L'ANTICRISTO DI CAPODANNO |
Scritto da Gianluca Freda |
Domenica 01 Gennaio 2012 18:47 |
Leggendo i quotidiani in questa prima giornata dell’anno della fine del mondo (se a fine 2012 scopriremo che i Maya avevano esagerato in pessimismo coi loro vaticini, bisogna però dargli atto fin da ora che ci si erano avvicinati parecchio) mi imbatto in notizie buone e cattive. Prima le cattive I morti e i feriti da botti di capodanno sono drasticamente diminuiti a causa dei divieti di sparacchio celebrativo imposti in numerose città italiane. Questo è un vero peccato. L’ecatombe pirotecnica di imbecilli annualmente generata dal gioioso abuso di botte a muro, raudi fischioni e siluri di Maradona era per me un ritemprante appuntamento con l’eroica resistenza della selezione naturale, improvvidamente abrogata dalle politiche sociali e sanitarie. Era un’occorrenza gaudiosa, la lieta novella del drastico assottigliarsi della schiera nazionale di mentecatti terminali, che periodicamente mi riconciliava col mondo, mi permetteva d’iniziare il nuovo anno in bellezza e di digerire il cenone di San Silvestro tra frizzanti flatulenze. Quest’anno, purtroppo, pare che i deficienti morti schiattati siano soltanto due. Uno a Roma, che ha fatto saltare in aria l’intero appartamento nella comprensibile foga di festeggiare le rutilanti prospettive politiche ed economiche che il nuovo anno porta al nostro paese. Si può perlomeno consolarsi pensando che, se il numero di coglioni che accedono alle praterie di Manitù per autodeflagrazione si è tristemente ridotto, la loro qualità va però crescendo costantemente. Un altro è defunto a Casandrino, in provincia di Napoli, raggiunto da un proiettile vagante mentre, in piena notte, modulava una sinfonia per mefisti e tricchetracche bighellonando per le strade della camorra. Unica nota positiva: i mutilati e gli straziati nella carne restano pur sempre un numero cospicuo, nell’ordine delle centinaia. Fra essi – come c’informa “Repubblica, con la lacrima al ciglio – vi sono anche “76 bimbi”, cioè 76 figli, nipoti e bisnipoti di cerebrolesi, probabili cerebrolesi futuri, che dovranno trascorrere l’eventuale tempo che gli resta da vivere con una dotazione di mignoli, pollici, arti ed organi di varia natura inferiore al limite di legge. Ciò è un bene. La privazione, anche anatomica, del pollice opponibile contribuirà a renderli più facilmente riconoscibili. Veniamo alle buone notizie, che quest’anno sono veramente clamorose. Viktor Orbán, il promettente premier ungherese al quale, qualche tempo fa, avevo già dedicato un post di entusiastica ammirazione, ha deciso stavolta di superare se stesso. Dopo aver buttato fuori a calci il FMI dal proprio paese, dopo aver tagliato gli emolumenti dei dipendenti pubblici, a partire dai banchieri, dopo aver ridotto di 9 punti la tassazione per le aziende, dopo aver vietato i mutui in valuta straniera che facevano concorrenza a quelli in valuta nazionale, sentite un po’ cos’altro ha fatto questo folle. Sfruttando la maggioranza schiacciante in Parlamento conquistata dal suo partito (Fidesz) nelle ultime elezioni, e fregandosene del ricatto di FMI ed UE, che adesso minacciano di bloccare i prestiti al suo paese e di trascinarlo alla Corte Europea di Giustizia, Orbán ha imposto – trema la penna nello scriverlo – la quasi-nazionalizzazione, di fatto, della Banca Centrale Ungherese. Le nuove leggi varate dal Parlamento hanno tolto al presidente della banca centrale, Andras Simor, il diritto di nominare i suoi vice; hanno aumentato da sette a nove membri i componenti del Consiglio Monetario (che decide, tra l’altro, l’entità dei tassi d’interesse) attribuendo maggior peso ai membri di nomina governativa, passati da due a tre; hanno creato un’apposita posizione per un terzo vicepresidente (anch’esso di nomina governativa). Inoltre, grazie