Capitolo V
- Franz, il dentista di Praga
La storia di
Franz è la storia della vita di un agente italiano reclutato dal
Capitano Antonio La Bruna. Franz mi ha dato un memoriale poco prima
di partire per gli USA, dove si recava per richiedere l'asilo
politico. Nei giorni precedenti il nostro incontro - maggio 2003 -
aveva subito due attentati: uno rivendicato dalle "BR" ed
uno dal "NPC" (Nucleo Proletario Combattente).
Il memoriale
di Franz
"Il
termine ABUSIVO indica chi abusa di qualcuno o qualcosa: le prossime
pagine dimostreranno che non è sempre così" - Franz
Scrivo
queste pagine perché con la mia esperienza e la mia vita, sono
venuto a conoscenza di fatti che hanno modificato, in modo profondo,
l'andamento democratico del nostro Paese. Sono nato in un paese
vicino a Cagliari, in Sardegna, da una famiglia medio borghese, mio
padre faceva il macellaio e mia madre la casalinga. Il lavoro di mio
padre, con l'aiuto di mia madre, consentiva alla mia famiglia di
condurre una vita dignitosa. Io sono il più grande di sei figli, tre
maschi e tre femmine. La mia vita si è svolta in modo regolare fino
all'età di 17 anni, epoca in cui, all'età di 50 anni, per un
infarto improvviso, morì mio padre. Questo triste avvenimento
avrebbe poi condizionato la mia vita in modo pesante. Mio padre
meriterebbe una storia a parte, probabilmente non potrei essere
obiettivo, ma non ho mai smesso di pensare che lui fosse un uomo
eccezionale! Era alto, biondo con degli splendidi occhi azzurri
incredibilmente perlati di verde, credo che non dimenticherò mai
quegli occhi! Nonostante avesse un buon aspetto, aveva sempre un
atteggiamento burbero che al momento opportuno si trasformava in
un'espressione di immensa bonarietà. Come ho detto, non potrei
scrivere di mio padre senza farne l'apologia, ma devo dire che sono
stato educato da lui a dei principi sani ed immutabili, quelli che io
chiamo "i codici della vita": l'onestà, la lealtà, il
dovere, il rispetto, il coraggio, la consapevolezza e così via. Sono
i codici che spero di riuscire a trasferire ai miei due figli poiché
sono convinto che siano le regole per interpretare in modo corretto
la nostra vita. La morte di mio padre è stato il momento in cui la
mia vita di ragazzo spensierato e allegro, finiva. Credo di essere
diventato un uomo in un solo giorno. Effettivamente, le grandi
responsabilità aiutano a crescere e a maturare. Mio padre mi aveva
insegnato i rudimenti del suo mestiere e quindi, alla sua morte, ho
dovuto prenderne il posto, sia per quanto riguarda il lavoro che per
sopperire alle necessità della famiglia. Avevo ricevuto una bella
eredità! Una famiglia di sette persone da mandare avanti ed un ruolo
atipico: fare da padre ai miei fratelli e sorelle, e dare conforto a
mia madre, vedova a 36 anni. Dovevo comportarmi da uomo maturo a 17
anni. In quel periodo frequentavo la quarta del Liceo scientifico.
Ero uno studente abbastanza diligente, ero quello che io definisco
"un onesto lavoratore", mai troppo brillante né troppo
"frescone". Mi sembra come se i Latini avessero coniato
un'espressione adatta, "in medio stat virtus", apposta per
me. Lavorare e contemporaneamente studiare alle scuole superiori,
avere la responsabilità di una famiglia ereditata e la
responsabilità del proprio futuro, non credo sia la condizione
migliore per un ragazzo di 17 anni. Ma io pazientavo, stavo anche
imparando un nuovo codice: La perseveranza! Sognavo di finire il
liceo e di fare l'università, di diventare un medico. Non sapevo
bene come avrei dovuto fare ma ero abbastanza fiducioso. Non potevo
più fare una vita spensierata, erano finite le mie passeggiate con
gli amici, avevo sempre a che fare con persone più grandi di me, mi
sentivo molto più grande dei miei coetanei. A scuola trattavo
direttamente con i miei professori con i quali ancora oggi siamo
grandi amici. Molti di loro mi hanno aiutato a studiare, a casa loro,
di notte. Perché di giorno ero impegnato con il lavoro che avevo
ereditato, della macelleria. Ricordo le trattative estenuanti con
incalliti commercianti, le lunghe ed interminabili chiacchierate con
dei vecchi allevatori che volevano vendermi le loro bestie al prezzo
più alto possibile. Ho imparato molto da queste persone. Si dice che
la saggezza arriva in tarda età e quindi giocoforza io ho vissuto la
mia adolescenza in mezzo a questi "saggi". E la mia vita di
diciassettenne? I divertimenti ? E soprattutto, le ragazze?
