giovedì 18 aprile 2013

Niente sfugge a Bankenstein: si possono pignorare anche i cani



“Si possono pignorare anche i cani” dice a Ballarò l’ufficiale giudiziario

repubblica.it

Quanti spettatori di Ballarò sono trasaliti, martedì sera, alle parole dell’ufficiale giudiziario che nell’ambito di un servizio molto drammatico dichiarava pignorabili gli animali domestici? “Anche i cani” precisava, mentre oggetti inviolabili sono la fede nuziale, gli utensili della cucina e il letto. Nessuna reazione in studio, a dimostrare quanto certe sensibilità rimangano estranee al dibattito politico, per commentare l’atteggiamento istituzionale che definisce gli animali res, cose, anziché amici, elementi affettivi centrali nella vita di milioni di persone.
A tale presupposto, che può rendere nella considerazione giuridica il furto di un cavallo grave quanto quello di una bicicletta, si è aggiunto negli ultimi tempi un miope accanimento verso chi custodisca i propri animali secondo legge e scrupoli.
Invece di agevolare attraverso facilitazioni, sgravi fiscali, linee guida mirate alla corretta convivenza con gli animali quelle famiglie, quei single, quegli anziani che fanno di cani e gatti – spesso sottraendo esemplari al randagismo dunque sollevando le amministrazioni di significativi oneri – oppure criceti, conigli, asinelli, i compagni della propria esistenza, lo Stato rema contro. Senza offrire alcun supporto al cittadino, salvo che nell’iniziativa di qualche comune virtuoso, si mantiene ad esempio l’iva delle parcelle veterinarie al ventun per cento. Non c’è assistenza veterinaria pubblica, se non nell’operato delle Asl che a spese del contribuente hanno potere assoluto – a porte chiuse – sui randagi, e ben di rado propongono prestazioni private a costi agevolati. Così accedere alle cure necessarie diventa un extra voluttuario. Gli stessi veterinari obiettano da anni che il loro intervento non è considerabile al pari della riparazione di un elettrodomestico, e sempre più chi non ha denaro rinuncia a visite mediche e ricoveri, con tristissime conseguenze. Il reiterato annuncio di voler considerare i domestici come bene di lusso, almeno parziale, fa sì che in molti, per paura,  preferiscano evitare l’inserimento del microchip obbligatorio e la compilazione dei libretti sanitari.  Si ritorna all’abbandono facile con ripercussioni su i già traboccanti canili e rifugi, visto che oltretutto non si sterilizza a sufficienza: in larga parte gironi danteschi che costano allo Stato milioni e milioni di euro, sommati alla generosità e alle risorse personali di un esercito di volontari.
Meritano un discorso a parte i cavalli, animali lavoratori dall’ambiguo status. Quelli in regolare attività sono inseriti nel redditometro, due esemplari impongono di giustificare 48mila euro annui, non importa se tenuti in un circolo da mille euro al mese o in campagna dove ne costano anche 150, meno di una palestra. Ma per sfuggire a multe clamorose e ai raid fiscali che si concentrano principalmente su amatori, allenatori, piccole e medie scuderie indipendenti di equitazione, trotto, galoppo, e non certo sulle srl miliardarie dell’ippica di cui si giovano semmai ben altre attività imprenditoriali dei  proprietari, la gente si sbarazza degli equini. Non ormeggiabili in Croazia o in Jugoslavia come le imbarcazioni da ricchi, gli animali vengono regalati, svenduti, quando non se ne simula il furto. Non di rado finiscono  illecitamente macellati, come ci illustra chiaramente lo scandalo internazionale della carne di cavallo mistificata in una quantità di prodotti, e chissà se non avremo sorprese su quella di cane e gatto. Circa un anno fa, dati gli impressionanti termini della tendenza a liberarsi dei cavalli a prescindere dalla scarsa abitudine a farsi carico dell’equino non più utile al diletto, solo gli esemplari anziani o infortunati in modo definitivo sono stati esclusi dai precedenti tabellari per rientrare nello spesometro, come soggetti d’affezione rispetto a cui l’atteggiamento dell’Agenzia non sembra ancora codificato con chiarezza.
Mentre gli allevamenti casalinghi, irregolari e sovente orribili di animali di ogni specie, il cui impatto si può evincere dalla mole di piccoli annunci su carta e sul Web, vengono ignorati dagli esattori, le politiche finanziarie ritengono fruttuoso mettere con le spalle al muro chi combatta la solitudine grazie all’amore per il micio.  Persino in base alla corrente devozione verso il principio del consumo, i proprietari di animali dovrebbero  essere portati in palmo di mano come acquirenti di cibo, mangimi, foraggio, medicine, paglia, scatolette, prestazioni veterinarie, accessori. Così non è, e sarebbe interessante capire come l’Agenzia pensi di trarre risarcimento dal cane pignorato.

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