alla maggioranza dei due terzi (assai abbondanti) che può vantare in Parlamento, Orban ha varato una serie di riforme costituzionali (ben sette, finora) l’ultima delle quali prevede la fusione della banca centrale con l’autorità di vigilanza sui mercati finanziari, il che implica la possibilità di scavalcare il governatore della banca centrale nelle decisioni più rilevanti. Inutile dire che Standard & Poor’s e Moody’s si sono affrettati ad abbassare il rating ungherese a livelli da quarto mondo, come sempre si fa con i recalcitranti che si vuole ricondurre all’obbedienza, strillazzando la solfa consueta, secondo la quale tali misure “restringono le prospettive di crescita economica del paese”. E’ noto che solo lo strozzinaggio di FMI e BCE è in grado di garantire una crescita economica degna di questo nome, come Italia e Grecia sono lì a dimostrare. Orbán non si è lasciato intimidire. “E’ una moda europea quella di tenere le banche centrali in una posizione di sacra indipendenza”, ha dichiarato alla stampa. “Nessuno può interferire con l’attività legislativa ungherese, nessuno al mondo può dire ai rappresentanti eletti dal popolo ungherese quali leggi approvare e quali no”. Poffarbacco. Non crederà mica, questo demente, di dar vita ad una nazione sovrana e monetariamente autonoma in un continente di sguatteri degli Stati Uniti? Non crederà mica sul serio che “democrazia” significhi rispettare la volontà degli elettori andando contro i diktat della BCE? Perché non obbedisce e se ne sta buono, come fanno tutti, a partire dal nostro farfugliante e reverente inquilino quirinalizio? Pare che invece Orbán a queste fole creda davvero. Le misure di semi-nazionalizzazione della banca centrale sono solo la punta dell’iceberg. Qui le buone notizie si fanno gustose davvero. Il parlamento ungherese, per reagire alle misure punitive europee e al fallimento dell’asta dei titoli di stato tenutasi nei giorni scorsi, ha nazionalizzato 10 miliardi di euro di fondi pensione privati. Ha imposto alle banche di ripagare, con proprio capitale, parte dei debiti contratti in valuta estera, a partire dai mutui. Ha spodestato il capo della Corte Suprema, Andras Baka, sostituendolo con giudici di sua nomina. Tunde Hando, moglie di uno dei parlamentari di Fidesz, ha ricevuto piena facoltà di nominare i nuovi magistrati, compresi quelli che andranno a rimpiazzare le dozzine di pensionamenti che si avranno da quest’anno grazie all’abbassamento dell’età pensionabile dei giudici, varata dalla stessa maggioranza parlamentare. Ha sostituito il Consiglio Fiscale “indipendente” (cioè obbediente alle imposizioni dissanguatici dell’UE) con un organismo dominato dai membri e dagli alleati del partito di maggioranza. Anche a capo dell’organismo di revisione della contabilità di stato (il “Consiglio di Bilancio”, assimilabile alla nostra Corte dei Conti) è stato posto un esponente di Fidesz, di nomina parlamentare. Ma la parte migliore sono le leggi in favore della cultura nazionale, con cui si sta cercando di sottrarre l’informazione pubblica alla schiavitù del melmoso sistema di lavaggio del cervello filostatunitense che impesta da decenni il nostro rivoltante panorama mediatico. E’ stato imposto un tetto massimo del 20% alle notizie di cronaca nera nei telegiornali, ponendo finalmente un limite al dilagare di sarescazzi, roseolindi e annemariefranzoni che rincitrulliscono e terrorizzano i telespettatori, costringendoli a temere il nulla e a disinteressarsi delle notizie di politica e finanza, cioè di ciò che più ardentemente dovrebbero temere. E’ stato imposto ai giornalisti investigativi l’obbligo di rivelare le proprie fonti, arginando la mareggiata di diffamazioni e calunnie senza fondamento di cui i nostri mezzi di disinformazione – con in testa la sempre sculettante “Repubblica” – si sono