Capitolo
XIV - Quel Patto coi Nazisti per l'Atomica
L'orrore
senza fine dell'accordo USA-NAZI nel 1945
(un
mio articolo pubblicato su "Liberazione" il 20 agosto 2000
e... sue conseguenze)
Dopo
il suicidio di Hitler, il suo delfino Martin Bormann, da lui nominato
nel testamento del 29 aprile 1945, fece un patto con il servizio
segreto Usa, l’OSS all’epoca guidato da Allen Dulles: in cambio
di un sommergibile pieno di scienziati e materiali tecnologicamente
innovativi, si assicurò l’immunità per sé e per alcuni altri
gerarchi nazisti. Si trattava del sommergibile “Unterseeboot 234
XB”. Tra i graziati vi era anche Heinrich Muller, un feroce capo
delle Ss. Il sommergibile partì da Amburgo e portò Muller e Bormann
nel golfo di Biscay in Spagna dove li attendeva un’altra
imbarcazione. Dopodiché continuò il viaggio verso gli Usa per
arrendersi il 14 maggio alla nave Uss Sutton. Ecco l’elenco di
parte delle 300 tonnellate del prezioso carico: 560 chili di uranio
arricchito (ossido di uranio 235), 465 chili di atabrina (chinino
sintetico), benzil cellulosa (utilizzabile come moderatore per un
reattore nucleare), tre aerei Messerschmitt smontati, proiettili
anticarro (i precursori degli attuali proiettili all’uranio
impoverito), tre tonnellate di progetti vari, alcuni tipi di bombe ed
altro. Ufficialmente gli Usa non dicono che l’uranio trovato era
arricchito, tuttavia in un documento di disciplina militare del 1995
firmato da McNair ed intitolato “Risposte radicali a regimi
radicali”, troviamo: ”... il sommergibile da trasporto tedesco
aveva 550 chili di uranio non specificato... ”. Una richiesta di
chiarificazione sulla reale natura dell’uranio, avanzata da parte
della Cnn a metà degli anni Novanta, si è scontrata con
l’opposizione da parte del governo Usa, del segreto per motivi di
sicurezza nazionale. E già, perché con tutti quei soldi e mezzi che
avevano dispiegato nel progetto Manhattan, nel novembre 1944 erano
solo riusciti a produrre pochi grammi di uranio arricchito... poi
arriva il sommergibile nazista, a maggio, ed ai primi di agosto le
bombe sono già pronte! Salvato in corner quindi tutto lo staff del
progetto che avrebbe altrimenti dovuto faticosamente giustificare il
fallimento del progetto più costoso della storia degli Usa. Sarebbe
lungo qui elencare tutta la documentazione che prova senza ombra di
dubbio che: 1) senza l’uranio del sommergibile non sarebbe stato
possibile fabbricare la bomba all’uranio di Hiroshima; 2) senza la
benzil cellulosa, usata come moderatore, non sarebbe stato possibile
sintetizzare il plutonio; 3) senza l’aiuto dello scienziato
Schickle che era a bordo del sommergibile, il suo contraltare
americano nel progetto Manhattan, Louis Alvarez, non sarebbe riuscito
a progettare in tempo l’innesco ad implosione per la bomba al
plutonio di Nagasaki! Altri due scienziati, ingegneri aeronautici che
erano a bordo del sommergibile, vennero riciclati all’interno
dell’industrie Fairchild da cui uscirà negli anni cinquanta il
famoso aviogetto F-105 usato nella guerra del Vietnam. Si trattava di
August Bringewald, braccio destro dello stesso Willi Messerschmitt, e
di Franz Ruf, che assieme avevano partecipato alla costruzione del
Messerschmitt 262 Schwalbe, il primo aviogetto mai costruito.
Operazione
“graffetta”
Per
arrivare a costruire la bomba atomica, così vuole la tradizione,
vennero spesi due miliardi di dollari in quello che verrà ricordato
come “progetto Manhattan”. Questa operazione occupò negli Usa
uno stuolo di scienziati che lavorarono avvolti nel più grande
segreto tra il 1942 ed il 1945. Le bombe, precedute da una di prova
nel New Mexico, vennero sganciate in agosto su due città giapponesi:
Hiroshima e Nagasaki. Ci furono polemiche per il gran numero di
morti, nell’immediato centinaia di migliaia, e perché pareva che
il Giappone ormai si sarebbe arreso comunque. La cosa in qualche modo
bruciò agli Usa tant’è che questi due bombardamenti nei loro
annuali della storia nucleare, vennero registrati come dei “test”.
