mercoledì 21 settembre 2011

Segreti di Stati - Cap.5 - Il dentista di Praga

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Capitolo V - Franz, il dentista di Praga

La storia di Franz è la storia della vita di un agente italiano reclutato dal Capitano Antonio La Bruna. Franz mi ha dato un memoriale poco prima di partire per gli USA, dove si recava per richiedere l'asilo politico. Nei giorni precedenti il nostro incontro - maggio 2003 - aveva subito due attentati: uno rivendicato dalle "BR" ed uno dal "NPC" (Nucleo Proletario Combattente).

Il memoriale di Franz

"Il termine ABUSIVO indica chi abusa di qualcuno o qualcosa: le prossime pagine dimostreranno che non è sempre così" - Franz

Scrivo queste pagine perché con la mia esperienza e la mia vita, sono venuto a conoscenza di fatti che hanno modificato, in modo profondo, l'andamento democratico del nostro Paese. Sono nato in un paese vicino a Cagliari, in Sardegna, da una famiglia medio borghese, mio padre faceva il macellaio e mia madre la casalinga. Il lavoro di mio padre, con l'aiuto di mia madre, consentiva alla mia famiglia di condurre una vita dignitosa. Io sono il più grande di sei figli, tre maschi e tre femmine. La mia vita si è svolta in modo regolare fino all'età di 17 anni, epoca in cui, all'età di 50 anni, per un infarto improvviso, morì mio padre. Questo triste avvenimento avrebbe poi condizionato la mia vita in modo pesante. Mio padre meriterebbe una storia a parte, probabilmente non potrei essere obiettivo, ma non ho mai smesso di pensare che lui fosse un uomo eccezionale! Era alto, biondo con degli splendidi occhi azzurri incredibilmente perlati di verde, credo che non dimenticherò mai quegli occhi! Nonostante avesse un buon aspetto, aveva sempre un atteggiamento burbero che al momento opportuno si trasformava in un'espressione di immensa bonarietà. Come ho detto, non potrei scrivere di mio padre senza farne l'apologia, ma devo dire che sono stato educato da lui a dei principi sani ed immutabili, quelli che io chiamo "i codici della vita": l'onestà, la lealtà, il dovere, il rispetto, il coraggio, la consapevolezza e così via. Sono i codici che spero di riuscire a trasferire ai miei due figli poiché sono convinto che siano le regole per interpretare in modo corretto la nostra vita. La morte di mio padre è stato il momento in cui la mia vita di ragazzo spensierato e allegro, finiva. Credo di essere diventato un uomo in un solo giorno. Effettivamente, le grandi responsabilità aiutano a crescere e a maturare. Mio padre mi aveva insegnato i rudimenti del suo mestiere e quindi, alla sua morte, ho dovuto prenderne il posto, sia per quanto riguarda il lavoro che per sopperire alle necessità della famiglia. Avevo ricevuto una bella eredità! Una famiglia di sette persone da mandare avanti ed un ruolo atipico: fare da padre ai miei fratelli e sorelle, e dare conforto a mia madre, vedova a 36 anni. Dovevo comportarmi da uomo maturo a 17 anni. In quel periodo frequentavo la quarta del Liceo scientifico. Ero uno studente abbastanza diligente, ero quello che io definisco "un onesto lavoratore", mai troppo brillante né troppo "frescone". Mi sembra come se i Latini avessero coniato un'espressione adatta, "in medio stat virtus", apposta per me. Lavorare e contemporaneamente studiare alle scuole superiori, avere la responsabilità di una famiglia ereditata e la responsabilità del proprio futuro, non credo sia la condizione migliore per un ragazzo di 17 anni. Ma io pazientavo, stavo anche imparando un nuovo codice: La perseveranza! Sognavo di finire il liceo e di fare l'università, di diventare un medico. Non sapevo bene come avrei dovuto fare ma ero abbastanza fiducioso. Non potevo più fare una vita spensierata, erano finite le mie passeggiate con gli amici, avevo