serviti per distruggere reputazioni e far cadere governi in ossequio alle direttive americane. I giornalisti ungheresi, poveretti, sono già da 20 giorni in sciopero della fame contro queste leggi “liberticide” che pongono restrizioni intollerabili alla loro inalienabile libertà di essere dei cialtroni bugiardi e venduti ai nemici del proprio paese. Mentre mi rimpinzavo di zampone e lenticchie, li ho immaginati, con delizia, assisi nel gelo della notte di Budapest, con i loro merdosi striscioni e cartelli inneggianti alla “democrazia” e alla “libertà d’espressione”. In un momento di estasi, ho fantasticato di divertenti spettacoli pirotecnici organizzati in loro onore dalla forza pubblica ungherese, con petardi e bengala arricchiti di abbondanti percentuali di piombo. Era solo un sogno, purtroppo, ma è bello sapere che esistono ancora luoghi, nel mondo, in cui i sogni, in un futuro nemmeno tanto remoto, potrebbero tornare ad essere realtà. Nel preambolo della Nuova Costituzione varata dal parlamento è stato reintrodotto il riferimento alle radici cristiane del paese, ai territori perduti nel corso della Prima Guerra Mondiale ed annessi ad Austria, Romania e Repubblica Slovacca, nonché un accenno alla “Sacra Corona di re Stefano”, utilizzata per incoronare i sovrani ungheresi dal XIII secolo in avanti. E’ stato anche stabilito che la TV ungherese dovrà trasmettere una percentuale minima del 40% di musica ungherese sul totale di musica trasmessa, il che male non fa. Ah, dimenticavo: i gay non possono sposarsi e l’unico matrimonio riconosciuto come tale è quello eterosessuale. Mi dispiace, amici gay d’Ungheria. Ho la morte nel cuore. Niente zagare e confetti per voi quest’anno, che tristezza. Ma potete sempre orchestrare uno di quei vostri caravanserragli, portando in parata drag queen e mostriciattoli da circo per esprimere, democraticamente, il vostro più vibrante dissenso. Vibrate, vibrate, che un po’ di petardi e mortaretti si trovano anche per voi. Infine, orrore degli orrori: i deputati dell’opposizione, che la settimana scorsa manifestavano inermi e frementi di venerabile sdegno contro le “leggi liberticide” del governo, sono stati arrestati dalla polizia, compreso l’ex primo ministro Ferenc Gyurcsány. Immagino si sia trattato di un provvedimento che il governo Orbán ha varato a favore del turismo. Molti cittadini delle ex nazioni europee sborserebbero alle agenzie di viaggio cifre considerevoli per assistere all’arresto e alla manganellazione costumata dei traditori della patria di un qualunque parlamento continentale. Se lo spettacolo dovesse continuare, mi prendo un weekend libero e prenoto il primo torpedone in partenza per Budapest. Magari prima sentiamoci, se prenotiamo per comitive spendiamo meno. Speriamo ci siano anche delle cartoline con le fasi salienti del pestaggio da inviare agli amici. In poche parole, il governo di Orbán ha fatto tutto ciò che Berlusconi, con la sua maggioranza, avrebbe potuto fare in Italia se solo non fosse stato l’incompetente, corrotto, semianalfabeta, pusillanime e venduto piazzista di casseruole che noi tutti amiamo. La cosa più divertente è stata la lettura delle prevedibili reazioni degli zampognari dell’editoria nostrana a questa sacrilega ribellione magiara al credo ideologico costituito. Da “Repubblica” al “Corriere” è tutto un coro dolente di anatemi, di atti di dolore, di dàlli al fascista, di querimonie d’onta e vituperio. Prendo a modello esemplificativo l’articolo su “Repubblica” di tale Andrea Tarquini, talentuoso scribacchino eziomaurico, di stirpe ed opere a me ignote. Dopo aver esordito con una probabile storpiatura delle dichiarazioni di Orbán (il premier ungherese avrebbe detto “se qualcuno tenterà di deviare la nostra traiettoria, lo allontaneremo educatamente”, citazione che non ho trovato attestata da altre