Naturalmente non avevo tempo per corteggiare le mie coetanee. In quei
tempi, in Sardegna non era così semplice e io purtroppo non avevo
molto tempo da dedicare al romanticismo. Il romanticismo per me era
solo un compito scolastico, un periodo storico da studiare, un brano
del Manzoni. Anche su questo, dovetti fare di necessità virtù ! Il
problema era piuttosto serio, andava in qualche modo risolto. Avevo
quasi 18 anni e stavo conducendo una vita da quarantenne assennato.
La soluzione, mio malgrado, la trovai. Come al solito vivevo una vita
che non sentivo mia. Abbandonati i verdi pascoli delle mie coetanee,
che avevano orari ed impegni diversi, dovetti orientarmi verso donne
che non avessero limiti di orario. Vivevo più o meno come un
pipistrello! Di buon mattino dovevo preparare la carne sui banchi
frigoriferi, alle 8 e trenta dovevo essere a scuola. Il pomeriggio di
nuovo a fare il macellaio, la sera e la notte, le trattative coi
commercianti, gli studi ed un po' di spazio per i miei
"romanticismi". Il pascolo, senza le mie coetanee, non era
molto verde ma era molto ampio. Credo che sulla famosa crisi
d'identità abbiano scritto molti volumi e ancora oggi fanno grandi
discussioni, in merito, anche in televisione. Io ne sentii parlare al
liceo, ai miei tempi: crisi d'identità, dialogo difficile con i
genitori, scontri politici e generazionali, impegno in politica, etc.
Io guardavo i miei compagni, durante le assemblee di Istituto, con
una certa sufficienza. Voi credete che potessi dire qualcosa sulle
crisi d'identità ed il diritto allo studio? Mi sentivo un abusivo,
chi mi avrebbe garantito il diritto allo studio nelle mie condizioni?
Stavo combattendo una guerra impari contro un nemico fortissimo e
dovevo conquistare una posta grandissima: il pane di tutti i giorni,
sia per me che per la mia famiglia. Incluso qualche accessorio che
tutti i giorni la mia famiglia reclamava. Avevo una leggera
impressione: i miei compagni di studi avevano più tempo di me e mi
pareva che, per loro, ogni scusa era buona per evitare il normale
svolgimento delle lezioni. Forse erano in "crisi d'identità"
ma io ci capivo poco a questa scusa. Avrei scoperto più tardi che
cosa si intende quando si usa questa frase! Credo di aver vissuto la
più grande crisi d'identità del mondo! Per tutta la mia vita sono
stato condannato ad occupare un posto abusivo, desiderando e volendo
fortemente occuparne un altro. In quel momento facevo il macellaio ma
volevo fare lo studente. Ero un macellaio abusivo ed uno studente
modello, ma in realtà mi ritrovavo a fare il provetto macellaio ed
ero abusivo come studente! Non posso fermarmi a disquisire su questo
argomento altrimenti non posso scrivere il resto della storia, ma
vedremo che questa strana crisi d'identità dominerà tutta la mia
vita. Tra una crisi e l'altra, a 19 anni sono riuscito a prendere il
diploma. Grande conquista! Mi sembrava di aver conquistato un
traguardo. A scuola non mi facevano sconti. A nessuno importava se
avevo un impegno di lavoro, se non avevo chiuso occhio di notte, se
ero preoccupato. Naturalmente il programma scolastico andava svolto e
le lezioni andavano studiate. Vietato ammalarsi, essere tristi o, in
qualche modo, arrendersi. Mi piace il detto latino: "Volle:
Posse!" I miei figli studiano latino, oggi, e mi considerano un
buon professore. Comunque io continuo a fare la mia strada che ai
tempi, somigliava di più ad un calvario. Mi trovavo davanti al mio
sogno: iscrivermi all'università - Medicina e Chirurgia - e