sempre a che fare con persone più grandi di me, mi sentivo molto più grande dei miei coetanei. A scuola trattavo direttamente con i miei professori con i quali ancora oggi siamo grandi amici. Molti di loro mi hanno aiutato a studiare, a casa loro, di notte. Perché di giorno ero impegnato con il lavoro che avevo ereditato, della macelleria. Ricordo le trattative estenuanti con incalliti commercianti, le lunghe ed interminabili chiacchierate con dei vecchi allevatori che volevano vendermi le loro bestie al prezzo più alto possibile. Ho imparato molto da queste persone. Si dice che la saggezza arriva in tarda età e quindi giocoforza io ho vissuto la mia adolescenza in mezzo a questi "saggi". E la mia vita di diciassettenne? I divertimenti ? E soprattutto, le ragazze? Naturalmente non avevo tempo per corteggiare le mie coetanee. In quei tempi, in Sardegna non era così semplice e io purtroppo non avevo molto tempo da dedicare al romanticismo. Il romanticismo per me era solo un compito scolastico, un periodo storico da studiare, un brano del Manzoni. Anche su questo, dovetti fare di necessità virtù ! Il problema era piuttosto serio, andava in qualche modo risolto. Avevo quasi 18 anni e stavo conducendo una vita da quarantenne assennato. La soluzione, mio malgrado, la trovai. Come al solito vivevo una vita che non sentivo mia. Abbandonati i verdi pascoli delle mie coetanee, che avevano orari ed impegni diversi, dovetti orientarmi verso donne che non avessero limiti di orario. Vivevo più o meno come un pipistrello! Di buon mattino dovevo preparare la carne sui banchi frigoriferi, alle 8 e trenta dovevo essere a scuola. Il pomeriggio di nuovo a fare il macellaio, la sera e la notte, le trattative coi commercianti, gli studi ed un po' di spazio per i miei "romanticismi". Il pascolo, senza le mie coetanee, non era molto verde ma era molto ampio. Credo che sulla famosa crisi d'identità abbiano scritto molti volumi e ancora oggi fanno grandi discussioni, in merito, anche in televisione. Io ne sentii parlare al liceo, ai miei tempi: crisi d'identità, dialogo difficile con i genitori, scontri politici e generazionali, impegno in politica, etc. Io guardavo i miei compagni, durante le assemblee di Istituto, con una certa sufficienza. Voi credete che potessi dire qualcosa sulle crisi d'identità ed il diritto allo studio? Mi sentivo un abusivo, chi mi avrebbe garantito il diritto allo studio nelle mie condizioni? Stavo combattendo una guerra impari contro un nemico fortissimo e dovevo conquistare una posta grandissima: il pane di tutti i giorni, sia per me che per la mia famiglia. Incluso qualche accessorio che tutti i giorni la mia famiglia reclamava. Avevo una leggera impressione: i miei compagni di studi avevano più tempo di me e mi pareva che, per loro, ogni scusa era buona per evitare il normale svolgimento delle lezioni. Forse erano in "crisi d'identità" ma io ci capivo poco a questa scusa. Avrei scoperto più tardi che cosa si intende quando si usa questa frase! Credo di aver vissuto la più grande crisi d'identità del mondo! Per tutta la mia vita sono stato condannato ad occupare un posto abusivo, desiderando e volendo fortemente occuparne un altro. In quel momento facevo il macellaio ma volevo fare lo studente. Ero un macellaio abusivo ed uno studente modello, ma in realtà mi ritrovavo a fare il provetto macellaio ed ero abusivo come studente! Non posso fermarmi a disquisire su questo argomento altrimenti non posso scrivere il resto della storia, ma vedremo che questa strana crisi d'identità dominerà tutta la mia vita. Tra una crisi e l'altra, a 19 anni sono riuscito a prendere il diploma. Grande conquista! Mi sembrava di aver conquistato un traguardo. A scuola non mi facevano sconti. A nessuno importava se avevo un impegno di