fonti), il tarquino ci ricorda che il premier ungherese è “un ammiratore di Putin, Lukashenko e Berlusconi”, il che immagino sia ai suoi occhi di adepto scalfarico un crimine contronatura assimilabile allo stupro di un’armadilla disabile, punibile con l’iniezione letale senza ultima sigaretta. L’eziomaurico c’informa poi che i provvedimenti legislativi di un parlamento ungherese eletto a schiacciante maggioranza popolare rappresentano “uno schiaffo” a Barroso e “al Segretario di Stato USA Hillary Clinton”. Passi Barroso, che con quella faccia da salumaio che si ritrova i ceffoni se li tira. Ma quel mostro di Orbán ha osato alzare le sue sordide mani su una donna! Vi rendete conto? E quella donna è Hillary, la dolce Hillary, la venerea fanciulla che sghignazzava “We came, we saw, he died” di fronte al cadavere di Gheddafi ancora sanguinante. E lui l’ha presa a schiaffi! Come potremo mai ringraziarlo a sufficienza, campassimo pure cent’anni? Da notare alcuni forbiti accorgimenti stilistici, miranti ad accrescere l’indignazione del lettore contro la setta anticristica: il parlamento magiaro non è composto a maggioranza dal partito di Orbán, ma è “dominato dal suo partito”. Quest’uomo è un dominatore, un Hitler, un Gengis Khan, come del resto lo sono tutti i capi di stato democraticamente eletti le cui decisioni non si sposano con gli interessi degli Stati Uniti e dei loro lavapiatti. La lagna della prefica repubblicana prosegue poi con la litania sulle “leggi liberticide”, cioè la nazionalizzazione della banca centrale e le “leggi che privilegiano i cristiani”, laddove, se a questo mondo esistesse ancora un po’ d’educazione, dovrebbero privilegiare i gay e i devoti del Liberismo Libico a Grappolo. A un certo punto il tarquino sclera di brutto, forse impietrito dall’esecrando spettacolo dei poveri giornalisti costretti al digiuno protestatario sansilvestrino, al freddo e al gelo, e con sprezzo della misura definisce l’Ungheria “un paese mitteleuropeo magnifico e vitale [bontà sua] ma [MA!] sulla via di una dittatura dal crescente fetore di fascismo”. Un fetore che noi italiani, grazie a “Repubblica”, non conosceremo mai. Al massimo annuseremo quello del pesce incartato, restando troppo a lungo esposti ai suoi editoriali, ma per quello è sufficiente lavarsi le mani. Segue poi la citazione di alcuni salmi di Hillary Clinton (“Siamo preoccupati per la democrazia in Ungheria”, ahi ahi ahi, bombe a grappolo in arrivo) e il fremito d’orrore dinanzi all’ennesima efferatezza di Orbán, la terribile ridenominazione della “Repubblica Ungherese” in semplice “Ungheria”. Quale entità demoniaca ha potuto perpetrare quest’estremo oltraggio al giornale con cui il marcopasquico procura il pane ai suoi macilenti rampolli? La pianto qui con l’analisi del delirio giornalistico di questo poveraccio, ma faccio notare, in chiusura, un’inesattezza del testo che mi ha umanamente ferito. Il linciatore di libici scrive, a un certo punto, che i miserandi giornalisti magiari in sciopero della fame sono stati “vergognosamente ignorati dal resto d’Europa”. Beh, questo non è vero. Col senso civico che da sempre mi contraddistingue, io ero perfettamente a conoscenza delle traversìe e dello strazio che hanno colpito i colleghi ungheresi di Andrea Tarquini e ne ho goduto soverchiamente. Sapendoli vittime del crudele regime, ieri sera mi sono abbuffato, alla faccia loro, di spumante e capriolo con polenta. Dedico a loro e ai giornalisti di “Repubblica” il mio BURP! di commossa solidarietà. P.S.: Se l’articolo di Tarquini vi ha divertito, non perdetevi quello del “Corriere”, redatto da un non altrimenti noto Giorgio Pressburger (si tratta probabilmente di una figura professionale reperita dai talent scout del quotidiano milanese tra i cassintegrati di McDonald’s). Mai letta una roba del genere, giuro, mai