Subito dopo, nel novembre 1945, iniziò l’operazione Paperclip
(testualmente: graffetta) che consistette nel reclutare quanti più
possibili scienziati tra quelli nazisti per sottrarli ad altri paesi
(Urss) che potevano cercare di avvantaggiarsi similarmente dei
progressi scientifici compiuti dalla Germania nazista. Questa
operazione in pratica consistette nell’importazione di circa 20.000
tedeschi tra il 1945 ed i primi anni Settanta. L’origine vera del
nomignolo Paperclip è abbastanza triste. Il progetto di importazione
di ex nazisti aveva avuto l’approvazione da parte del Presidente
Truman a patto che gli scienziati esfiltrati, come si dice nel gergo
dei servizi segreti, non fossero esageratamente nazisti. Pertanto
alla Cia decisero di “medicare” i curricula di quelli troppo
coinvolti nel regime, cioè di riscriverli, e per riconoscerli dai
curricula che potevano invece passare così com’erano, appunto, vi
apponevano una graffetta. Anche la Francia importò circa 800
scienziati tedeschi, mentre la Gran Bretagna - ma queste sono le
cifre ufficiali - ne importò 300. Quelli che non erano importanti
per la scienza, cioè gli ex gerarchi sia nazisti che fascisti più
in vista, compresi i collaborazionisti come gli Ustascia Croati,
vennero esfiltrati in America Latina assieme alle ricchezze che in
qualche modo si erano procurati durante la seconda guerra mondiale -
per lo più sottraendole ad ebrei e membri di altre etnie che erano
stati espropriati e/o eliminati nei campi di concentramento. Il
Vaticano, ad esempio, all’epoca aveva creato una “ratline”, un
corridoio attraverso il quale questi personaggi arrivavano a Roma,
travestiti da porporati, venivano forniti di documenti falsi e
spediti in Sudamerica. Il giro dei soldi invece fu più difficile da
scoprire, ma è evidente che vi furono gigantesche operazioni di
riciclaggio cui non pare estraneo il famoso Ior. Ma torniamo negli
Usa.
L’“Atomo
per la pace”
L’orrore
procurato dalle bombe sul Giappone rischiava di compromettere
definitivamente la nascente scienza atomica, l’opinione pubblica
era fortemente contrastata. Fu pertanto necessario mettere in piedi
una gigantesca operazione di propaganda che venne chiamata “Atomo
per la pace” e fu patrocinata dal Presidente Eisenhower. Le Nazioni
Unite, ed in particolare l’Organizzazione Mondiale della Sanità,
si legarono tramite accordi bilaterali con l’Agenzia Internazionale
per l’Energia Atomica al fine di subordinarle eventuali studi
sull’impatto della radioattività sull’uomo. Nessun organismo
dell’Onu avrebbe potuto rivelare dati o fatti contrari agli
interessi della Aiea. In questo modo, si incaricò la volpe di
guardare le galline. Si individuarono a metà degli anni Cinquanta
dei possibili campi di applicazione del nucleare per distogliere
l’attenzione dell’opinione pubblica. Nacque così la
“radioterapia” contro il cancro - in realtà proprio causato in
massima parte dalla contaminazione radioattiva - le centrali nucleari
elettriche - che in realtà servivano per arricchire il combustibile
per la corsa agli armamenti - ed altre amenità che per lo più
servivano a riciclare le scorie che già allora erano un problema. La
principale, l’uranio cosiddetto impoverito, venne usata in molte
applicazioni dove ci si sarebbe aspettato di trovare il piombo:
contrappesi di aerei civili e militari, additivo di denti ed
apparecchiature odontoiatriche, additivo nelle lenti di occhiali e
strumenti di precisione, zavorra, schermatura per altre sostanze
radioattive, come ad esempio il cobalto in ambito ospedaliero. Ma poi
anche fertilizzanti, proiettili (i primi usati nel Viet Nam nel
1966), container, vernici, elettrodi per le saldature per colorare
prodotti in ceramica e vetro. In seguito si usò irradiare anche per
conservare il cibo, per testare prodotti industriali, per vedere se i
bambini delle elementari avevano la tubercolosi e per verificare la
posizione dei feti nelle donne incinte. A fronte di una serie di usi
ufficiali, almeno negli Usa, vi furono centinaia di migliaia di
persone sottoposte ad esperimenti radioattivi senza che ne fossero a
conoscenza. Senza contare i lavoratori del settore, minoranze etniche
quali gli americani nativi che venivano usati come minatori nelle
miniere d’uranio e nel processo di costruzione delle armi nucleari.