diventare un buon medico. Pensavo che mio padre era morto perché il
medico che lo visitò era un incapace, volevo quindi diventare un
medico capace. Anche oggi credo che bisognerebbe prestare un po' più
di attenzione alla preparazione dei nuovi dottori. Mi iscrissi a
Medicina, mi piaceva molto studiare. Non ricordo bene come feci ad
acquistare i libri, ma quei soldi li considerai ben spesi e
soprattutto mi stavo guadagnando il diritto allo studio di cui tanto
si parlava al liceo. Gli studi di medicina non sono particolarmente
difficili, bisogna avere una buona memoria ed io, grazie a Dio, credo
di avere una buonissima memoria. Tutto procedeva bene: non avevo
obbligo di frequenza, tutto normale per me: un giovane macellaio che
di tanto in tanto va anche all'università e che vorrebbe anche
finirla. Ho superato l'esame di Anatomia studiando le 8.000 pagine
dei testi e senza aver mai visto prima il mio professore. All'esame
il docente era sbalordito nel vedere come conoscevo bene gli organi,
i muscoli, lo scheletro... grazie tante, di mattina facevo il
macellaio! Il problema era un altro. Tutti coloro che hanno fatto la
facoltà di medicina, sanno che non è possibile studiare e lavorare.
Non si possono conciliare le due cose perché manca il tempo! Ecco di
nuovo la mia crisi che si acerba in modo iperbolico. Sono uno
studente in Medicina, uno studente modello, ma faccio il macellaio!
Problema: con il lavoro mi mantengo agli studi: se studio non posso
lavorare, se lavoro non posso studiare! Voglio fare il medico, credo
di avere le qualità intellettuali per diventarlo, ma se voglio
vivere devo fare il macellaio! A questa nobile professione è legato
a filo doppio, il cosiddetto "pane" della mia famiglia. A
quanto pare, il mio piccolo problema non aveva soluzioni. Mi ricordo
ancora quando un brillantissimo neurologo mi disse, con molta
professionalità ed ammirazione: "Coraggio, figliolo! Non tutti
i medici sono felici, vedrà, anche i macellai stanno bene!" Non
ho stima per i neurologi, credo che facciano questo tipo di studi per
risolvere i loro problemi senza peraltro riuscirci, pretendendo di
risolvere i problemi altrui. Mi viene in mente una parola: Utopia!
Centomila di onorario, all'epoca, per tirarmi una coltellata vile e
crudele. Visto che il dottore non era riuscito a consigliarmi una
buona soluzione, pensai di interpellare una persona che stimo molto:
me stesso. Raggiunsi una conclusione: dovevo trovare un lavoro che mi
consentisse di guadagnare di più, in tempi più brevi, e quindi
avrei potuto impiegare il denaro ed il tempo risparmiati, per
studiare. Ma quale lavoro? Continuavo a pensare ad un lavoro onesto,
non ero ancora entrato in crisi coi miei codici. In generale, quando
si tratta di guadagnare più in fretta, si pensa ai cosiddetti "soldi
facili", spesso sinonimo di attività illegali. Come facevo a
crescere una famiglia secondo dei sani principi se stavo pensando a
qualcosa di potenzialmente illecito? Passai vari mesi con questo
dilemma, fino a quando qualcosa cambiò la mia vita! Adesso non
potrei dire se fosse stata davvero una fortuna... Qualche ragazzo del
mio paese, di tanto in tanto, ogni 4 o 5 mesi, rientrava a casa dopo
essere stato all'estero. Alcuni erano miei amici e mi parlavano del
loro lavoro: imbarcati su navi mercantili, con contratti di 4-5 mesi,
prendevano uno stipendio di 800-900 mila lire al mese. Viaggiavano
per il mondo e quando rientravano, avevano risparmiato abbastanza
