro l'economia pubblica.
*
già
Procuratore Generale presso la Corte d’Appello dell'Aquila
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