lavoro, se non avevo chiuso occhio di notte, se ero preoccupato. Naturalmente il programma scolastico andava svolto e le lezioni andavano studiate. Vietato ammalarsi, essere tristi o, in qualche modo, arrendersi. Mi piace il detto latino: "Volle: Posse!" I miei figli studiano latino, oggi, e mi considerano un buon professore. Comunque io continuo a fare la mia strada che ai tempi, somigliava di più ad un calvario. Mi trovavo davanti al mio sogno: iscrivermi all'università - Medicina e Chirurgia - e diventare un buon medico. Pensavo che mio padre era morto perché il medico che lo visitò era un incapace, volevo quindi diventare un medico capace. Anche oggi credo che bisognerebbe prestare un po' più di attenzione alla preparazione dei nuovi dottori. Mi iscrissi a Medicina, mi piaceva molto studiare. Non ricordo bene come feci ad acquistare i libri, ma quei soldi li considerai ben spesi e soprattutto mi stavo guadagnando il diritto allo studio di cui tanto si parlava al liceo. Gli studi di medicina non sono particolarmente difficili, bisogna avere una buona memoria ed io, grazie a Dio, credo di avere una buonissima memoria. Tutto procedeva bene: non avevo obbligo di frequenza, tutto normale per me: un giovane macellaio che di tanto in tanto va anche all'università e che vorrebbe anche finirla. Ho superato l'esame di Anatomia studiando le 8.000 pagine dei testi e senza aver mai visto prima il mio professore. All'esame il docente era sbalordito nel vedere come conoscevo bene gli organi, i muscoli, lo scheletro... grazie tante, di mattina facevo il macellaio! Il problema era un altro. Tutti coloro che hanno fatto la facoltà di medicina, sanno che non è possibile studiare e lavorare. Non si possono conciliare le due cose perché manca il tempo! Ecco di nuovo la mia crisi che si acerba in modo iperbolico. Sono uno studente in Medicina, uno studente modello, ma faccio il macellaio! Problema: con il lavoro mi mantengo agli studi: se studio non posso lavorare, se lavoro non posso studiare! Voglio fare il medico, credo di avere le qualità intellettuali per diventarlo, ma se voglio vivere devo fare il macellaio! A questa nobile professione è legato a filo doppio, il cosiddetto "pane" della mia famiglia. A quanto pare, il mio piccolo problema non aveva soluzioni. Mi ricordo ancora quando un brillantissimo neurologo mi disse, con molta professionalità ed ammirazione: "Coraggio, figliolo! Non tutti i medici sono felici, vedrà, anche i macellai stanno bene!" Non ho stima per i neurologi, credo che facciano questo tipo di studi per risolvere i loro problemi senza peraltro riuscirci, pretendendo di risolvere i problemi altrui. Mi viene in mente una parola: Utopia! Centomila di onorario, all'epoca, per tirarmi una coltellata vile e crudele. Visto che il dottore non era riuscito a consigliarmi una buona soluzione, pensai di interpellare una persona che stimo molto: me stesso. Raggiunsi una conclusione: dovevo trovare un lavoro che mi consentisse di guadagnare di più, in tempi più brevi, e quindi avrei potuto impiegare il denaro ed il tempo risparmiati, per studiare. Ma quale lavoro? Continuavo a pensare ad un lavoro onesto, non ero ancora entrato in crisi coi miei codici. In generale, quando si tratta di guadagnare più in fretta, si pensa ai cosiddetti "soldi facili", spesso sinonimo di attività illegali. Come facevo a crescere una famiglia secondo dei sani principi se stavo pensando a qualcosa di potenzialmente illecito? Passai vari mesi con questo dilemma, fino a quando qualcosa cambiò la mia vita! Adesso non potrei dire se fosse stata davvero una fortuna... Qualche ragazzo del mio paese, di tanto in tanto, ogni 4 o 5 mesi, rientrava a casa dopo essere stato all'estero. Alcuni erano miei amici e mi parlavano del loro lavoro: imbarcati su navi