letta. Roba da far riaprire i manicomi entro 24 ore per decreto d’urgenza. L’ardita tesi del Cheeseburger è che Dante (Dante!) avrebbe avuto parole di severa condanna contro l’atteggiamento antieuropeo del premier ungherese. O si tratta di un oscuro “avvertimento in codice” contro Orbán (Dante, sostiene Paolo Franceschetti, era un Rosacroce e di “punizioni” ai traditori della fratellanza se ne intendeva) oppure siamo di fronte ad una mutazione del pur pessimo giornalismo in forme patologiche che hanno ormai più attinenza con la cura dei disturbi neurobiologici che con la satira politica. Un assaggio: “Nel corso della Seconda Guerra Mondiale il Paese (cioè i suoi governanti di allora) si è alleato, al pari dell’Italia, con i nazisti della Germania. Quello non è stato un atto d’onore. Ma l’Ungheria si era infestata di orrendi razzisti, di veri sanguinari assassini. Questi però non rappresentavano gli ungheresi [ah no?, NdR]. Il popolo ungherese come quello italiano non è razzista, se questi sentimenti non vengono inculcati con i mezzi più subdoli e purtroppo efficaci […e se non lo sanno al Corriere!, NdR], studiati scientificamente [Azz!, NdR] da gruppi politici. L’uomo è un essere sociale, non rifiuta lo straniero, lo sconosciuto. Perché a tutti i costi vogliono invece insegnargli l’odio e la violenza? [Pecché?? Pecché??!!, NdR] Oggi in Ungheria, come in Italia, hanno in qualche modo ridestato queste ombre, questi zombie. Cosa direbbe Dante di fronte a questo? “Va! Ammazza quei fetidi Rom! Elimina dal mondo gli ebrei!”? Griderebbe così? Credo, sono certo che nessuno osi pensare questo”. Cosa direbbe Dante? Immagino: “La grave idropesí, che sí dispaia / le membra con l’omor che mal converte, / che ‘l viso non risponde a la ventraia, / faceva lui tener le labbra aperte” (Inferno, Canto XXX). |
L'Ungheria manda a quel paese la Bce e si dà una nuova Costituzione
Matteo Tacconi
1 gennaio 2012
Ultimo Paese ad abbandonare la carta comunista, da oggi l’Ungheria vanta una nuova Costituzione. Due i punti critici: i poteri sugli ungheresi che vivono all’estero, e il ridimensionamento della Corte Suprema, che non avrà competenze su bilancio e tasse. La crisi qui ha colpito duro e il governo ha limitato i margini di manovra della Banca centrale europea, attirandosi ulteriori critiche dall’Ue. La risposta del primo ministro
Orban è stata perentoria: «Non c’è nessuno al mondo che possa dire ai deputati eletti dal popolo ungherese quali leggi possono o non possono votare».
Il premier ungherese Viktor Orban, leader dei conservatori magiari
Oggi entra in vigore la nuova Costituzione ungherese. Budapest, unica capitale dell’ex oltre cortina a non averlo ancora fatto, sostituisce così la vecchia carta comunista, comunque emendata ripetutamente dall’89.
Fin qui nessun problema. Il passo era dovuto. Qualche legittima preoccupazione emerge, invece, se si va a guardare il contenuto della Costituzione, voluta ossessivamente dal primo ministro conservatore Viktor
Orban, il cui partito (Fidesz), grazie alla scorpacciata elettorale dell’aprile 2010, vanta 206 seggi in Parlamento, a fronte dei 265 totali.
C’è chi l’ha definita una Costituzione ultra-conservatrice, chi parla di impostazione clerico-fascista, chi sostiene che è persino più illiberale di quella vergata nel 1949 dai comunisti. Queste letture, forse, sono
esagerate e viziate da eccessi ideologici o scarsa conoscenza del contesto ungherese. Resta il fatto che la Costituzione, criticata da Ue e Commissione di Venezia, presenta passaggi delicati. Al di là dei richiami
insistenti ai valori cattolici e dell’ungheresità (mitigati da riferimenti alle altre fedi e agli altri gruppi etnici nazionali, anche se in modo non del tutto sufficiente), i punti che più fanno discutere riguardano gli ungheresi
all’estero e i poteri della Corte suprema.