Il
tabù del cancro
In
questi anni bui, che ancora non sono finiti, si è cercato
sostanzialmente di negare gli effetti della radioattività, primo tra
tutti la pandemia di cancro. La comunità scientifica, che viveva
dell’indotto del complesso industriale-militare, era in qualche
modo ricattata dal sistema: se uno scienziato levava la voce, perdeva
l’incarico di insegnamento, i fondi per la ricerca e veniva
inesorabilmente emarginato dai colleghi paurosi di fare la stessa
fine. Il cancro divenne un tabù e migliaia di miliardi di dollari
vennero spesi annualmente per nascondere la vera origine della
pandemia, come l’anno scorso puntualizzò Karl Morgan, figura
chiave del progetto Manhattan, all’età di 93 anni. Allo stesso
modo, se qualcuno faceva causa per il cancro preso magari nella
fabbrica d’uranio o perché come soldato era stato portato a vedere
uno dei centinaia di test nucleari, ingentissime somme venivano spese
dal governo per evitare l’ammissione di responsabilità: se si
fosse creato un precedente, si sarebbe aperta la diga delle cause per
danni. Ma proprio l’anno scorso, negli Usa, lo scandalo è esploso
ed il governo per la prima volta ha dovuto ammettere, almeno per i
lavoratori del settore, la relazione causa-effetto tra la
radioattività, il cancro ed altre malattie. Nel 1995 Clinton aveva
creato una commissione per indagare sugli esperimenti sull’uomo e,
in un memorandum riservato, venne fuori che alcuni degli scienziati
nazisti esfiltrati col progetto Paperclip erano poi diventati i
responsabili degli esperimenti radioattivi sull’uomo. L’anno
scorso invece venne creato un Comitato governativo che si sta ancora
occupando di indagare sui coinvolgimenti di società o enti americani
con il nazismo; questo è il risultato delle ricerche di Israele che
hanno portato alla scoperta dei famosi conti segreti in Svizzera e di
tutta una serie di multinazionali che hanno sfruttato il lavoro dei
detenuti dei campi di concentramento. Ne ricordiamo solo una a titolo
di esempio: la Ig Farben. Dal dissolvimento di questa “Montedison”
tedesca nasceranno tra le altre, le seguenti società: Monsanto, Ciba
(ora Novartis), Searle, Eli Lilly, Roche e Bayer Ag. Le prime due
sono coinvolte nei cibi transgenici, la terza è quella
dell’aspartame, il famoso dolcificante cancerogeno. Le ultime due
producono i chemioterapici per la cura del cancro che costano
svariati miliardi al chilo e sono... cancerogeni (come si legge nei
foglietti delle controindicazioni). Una breve lista di altre società
che hanno sfruttato il lavoro degli internati nei campi di
concentramento: Adler Sa, Aeg, Astra (ora fa gli organismi modificati
geneticamente), Auto-Union, Bmw, Messerschmitt, Metall Union, Opta
Radio, Optique Iena, Photo Agfa, Puch, Rheinmetall Borsig Ag (ora
produce le corazze all’uranio dei carri armati), Shell, Schneider,
Siemens, Daimler Benz, Dornier, Erla, Ford, Goldschmitt, Heinkel,
Junker, Krupp, Solvay, Steyr, Telefunken, Valentin, Vistra,
Volkswagen, Zeiss-Ikon, Zeitz, Zeppelin.
Il
“pericolo rosso”
Quello
che gli americani non poterono prevedere, tuttavia, fu il fatto che
questa massiccia importazione di nazisti avrebbe drogato per 50 anni
la politica estera del paese, ma non solo: anche quella interna.
Sapevate ad esempio che Joan Clark, per anni rappresentante degli Usa
presso le Nazioni Unite era la nipote stessa del Von Braun delle V-2?
Altro scienziato graziato dal “lavaggio” del curriculum...
Ricordate il Maccartismo? La persecuzione ossessiva di chiunque fosse
in odore di comunismo? Proprio negli stessi anni le maglie
dell’immigrazione americana nei confronti dei nazisti si aprirono
completamente: non c’era più bisogno di avere un curriculum non
nazista, bastava che, anche se uno era stato capo di un campo di
concentramento, dicesse che aveva combattuto sul fronte contro i
sovietici. Ironia della sorte, le prime vittime di questa politica
furono gli stessi americani che si trovarono questi scienziati e
medici nazisti, gli stessi degli esperimenti nei campi di
concentramento, a capo dei progetti più importanti di esperimenti
sull’uomo condotti in America: da quelli della Nasa a quelli della
stessa Cia. Infatti Dulles, per eccesso di zelo, aveva salvato
l’intera rete spionistica nazista, la famosa Abwehr di Reinhard
Gehlen, e l’aveva riciclata nel cuore dell’Europa, nella Germania
divisa, per combattere ad oltranza il “pericolo rosso”. Inutile
dire a questo punto, che l’agente italiano della rete Dulles-Gehlen
era un famoso aretino, ufficialmente imprenditore materassaio, con
l’hobby della cospirazione, dei circoli riservati e con ottime
entrature latino-americane. Ma questa è un’altra storia.