mercantili, con contratti di 4-5 mesi, prendevano uno stipendio di 800-900 mila lire al mese. Viaggiavano per il mondo e quando rientravano, avevano risparmiato abbastanza denaro per poter cambiare la macchina, vestirsi in modo elegante ed uscire e spendere un po' di soldi in giro. I loro racconti erano affascinanti: le ragazze, i casinò, le cose meravigliose che vedevano... Il mio cervello lavorava a mille all'ora. Sono un Sagittario ed amo viaggiare. Mi piace anche pensare ad un posto esotico, per sentirmi meglio. Tutti quei soldi potevano rappresentare una soluzione ai miei problemi, compreso quello dell'identità. Feci il libretto di navigazione in una settimana. Dopo un mese, ero a Genova per il mio primo imbarco: Ruen - New Orleans! Bene, adesso ero uno studente della facoltà di Medicina e Chirurgia dell'Università di Cagliari che faceva il mozzo a bordo di navi mercantili! A dire la verità, non ho mai fatto il mozzo: non imbarcano macellai o studenti. Feci un po' di tutto, a bordo: Giovanotto di coperta e di macchina, Piccolo di camera, garzone di cucina. Tutte qualifiche della gente di mare. Il Doctor Franz che inizia la sua carriera come mozzo! Che vita meravigliosa: immensi e sconfinati orizzonti, magnifiche città di porto, belle ragazze... e, soprattutto, la vittoria sul mio grande nemico: il tempo! Studiai l'esame di Microbiologia a bordo di una nave, durante il tempo libero. Chi ha conosciuto il professor Antonio Spamedda dell'università di Cagliari, sa che lui ha scoperto le cefalosporine, il più potente antibiotico conosciuto, credo. Ai tempi era più facile fare un bel tredici al totocalcio che superare il suo esame di microbiologia! La mia vita era cambiata radicalmente: avevo finalmente trovato il sistema per garantire un futuro alla mia famiglia ed avevo trovato il tempo da dedicare a me stesso, ai miei studi e, soprattutto, alle esigenze di un ragazzo di 20 anni. Lo stipendio era per me una manna dal cielo. A bordo mi sono sempre offerto volontario per i lavori più inconsueti e che venivano pagati a parte. Lo stipendio veniva spedito tutti i mesi a casa, da mia madre. I soldi guadagnati "extra", finivano nelle borse di certe donnine che popolano le città portuali. Non avevo altri hobby! Non sono mai stato un gran bevitore, non ho mai fatto consumo di sostanze stupefacenti, ho saputo gestire abbastanza bene tutti i vizi che regolano la vita di ogni uomo. Sono stato un po' debole con le donne, il vizio prendeva il sopravvento. Devo dire che la vita del marittimo è stata una grande palestra per me, oggi posso dire che mi sono trovato in situazioni talmente critiche che l'appoggio, anche inaspettato, di qualche bella donna mi ha spesso salvato la vita. Non posso descrivere tutte le situazioni di quel periodo, per quanto riguarda le donne: meriterebbero un compendio a parte. Voglio solo descrivere la situazione ambientale che mi ha portato a diventare un agente del controspionaggio italiano, un agente del SID, in quella struttura ultrasegreta che è stata la Gladio, la Stay-Behind italiana. Come dicevo, la mia vita procedeva abbastanza serenamente: 4 o 5 mesi da marinaio, inviando 3 o 4 milioni a casa, e 7-8 mesi da studente universitario modello. Naturalmente continuavo a dividere la mia persona tra due figure che si trovavano agli antipodi: mozzo e studente. Sempre meglio di quella macellaio-studente, ma solo in certi momenti. La vita dentro le navi non è poi così interessante come viene descritta. Si dice che i marinai abbiano una donna in tutti i porti che toccano, si parla di paesaggi inverosimili e di ineguagliabile bellezza, di incredibili situazioni, di divertimenti piccantissimi, e così via: un paradiso! Ma tutti i marinai sanno di avere non una, ma cento donne in ogni porto. Le città portuali di tutto