denaro per poter cambiare la macchina, vestirsi in modo elegante ed
uscire e spendere un po' di soldi in giro. I loro racconti erano
affascinanti: le ragazze, i casinò, le cose meravigliose che
vedevano... Il mio cervello lavorava a mille all'ora. Sono un
Sagittario ed amo viaggiare. Mi piace anche pensare ad un posto
esotico, per sentirmi meglio. Tutti quei soldi potevano rappresentare
una soluzione ai miei problemi, compreso quello dell'identità. Feci
il libretto di navigazione in una settimana. Dopo un mese, ero a
Genova per il mio primo imbarco: Ruen - New Orleans! Bene, adesso ero
uno studente della facoltà di Medicina e Chirurgia dell'Università
di Cagliari che faceva il mozzo a bordo di navi mercantili! A dire la
verità, non ho mai fatto il mozzo: non imbarcano macellai o
studenti. Feci un po' di tutto, a bordo: Giovanotto di coperta e di
macchina, Piccolo di camera, garzone di cucina. Tutte qualifiche
della gente di mare. Il Doctor Franz che inizia la sua carriera come
mozzo! Che vita meravigliosa: immensi e sconfinati orizzonti,
magnifiche città di porto, belle ragazze... e, soprattutto, la
vittoria sul mio grande nemico: il tempo! Studiai l'esame di
Microbiologia a bordo di una nave, durante il tempo libero. Chi ha
conosciuto il professor Antonio Spamedda dell'università di
Cagliari, sa che lui ha scoperto le cefalosporine, il più potente
antibiotico conosciuto, credo. Ai tempi era più facile fare un bel
tredici al totocalcio che superare il suo esame di microbiologia! La
mia vita era cambiata radicalmente: avevo finalmente trovato il
sistema per garantire un futuro alla mia famiglia ed avevo trovato il
tempo da dedicare a me stesso, ai miei studi e, soprattutto, alle
esigenze di un ragazzo di 20 anni. Lo stipendio era per me una manna
dal cielo. A bordo mi sono sempre offerto volontario per i lavori più
inconsueti e che venivano pagati a parte. Lo stipendio veniva spedito
tutti i mesi a casa, da mia madre. I soldi guadagnati "extra",
finivano nelle borse di certe donnine che popolano le città
portuali. Non avevo altri hobby! Non sono mai stato un gran bevitore,
non ho mai fatto consumo di sostanze stupefacenti, ho saputo gestire
abbastanza bene tutti i vizi che regolano la vita di ogni uomo. Sono
stato un po' debole con le donne, il vizio prendeva il sopravvento.
Devo dire che la vita del marittimo è stata una grande palestra per
me, oggi posso dire che mi sono trovato in situazioni talmente
critiche che l'appoggio, anche inaspettato, di qualche bella donna mi
ha spesso salvato la vita. Non posso descrivere tutte le situazioni
di quel periodo, per quanto riguarda le donne: meriterebbero un
compendio a parte. Voglio solo descrivere la situazione ambientale
che mi ha portato a diventare un agente del controspionaggio
italiano, un agente del SID, in quella struttura ultrasegreta che è
stata la Gladio, la Stay-Behind italiana. Come dicevo, la mia vita
procedeva abbastanza serenamente: 4 o 5 mesi da marinaio, inviando 3
o 4 milioni a casa, e 7-8 mesi da studente universitario modello.
Naturalmente continuavo a dividere la mia persona tra due figure che
si trovavano agli antipodi: mozzo e studente. Sempre meglio di quella
macellaio-studente, ma solo in certi momenti. La vita dentro le navi
non è poi così interessante come viene descritta. Si dice che i
marinai abbiano una donna in tutti i porti che toccano, si parla di
paesaggi inverosimili e di ineguagliabile bellezza, di incredibili
situazioni, di divertimenti piccantissimi, e così via: un paradiso!