Sul primo, si afferma che “l’Ungheria è responsabile del destino degli ungheresi che vivono oltre i suoi confini”. Tale disposizione si ricollega allo smembramento della “Grande Ungheria”, avvenuto con il Trattato di Trianon (1920) al termine della Prima guerra mondiale. Il paese perse il 72% del proprio territorio e il 64%
della sua popolazione. Milioni di magiari si ritrovarono a vivere in regioni assegnate alla Romania, alla Jugoslavia e alla Cecoslovacchia. Trianon è considerata a tutt’oggi un’onta nazionale e suscita, in alcuni
segmenti della società politica e civile, sentimenti impregnati di nostalgia.
Il problema, adesso, è che, come rimarcato dalla Commissione di Venezia, il riferimento alla sorte degli ungheresi all’estero rischia di essere percepito come un’ingerenza e di generare incomprensioni con Serbia e
soprattutto Slovacchia e Romania, dove risiedono rispettivamente 520mila e 1,5 milioni di magiari e affiorano periodicamente tensioni legate allo status della minoranza magiara e alle istanze da essa sollevate in campo
culturale e linguistico (non tutti i diritti, c’è da dire, le sono riconosciuti).
Quanto alla Corte suprema, la nuova magna charta ne riduce l’autonomia, privandola, in sostanza, della competenza sulle leggi che riguardano bilancio e tasse. Insieme a questo c’è da tenere conto che le nuove regole ne aumentano il numero dei membri e danno quindi modo alla Fidesz di controllarla, tramite nomine politiche.
Tutto questo rientra nell’approccio complessivo dell’esecutivo: cannibalizzazione delle cariche pubbliche, rilancio deciso dell’ungheresità, populismo e unilateralismo decisionale. Di quest’ultimo la gestazione e l’approvazione della Costituzione, avvenuta in tempi rapidissimi, senza consultare l’opposizione socialista e senza approfondite discussioni pubbliche, ne sono una prova. La foga dei governanti, che secondo diversi analisti hanno abusato dell’ampio consenso ottenuto nel 2010, sentendosi legittimati a fare e disfare a proprio piacimento, s’è manifestata anche sulla nuova legge su sistema dei media, in alcune parti discutibile (supervisione governativa e multe), approvata all’inizio della presidenza semestrale ungherese dell’Ue, nel gennaio scorso.
Anche i provvedimenti economici hanno alimentato perplessità. L’Ungheria è stato uno dei paesi Ue più colpiti dalla crisi. Lo stato di salute dell’economia, specie a causa del debito pubblico lasciato in eredità dal “socialismo del goulash” promosso da Janos Kadar negli anni ’70 e ’80 (consenso al regime in cambio di
benefici economici individuali), è pessimo. Nel 2008 Budapest ha ricevuto un prestito ingente dal Fondo monetario internazionale, ma i negoziati sul rinnovo, una volta che Orban è salito al potere, sono saltati. Il primo ministro ha rifiutato i sacrifici imposti dall’Fmi e puntato su scelte poco ortodosse, rispetto ai criteri che ispirano le istituzioni finanziarie.
Le misure più controverse sono state la ristatalizzazione dei fondi pensione e le maxitasse imposte ai grandi gruppi stranieri attivi in settori chiave quali distribuzione alimentare, telecomunicazioni e credito (questi gruppi hanno presentato ricorso in sede comunitaria). Infine, il governo ha limitato i margini di manovra della Banca centrale europea, attirandosi ulteriori e copiose critiche dall’Ue, che chiede a Orban di ripensarci. La risposta è stata perentoria: «Non c’è nessuno al mondo che possa dire ai deputati eletti dal popolo ungherese quali leggi possono o non possono votare», ha tagliato corto il primo ministro.