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Un
mese esatto dopo l'uscita di questo articolo, la CIA si sbottonò
(United Press International - UPI 9/20/2000 - CIA says Nazi general
was intelligence source):
La
CIA ammette che un generale nazista era una fonte di intelligence
La
"Central Intelligence Agency" ha confermato per la prima
volta che un generale nazista di alto grado ha messo la sua rete
antisovietica a disposizione degli Stati Uniti, durante i primi anni
della guerra fredda. Gli Archivi Nazionali hanno rilasciato mercoledì
scorso una testimonianza in tribunale "rendendo nota la
relazione di intelligence con il generale tedesco Reinhard Gehlen,
che era stata tenuta nascosta per 50 anni". I "National
Archives" hanno dichiarato: "L'annuncio della CIA segna il
primo riconoscimento da parte di quella agenzia, di aver avuto
rapporti con Gehlen ed apre il cammino per la dissegretazione dei
documenti relativi". Gehlen era il capo dei servizi segreti di
Hitler sul fronte orientale durante la seconda guerra mondiale ed ha
trasferito le sue conoscenze ed i suoi contatti agli USA mentre la
guerra stava raggiungendo il suo apice. Nonostante che la relazione
di Gehlen con i servizi americani, negli anni '50 e '60, sia stata
oggetto, nel tempo, di cinque libri, l'evetuale rilascio di documenti
della CIA sullo sviluppo della sua rete di spionaggio in Europa
potrebbe portare nuova luce sulle origini della guerra fredda e sui
primi sforzi dello spionaggio americano contro Mosca. La rete degli
agenti di Gehlen in Europa - che includeva molti nazisti che vennero
reclutati nei campi dei prigionieri di guerra da parte degli agenti
americani - era conosciuta come "Organizzazione Gehlen" e
riceveva milioni di dollari di finanziamenti dall'America fino al
1956. I National Archives affermano che l'ammissione da parte della
CIA, dei suoi affari con Gehlen, viene in risposta ad una richiesta
FOIA (NdT: il Freedom of Information Act, la legge americana sulla
libertà d'informazione) da parte del ricercatore Carl Oglesby.
L'agenzia ha dovuto rilasciare i documenti sul generale in base alla
legge sulla dissecretazione dei crimini di guerra nazisti (NdT: il
Nazi War Crimes Disclosure Act). Questa legge creò il Gruppo di
Lavoro Interministeriale sui documenti relativi ai crimi nazisti
(NdT: il Nazi War Criminal Records Interagency Working Group - IWG),
che per più di due anni ha reso pubblici dei documenti relativi ai
crimini di guerra della seconda guerra mondiale, attraverso i
"National Archives". L'ex deputato Elizabeth Holtzman,
membro dell'IWG, sostiene: "Questo dimostra che la legge sta
funzionando. Dobbiamo ora lavorare assieme all'Agenzia per seguire il
rilascio di questi documenti".
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Grazie
ad una ricerca di Carter Hydrick - "Critical Mass",
pubblicata su Internet e successivamente sparita - il quadro si
completa, per quanto riguarda l'uranio arricchito fornito dalla
Germania agli USA. Difatti, secondo Hydrick, l'impianto della IG
Farben ad Auschwitz, la fabbrica "Buna", non era destinato
a produrre gomma sintetica, ma bensì ad arricchire l'uranio. Hydrick
afferma che questa fabbrica non aveva prodotto nessun quantitativo di
gomma e che assorbiva altrettanta energia dell'impianto americano di
arricchimento di uranio ad Oak Ridge. L'attendibilità dello studio
di Hydrick mi è stata confermata personalmente da James E. Phelps,
un ex direttore ad Oak Ridge. Ho scritto una email all'archivista di
Auschwitz, per sapere se poteva mettermi in contatto con qualche
superstite, ma mi è stato risposto che non esiste nessun documento
che parla di produzione di uranio nel campo di concentramento.
L'argomento meriterebbe di essere approfondito.
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