Ma tutti i marinai sanno di avere non una, ma cento donne in ogni
porto. Le città portuali di tutto il mondo sono perfettamente
organizzate per ricevere questi uomini che dopo un mese di infiniti
orizzonti, arrivano a terra affamati di tutto. Il vizio regna
sovrano. Queste città forniscono di tutto: case da gioco, alcool a
fiumi, prostitute per tutti i gusti e tutte le tasche, droghe le più
svariate, etc. I marittimi spendono volentieri i soldi che riescono a
guadagnare con i lavori straordinari, dopo un mese o due di completa
astinenza. Per quanto riguarda i paesaggi da favola, feci un imbarco
che durò sei mesi: New York - Aden, nel Golfo Arabo. Tutto senza
scalo e circumnavigando l'Africa da Città del Capo, visto che, per
fortuna, una nave di 250.000 tonnellate di stazza non può passare il
canale di Suez! Tre mesi di navigazione, 5 giorni di sosta per
caricare petrolio da una piattaforma, poi ancora tre mesi di
navigazione. Una pacchia, immaginatevi! Io sono di carnagione scura,
ma, quella volta, diventai color gamberone! Altro che abbronzatura!
Dopo 5 mesi di duro lavoro, ero proprio cotto a puntino. Ma passiamo
alla "assunzione". Nel 1974 ero in via Colli della
Farnesina, a Roma. Stavo bevendo qualcosa al bar, quando mi
avvicinarono due persone. Non li conoscevo, ma loro di me sapevano
tutto, addirittura cose che nemmeno io sapevo. Uno era Antonio La
Bruna che aveva l'incarico di ingaggiare persone per il SID. Lo
stesso La Bruna che, poi seppi, aveva addestrato personale in Grecia
durante il "Golpe dei Colonnelli". Una delle tante
operazioni organizzate dalla CIA finanziata con fondi prelevati dalla
contabilità nera di una banca di Cicero, nei sobborghi di Chicago.
All'epoca non sapevo nemmeno cosa fosse la "Gladio". Loro
mi chiesero se volessi collaborare con i servizi, mi diedero due mesi
di tempo per pensarci e La Bruna mi dette un suo numero riservato.
Dopo due mesi lo chiamai e mi convocò a Roma, in via XX Settembre
n.8, all'ufficio "X". Lo stesso ufficio che sparì nel
1986, all'improvviso, lasciandoci tutti senza liquidazione né
possibilità di ricevere una pensione. All'epoca, negli anni '70,
avevo una fidanzata a Praga, loro mi offrivano un milione al mese,
che in Cecoslovacchia erano una fortuna. Mi chiesero di pedinare i
terroristi che, partendo dall'Italia, andavano ad addestrarsi proprio
in Cecoslovacchia. Lo feci per anni, prima durante e dopo il
rapimento Moro. Avevo affittato, a Praga, uno studio da un
veterinario che utilizzavo come "studio dentistico", la mia
copertura. I miei contatti, là, si presentavano dicendo: "Mi fa
male il dente numero 12", oppure un altro numero, che era stato
deciso come parola di passo. Seguivo i terroristi che partivano in
macchina dall'Italia, me ne veniva prima fornito il numero di targa,
la data ed il luogo da dove partivano. Una volta mi trovai a seguirne
due a bordo di una Ferrari fiammante! La cosa non deve sembrare
strana, Federico Umberto D'Amato, dell'UAR (Ufficio Affari
Riservati), in quegli anni diceva ai giornalisti che dei brigatisti
sapevamo tutto: nomi, cognomi e residenze. E che se si fosse voluto,
si sarebbero potuti arrestare tutti. Proprio durante il rapimento
Moro, inviai a La Bruna un telegramma segnalando la prigione dello
statista DC. Scrissi in tedesco, lingua che usavo per non destare
sospetti, "Gradoli Straße",
Gradoli Strasse, che vuol dire: Via Gradoli. Seppi poi che La Bruna
aveva fatto inoltrare a Cossiga la segnalazione. La versione
ufficiale, anni dopo, fu che Cossiga non aveva trovato "via
Gradoli" nello stradario di Roma, e quindi aveva pensato che si
trattasse di un paese. La cosa, oggi, mi pare strana perché proprio
in via Gradoli c'era un ufficio dei nostri servizi segreti. In quei
drammatici giorni, successero parecchie cose strane (vedi il capitolo
I), cose, direi, "sudamericane".
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