Come andrà a finire? La politica economica della Fidesz non ha dato i frutti sperati e il governo ha cercato, discretamente, di riattivare i negoziati con l’Fmi. Ma quest’ultimo pretende l’adeguamento ai suoi parametri, cosa che farebbe cadere la linea seguita da Orban, sempre più nervoso e senza più consenso popolare. A Budapest, intanto, la gente scende in piazza e protesta vivacemente. Affermare che Orban voglia fare il Putin e che cerchi di instaurare una “democratura” è troppo, forse. Di certo è che è il suo progetto, già fallito, costerà molto al paese.
Pubblicato su Linkiesta.it (http://www.linkiesta.it) - PDF generato Lunedì, 2 gennaio 2012 - 12:42
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News: L'Ungheria distrugge le coltivazioni Ogm
sab 06 ago 2011, 00:22
di Federico Cenci
Soltanto negli ultimi giorni il Ministero dell’agricoltura ungherese ha confermato queste due notizie filtrate dai media recentemente, destando clamore per la portata rivoluzionaria rispetto ad una prassi per cui gli Stati usano inchinarsi agli interessi delle aziende multinazionali. Purtroppo il danno causato da Monsanto e Pioneer è stato scovato troppo tardi, così che l’intervento risolutore - accompagnato da un’aratura del grano di modo da scongiurare la contaminazione nei confronti di altre colture confinanti - ha generato una controindicazione. Infatti, con la stagione di crescita già in atto, è troppo tardi per seminare di nuovo; ciò equivale ad una perdita totale del raccolto di quest’anno, con annessi contraccolpi economici su scala nazionale.
Dunque, si tratta di misure drastiche e non senza ripercussioni, ma assolutamente necessarie, dato che eviteranno il protrarsi di questioni che, a lungo andare, rischiano seriamente di minare l’esistenza delle piccole imprese agricole locali e la salute dei consumatori. Del resto Endre Kardeván, responsabile della catena di sicurezza alimentare presso il Ministero dell’Agricoltura, ha assicurato che lo Stato si farà carico di ricompensare gli agricoltori per le loro perdite.
Ovviamente, la guerra dichiarata dall’Ungheria agli Ogm non ha lasciato indifferenti le aziende produttrici, le quali hanno reagito piccate a questo ennesimo atto di forza sovrano da parte del governo del giovane Viktor Orbán. La Monsanto ha contestato la scelta ungherese di distruggere le coltivazioni e, prima che ciò avvenisse, ha fatto appello alla Corte Municipale di Budapest affinché la risoluzione venisse sospesa. Ma l’appello è stato rifiutato e le coltivazioni contaminate sono potute essere distrutte.
La stessa multinazionale ha poi affermato, attraverso una nota, che i semi che esporta in Ungheria – conformemente alla legislazione ungherese che ne vieta la circolazione - non sono Ogm. Tuttavia, il segretario di Stato ungherese Lajos Bognár non è di questo avviso ed ha smentito, dati alla mano, la Monsanto: egli afferma che le misure sono state adottate sulla base di un campione risultato positivo agli Ogm dopo un’analisi dell’Ufficio dell’agricoltura ungherese.
Già dal 1998, due anni dopo l’apparizione delle prime coltivazioni Ogm negli Stati Uniti, approfonditi studi evidenziarono l’impatto dannoso delle stesse sull’ambiente e sulla salute dei consumatori. Tuttavia, grazie al supporto mediatico di cui le potenti multinazionali produttrici di Ogm possono godere, è alquanto diffusa una mitologia secondo la quale l’utilizzo di semi transgenici sia una sorta di rimedio miracoloso ai problemi più incalzanti dell’agricoltura: l’adattamento delle colture, i cambiamenti climatici e la fame nel mondo.
Tutto falso, prontamente smentito da fatti che parlano d’altro, ossia di produzioni industriali appannaggio di multinazionali e nocive dal punto di vista sanitario. La recente decisione del governo ungherese - protesa alla salvaguardia della salute del popolo - dimostra come l’ambizione alla sovranità da parte di uno Stato racchiuda la forza di tacere le ingannevoli odi intonate dai cantori della mitologia multinazionale.
