IL COMMENTO
NON TUTTE LE SPESE
SONO INUTILI
Genova. Farmacon in greco voleva dire sia veleno che medicina. Il concetto deve essere entrato in finanza: mentre i guai di oggi vengono dai mutui subprime di ieri (troppi soldi, troppo a buon mercato, per troppo tempo) la Fed americana ha appena deciso di tenere basso il costo del denaro per altri due anni. E di farlo sapere già da adesso. Non è una gran strategia, ma non ce ne sono altre: rating o non rating, il pieno di debiti è già stato fatto. Dopo tutto, gli Usa possono stampare moneta fin che vogliono, e tanto peggio per i creditori: questo Bernanke non l’ha detto, ma lo disse il ministro del tesoro di Kennedy, Connally: “Il dollaro è la nostra moneta ed il vostro problema”. Si chiama “diritto di signoraggio” e dice tutto: speriamo solo che il cavallo ora beva. In questa situazione anche la faccenda delle tre A perde significato: tutti hanno continuano a comperare i titoli Usa, tant’è vero che i rendimenti sono scesi.
Curioso: da noi i debiti dello Stato hanno messo nei guai i privati; in Usa i debiti dei privati hanno messo nei guai lo Stato. Forse è in Usa che qualcuno dovrebbe chiedere più Stato. Né qua, né la, comunque, la pubblica opinione ha aiutato: da noi plaudendo alle spese ma chiedendo meno tasse, in Usa suggerendo “Salvate la gente, non le banche” con cartelli a Wall Street. Quando Bush ha seguito il consiglio (caso Lehman) è stato il disastro. Naturalmente anche l’opposto non sempre funziona: altrimenti non ci sarebbero tante recessioni e tanti premi Nobel in economia. Quando Hoover puntò al pareggio del bilancio la recessione del ’28 divenne la depressione del ’29. Nella disperazione ci si aggrappò alle idee di Keynes: per rilanciare l’economia, se i privati non investono, deve provvedere lo Stato. E i soldi? A prestito: era nato il “deficit spending”. Con esso Roosevelt salvò l’America e l’economia del mondo; e quando nel ’37 riportò in pareggio il bilancio ci fu il “double dip”, la doppia ricaduta, da cui ci tirò fuori Hitlercon la guerra: perché i soldi per le guerre si trovano, per l’economia si discute. Oggi non abbiamo un Hitler sottomano: ed allora sarà utile riflettere. Che il problema non sia solo “spendere o non spendere”, ma come spendere? Dopo tutto il Giappone ha un debito sul Pil doppio del nostro e nessuno ne parla: ma là i soldi li hanno spesi per investimenti, noi in pensioni baby. Per inciso, questo è da tempo il nostro problema: i soldi per le cose utili li mettiamo nelle cose inutili. È il risultato del muro contro muro: vabbè, una volta c’era la guerra fredda, ma oggi? Non si potrebbe provare a ragionare, magari prendendo in considerazione le proposte di tutti: vel, vel invece di aut, aut?
Purtroppo, quando il pensiero è di massa (mi si passi l’espressione) si va a sbandate: chi si è bruciato con l’acqua calda teme la fredda. E il pendolo è il simbolo della democrazia: visto che abbiamola speso troppo per cose inutili, mettiamo un freno (anche) a quelle utili. Di qui l’idea di inserire l’obbligo del pareggio di bilancio nella Costituzione. È meglio che niente, qualche Paese ce l’ha o pensa di inserirlo (altri hanno qualcosa di simile: vedi i guai di Obama) e certamente sarebbe stato bene averlo avuto in passato. Ma a volte penso: non è un po’ come buttar via Keynes con l’acqua sporca? Non si può fare di meglio? Magari trasformando la proposta di cui sopra nell’obbligo di ridurre di 4 punti percentuali le spese correnti (sono di gran lunga la componente più grossa del bilancio dello Stato) per ogni punto percentuale di deficit/ Pil oltre il pareggio. Ammetto di essere perplesso: sembra così semplice. E magari non è neanche sbagliato.
P.S. Per favore: prima di bocciare l’idea, vedete se è possibile renderla praticabile, anche trasformandola molto. Come dicevo: vel, vel.
Sergio Magliola
(ex amministratore delegato Finsider)
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