NON “CIPROVATE”! NICOSIA RESPINGE LA RAPINA EUROPEA
Il Parlamento di Nicosia, con uno scatto d’orgoglio, fa marameo agli euroburocrati che volevano imporre il prelevamento forzoso sui conti correnti dei suoi cittadini.
Cipro dice di no, anzi niet, agli scippatori in giacca e cravatta di Bruxelles. E sì, perché a dare forza, per il gran rifiuto, all’organo legislativo isolano, pare abbia contribuito la grande madre Russia, la quale ha corposi interessi in quel Paese, tanto da averlo salvato nel 2011 da default certo, intervenendo con sovvenzionamenti di varia natura per 2,5 mld di euro.
In sostanza, Mosca si è comprata un lembo di terra comunitaria e, sicuramente, non se ne starà con le mani in mano se qualcuno tenterà di espropriarglielo.
Inoltre, le banche russe sono ancora le più esposte verso Cipro, così come molte imprese dell’Est, e tanti sono gli oligarchi che approfittano di quel paradiso fiscale per speculare e pagare meno tasse.
Mentre i rapinatori della Bce e dell’Ue, assistiti dai mandanti mondiali del FMI e della Banca Mondiale, già si fregavano le mani per il gran colpo, Putin ha disposto che cinque fregate della marina battessero visibilmente le coste euro-asiatiche dell’area, al fine di far intendere all’Europache non avrebbe accettato nessuna fregatura.
Certo, ufficialmente quelle navi si trovavano lì per pattugliare il Mediterraneo in coincidenza con la crisi siriana (il Cremlino protegge le sue uniche due basi all’etero, a Tartus e Lakatia), ma chi doveva capire ha capito. Non “Ciprovate” nemmeno, questo è il messaggio dello “Zar” al resto del mondo.
La potenza centrale della fu Unione Sovietica, in recupero di egemonia geopolitica, tutela le sue prerogative con il tonnellaggio dei bastimenti e con il ripristino dei suoi arsenali, perché gli affari e le merci filano lisci soltanto quando gli eserciti sono attrezzati a far rispettare i patti. Con buona pace di Bastiat e di tutti i liberisti sognatori ad occhi aperti della mano invisibile del mercato (la più grande allucinazione della modernità).
Qualche mese fa i russi avevano ripetuto la provocazione (cioè avevano risposto alle costanti prevaricazioni degli Stati Uniti che tramano, da anni, per installare uno scudo spaziale negli ex stati satelliti del patto di Varsavia) inviando un sottomarino nucleare nel Golfo del Messico. E’ stato un invito lanciato a Washington a non tirare troppo la corda, ritornando sui suoi passi arroganti. Obamaha annunciato di voler rivedere il programma di posizionamento dei BMD per non irritare i russi che non vogliono ingerenze nel loro “estero prossimo”. Ma si tratta di tattica, in attesa di tempi più favorevoli, perché gli americani non ammettono limiti all’estensione della loro sfera d’influenza. Possiamo stare sicuri che gli yankees non si arrenderanno. Provaci ancora Zio Sam, ma per questa volta ti tocca abbozzare.
E l’Europa? Come al solito esce con le ossa rotta da ogni disputa internazionale. Senza unità politica, priva di visione strategica e succube di regole economiche che la danneggiano sbatte perennemente tra i vasi di ferro della fase multipolaristica. Prima o poi la terracotta si frantumerà. A pagare saranno i cittadini comunitari per cocci che nemmeno apparterranno loro.
Cipro dice di no, anzi niet, agli scippatori in giacca e cravatta di Bruxelles. E sì, perché a dare forza, per il gran rifiuto, all’organo legislativo isolano, pare abbia contribuito la grande madre Russia, la quale ha corposi interessi in quel Paese, tanto da averlo salvato nel 2011 da default certo, intervenendo con sovvenzionamenti di varia natura per 2,5 mld di euro.
In sostanza, Mosca si è comprata un lembo di terra comunitaria e, sicuramente, non se ne starà con le mani in mano se qualcuno tenterà di espropriarglielo.
Inoltre, le banche russe sono ancora le più esposte verso Cipro, così come molte imprese dell’Est, e tanti sono gli oligarchi che approfittano di quel paradiso fiscale per speculare e pagare meno tasse.
Mentre i rapinatori della Bce e dell’Ue, assistiti dai mandanti mondiali del FMI e della Banca Mondiale, già si fregavano le mani per il gran colpo, Putin ha disposto che cinque fregate della marina battessero visibilmente le coste euro-asiatiche dell’area, al fine di far intendere all’Europache non avrebbe accettato nessuna fregatura.
Certo, ufficialmente quelle navi si trovavano lì per pattugliare il Mediterraneo in coincidenza con la crisi siriana (il Cremlino protegge le sue uniche due basi all’etero, a Tartus e Lakatia), ma chi doveva capire ha capito. Non “Ciprovate” nemmeno, questo è il messaggio dello “Zar” al resto del mondo.
La potenza centrale della fu Unione Sovietica, in recupero di egemonia geopolitica, tutela le sue prerogative con il tonnellaggio dei bastimenti e con il ripristino dei suoi arsenali, perché gli affari e le merci filano lisci soltanto quando gli eserciti sono attrezzati a far rispettare i patti. Con buona pace di Bastiat e di tutti i liberisti sognatori ad occhi aperti della mano invisibile del mercato (la più grande allucinazione della modernità).
Qualche mese fa i russi avevano ripetuto la provocazione (cioè avevano risposto alle costanti prevaricazioni degli Stati Uniti che tramano, da anni, per installare uno scudo spaziale negli ex stati satelliti del patto di Varsavia) inviando un sottomarino nucleare nel Golfo del Messico. E’ stato un invito lanciato a Washington a non tirare troppo la corda, ritornando sui suoi passi arroganti. Obamaha annunciato di voler rivedere il programma di posizionamento dei BMD per non irritare i russi che non vogliono ingerenze nel loro “estero prossimo”. Ma si tratta di tattica, in attesa di tempi più favorevoli, perché gli americani non ammettono limiti all’estensione della loro sfera d’influenza. Possiamo stare sicuri che gli yankees non si arrenderanno. Provaci ancora Zio Sam, ma per questa volta ti tocca abbozzare.
E l’Europa? Come al solito esce con le ossa rotta da ogni disputa internazionale. Senza unità politica, priva di visione strategica e succube di regole economiche che la danneggiano sbatte perennemente tra i vasi di ferro della fase multipolaristica. Prima o poi la terracotta si frantumerà. A pagare saranno i cittadini comunitari per cocci che nemmeno apparterranno loro.
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