Fonte:
Questa news proviene da ALTRO GIORNALE
( http://www.altrogiornale.org/news.php?extend.7122 )
sab 06 ago 2011, 00:22
di Federico Cenci
Nelle settimane scorse un paio di notizie provenienti dall’Ungheria hanno fatto tremare i polsi alle multinazionali degli Ogm. La prima annuncia l’inizio dei serrati controlli da parte delle autorità in seguito all'approvazione di una normativa stringente che impone alle aziende esportatrici di certificare i propri prodotti come “ Ogm-free”. Ovvero, che impone di esportare sul suolo ungherese solo prodotti non transgenici.
La seconda, figlia del medesimo proposito di salvaguardia dell’agricoltura sana, attiene ai circa 1.000 ettari di mais contaminati, commercializzati illegalmente da Monsanto e Pioneer, aziende multinazionali leader nel settore, distrutti per volontà del governo nelle fertili regioni al centro e a sud-ovest del paese magiaro.
Soltanto negli ultimi giorni il Ministero dell’agricoltura ungherese ha confermato queste due notizie filtrate dai media recentemente, destando clamore per la portata rivoluzionaria rispetto ad una prassi per cui gli Stati usano inchinarsi agli interessi delle aziende multinazionali. Purtroppo il danno causato da Monsanto e Pioneer è stato scovato troppo tardi, così che l’intervento risolutore - accompagnato da un’aratura del grano di modo da scongiurare la contaminazione nei confronti di altre colture confinanti - ha generato una controindicazione. Infatti, con la stagione di crescita già in atto, è troppo tardi per seminare di nuovo; ciò equivale ad una perdita totale del raccolto di quest’anno, con annessi contraccolpi economici su scala nazionale.
Dunque, si tratta di misure drastiche e non senza ripercussioni, ma assolutamente necessarie, dato che eviteranno il protrarsi di questioni che, a lungo andare, rischiano seriamente di minare l’esistenza delle piccole imprese agricole locali e la salute dei consumatori. Del resto Endre Kardeván, responsabile della catena di sicurezza alimentare presso il Ministero dell’Agricoltura, ha assicurato che lo Stato si farà carico di ricompensare gli agricoltori per le loro perdite.
Ovviamente, la guerra dichiarata dall’Ungheria agli Ogm non ha lasciato indifferenti le aziende produttrici, le quali hanno reagito piccate a questo ennesimo atto di forza sovrano da parte del governo del giovane Viktor Orbán. La Monsanto ha contestato la scelta ungherese di distruggere le coltivazioni e, prima che ciò avvenisse, ha fatto appello alla Corte Municipale di Budapest affinché la risoluzione venisse sospesa. Ma l’appello è stato rifiutato e le coltivazioni contaminate sono potute essere distrutte.
La stessa multinazionale ha poi affermato, attraverso una nota, che i semi che esporta in Ungheria – conformemente alla legislazione ungherese che ne vieta la circolazione - non sono Ogm. Tuttavia, il segretario di Stato ungherese Lajos Bognár non è di questo avviso ed ha smentito, dati alla mano, la Monsanto: egli afferma che le misure sono state adottate sulla base di un campione risultato positivo agli Ogm dopo un’analisi dell’Ufficio dell’agricoltura ungherese.
Già dal 1998, due anni dopo l’apparizione delle prime coltivazioni Ogm negli Stati Uniti, approfonditi studi evidenziarono l’impatto dannoso delle stesse sull’ambiente e sulla salute dei consumatori. Tuttavia, grazie al supporto mediatico di cui le potenti multinazionali produttrici di Ogm possono godere, è alquanto diffusa una mitologia secondo la quale l’utilizzo di semi transgenici sia una sorta di rimedio miracoloso ai problemi più incalzanti dell’agricoltura: l’adattamento delle colture, i cambiamenti climatici e la fame nel mondo.
Tutto falso, prontamente smentito da fatti che parlano d’altro, ossia di produzioni industriali appannaggio di multinazionali e nocive dal punto di vista sanitario. La recente decisione del governo ungherese - protesa alla salvaguardia della salute del popolo - dimostra come l’ambizione alla sovranità da parte di uno Stato racchiuda la forza di tacere le ingannevoli odi intonate dai cantori della mitologia multinazionale.
Fonte:
Questa news proviene da ALTRO GIORNALE
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