il mondo sono perfettamente organizzate per ricevere questi uomini che dopo un mese di infiniti orizzonti, arrivano a terra affamati di tutto. Il vizio regna sovrano. Queste città forniscono di tutto: case da gioco, alcool a fiumi, prostitute per tutti i gusti e tutte le tasche, droghe le più svariate, etc. I marittimi spendono volentieri i soldi che riescono a guadagnare con i lavori straordinari, dopo un mese o due di completa astinenza. Per quanto riguarda i paesaggi da favola, feci un imbarco che durò sei mesi: New York - Aden, nel Golfo Arabo. Tutto senza scalo e circumnavigando l'Africa da Città del Capo, visto che, per fortuna, una nave di 250.000 tonnellate di stazza non può passare il canale di Suez! Tre mesi di navigazione, 5 giorni di sosta per caricare petrolio da una piattaforma, poi ancora tre mesi di navigazione. Una pacchia, immaginatevi! Io sono di carnagione scura, ma, quella volta, diventai color gamberone! Altro che abbronzatura! Dopo 5 mesi di duro lavoro, ero proprio cotto a puntino. Ma passiamo alla "assunzione". Nel 1974 ero in via Colli della Farnesina, a Roma. Stavo bevendo qualcosa al bar, quando mi avvicinarono due persone. Non li conoscevo, ma loro di me sapevano tutto, addirittura cose che nemmeno io sapevo. Uno era Antonio La Bruna che aveva l'incarico di ingaggiare persone per il SID. Lo stesso La Bruna che, poi seppi, aveva addestrato personale in Grecia durante il "Golpe dei Colonnelli". Una delle tante operazioni organizzate dalla CIA finanziata con fondi prelevati dalla contabilità nera di una banca di Cicero, nei sobborghi di Chicago. All'epoca non sapevo nemmeno cosa fosse la "Gladio". Loro mi chiesero se volessi collaborare con i servizi, mi diedero due mesi di tempo per pensarci e La Bruna mi dette un suo numero riservato. Dopo due mesi lo chiamai e mi convocò a Roma, in via XX Settembre n.8, all'ufficio "X". Lo stesso ufficio che sparì nel 1986, all'improvviso, lasciandoci tutti senza liquidazione né possibilità di ricevere una pensione. All'epoca, negli anni '70, avevo una fidanzata a Praga, loro mi offrivano un milione al mese, che in Cecoslovacchia erano una fortuna. Mi chiesero di pedinare i terroristi che, partendo dall'Italia, andavano ad addestrarsi proprio in Cecoslovacchia. Lo feci per anni, prima durante e dopo il rapimento Moro. Avevo affittato, a Praga, uno studio da un veterinario che utilizzavo come "studio dentistico", la mia copertura. I miei contatti, là, si presentavano dicendo: "Mi fa male il dente numero 12", oppure un altro numero, che era stato deciso come parola di passo. Seguivo i terroristi che partivano in macchina dall'Italia, me ne veniva prima fornito il numero di targa, la data ed il luogo da dove partivano. Una volta mi trovai a seguirne due a bordo di una Ferrari fiammante! La cosa non deve sembrare strana, Federico Umberto D'Amato, dell'UAR (Ufficio Affari Riservati), in quegli anni diceva ai giornalisti che dei brigatisti sapevamo tutto: nomi, cognomi e residenze. E che se si fosse voluto, si sarebbero potuti arrestare tutti. Proprio durante il rapimento Moro, inviai a La Bruna un telegramma segnalando la prigione dello statista DC. Scrissi in tedesco, lingua che usavo per non destare sospetti, "Gradoli Straße", Gradoli Strasse, che vuol dire: Via Gradoli. Seppi poi che La Bruna aveva fatto inoltrare a Cossiga la segnalazione. La versione ufficiale, anni dopo, fu che Cossiga non aveva trovato "via Gradoli" nello stradario di Roma, e quindi aveva pensato che si trattasse di un paese. La cosa, oggi, mi pare strana perché proprio in via Gradoli c'era un ufficio dei nostri servizi segreti. In quei drammatici giorni, successero parecchie cose strane (vedi il capitolo I), cose, direi, "sudamericane".

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