domenica 25 settembre 2011

Segreti di Stati - Cap. 9 Francesco Pazienza

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Capitolo 9 - L'agente italiano Francesco Pazienza

Nell’interrogatorio del 15 giugno 1993, Flavio CARBONI ha riferito in ordine alla genesi dei propri rapporti con Roberto CALVI: «Nell’agosto del 1981, mentre trascorrevo un periodo di riposo in Sardegna, a Porto Cervo - non ricordo se all’Hotel Cervo o in una villa presa in affitto -, una sera incontrai Francesco PAZIENZA ed il MAZZOTTA, i quali mi chiesero in prestito una macchina: procurai loro, se mal non ricordo, una Range Rover. Nell’occasione, Francesco PAZIENZA mi disse di essere in Sardegna con Roberto CALVI e sua moglie, la signora Clara CANETTI. Io ignoravo, sino a quel momento, la presenza dei CALVI, che neppure conoscevo, in Sardegna. Da parte mia, dissi al PAZIENZA che il giorno successivo, con Maria Laura SCANU CONCAS e i miei ospiti, cioè Beppe PISANU, Nestor COLL e Carlos BINETTI, ci saremmo recati in barca all’isola di Budelli, o altro isolotto dell’Arcipelago della Maddalena. Al riguardo, su richiesta di Francesco PAZIENZA, il quale ci teneva a presentarmi il CALVI, fissammo un appuntamento, nello specchio di mare antistante la predetta isola, al quale giunsi con un paio d’ore di ritardo: lì trovai Francesco PAZIENZA, il MAZZOTTA, Marina DE LAURENTIS, Roberto CALVI e sua moglie Clara CANETTI, i quali erano a bordo di un motoscafo; essi ci vennero incontro e salirono sulla nostra barca. In quell’incontro ci scambiammo soltanto dei convenevoli, ma notai la soddisfazione di Roberto CALVI nel conoscermi, dovuta ad una pluralità di ragioni: innanzi tutto, i miei buoni rapporti con Giuseppe PISANU, Sottosegretario al Tesoro ed autorevole esponente della Sinistra DC, con il Consigliere economico del Ministro del Tesoro, Carlos BINETTI, - il quale, per vero, non lo aveva in grande stima - e con Carlo CARACCIOLO, là dove, proprio in quel momento, il banchiere sentiva il fiato sul collo del Ministero del Tesoro e accusava gli effetti dei pesantissimi attacchi de "La Repubblica" e de "L’Espresso"; in secondo luogo, la mia amicizia con un uomo del prestigio di Nestor COLL definito insieme a Carlos BINETTI, da "L’Espresso" per i buoni uffici interposti nell’affare del petrolio venezuelano, "mediatore senza tangenti". «Per quella stessa sera, fui invitato a cena, da solo, nella loro villa di Porto Rotondo, costruita su un lotto di terreno da me ceduto in pagamento di prestazioni professionali a Pompeo LOCATELLI, villa di proprietà di Giuseppe CABASSI «Qui erano presenti, oltre ai coniugi CALVI, al PAZIENZA, al MAZZOTTA e alla Marina DE LAURENTIS, una ragazza negra e le guardie del corpo del Presidente dell’Ambrosiano. «Questi, quella sera, si lasciò andare ad un lungo solioquio, nel quale rievocò, con energia, la sua partecipazione alla campagna di Russia e si scagliò contro le lobbyes che lo stavano osteggiando, prima tra tutte quella del Ministero del Tesoro". - Tratto dalla requisitoria sulla Banda della Magliana, P.M. Otello Lupacchini.

Visto che ormai avevo una certa esperienza in casi disperati, dopo aver letto il libro scritto da questo ex agente del SISMI (Il Disobbediente, Longanesi editore 1999), mi ci sono messo in contatto cominciando a scrivergli nel Carcere di Parma dove era recluso. Le sue prime lettere erano intrise di diffidenza, ma dopo un po' hanno cominciato ad uscire i dettagli di quella che appare come una storia kafkiana del XX-XI secolo. Unico italiano ad essere stato sottoposto al regime 41bis "per motivi politici" - normalmente il 41 bis viene applicato per mafia o terrorismo - mi è apparso subito come una delle persone più interessanti che mi sia stato dato di conoscere, ancorché solo epistolarmente. Sono sicuro che lo Stato italo-anglo-americano abbia reiterato uno dei suoi ormai troppo soliti autogol. Ho voluto citare il suo caso perché il "Governo Invisibile" che uccide, cancella e condanna quanti hanno il coraggio di dire le cose come stanno, ne ha fatto un emblema a futura memoria (nel senso: prima di servire lo Stato, fateci un pensierino). Prima di entrare nei dettagli della vicenda di questo uomo, che rappresenta esso stesso un segreto di stato vivente, mi pare doveroso riportare una lettera che mi inviò in copia. Parto quindi dalla sua esasperante avventura carceraria.

Egr. Dr. Silvio Di Gregorio
Direttore
Istituti Penitenziari
via Burla 3
43100 Parma 22 gennaio 2002

Egregio Signor Direttore,
mi permetto recarle disturbo per richiamare doverosamente alla sua cortese attenzione la presente narrazione, in punto di fatto:

1) A partire dal 1/10/1999, per otto mesi e ventotto giorni lei mi ha tenuto nel settore 41 bis, in una cella semibuia e senza alcuna irradiazione solare. Sono stato estratto immediatamente dopo una ispezione della direzione sanitaria che ha verificato l'inumanità con cui venivo trattato. E' stato redatto un rapporto dal professor Giorgio Pavarani, documento che si chiude con la seguente osservazione: "Oggi in un carcere che mi è coevo mi sono trovato nel Medioevo". In seguito a questo particolare trattamento ho perso 0,50 diottrie di visus dall'occhio sinistro, come riscontrabile da visite oculistiche effettuate prima e dopo la permanenza in 41 bis.
2) Alle ore 11,41 del 4/5/2000 lei inviava un telefax all'Autorità Giudiziaria di Bologna (nr. 12728) in cui mi qualificava in maniera del tutto apodittica come detenuto ristretto nel settore 41 bis per associazione mafiosa, ex art. 416 bis c.p.
3) In data 8/10/2001 (ore 10,30 circa) un suo collaboratore, l'ispettore Catalano, con indubitabile schiettezza, mi specificava come fosse notorio a tutti, ed anche a lei, che la decisione di segregarmi in 41 bis fosse stata solo ed esclusivamente presa su iniziativa politico amministrativa. In stessa data preparavo una dichiarazione, a futura memoria, che inviavo all'avvocato Roberto Ruggiero del foro di Roma e contenente quanto dall'ispettore riferitomi, ma già noto al sottoscritto ed alla difesa legale. D'altronde, allorché alle ore 6,15 del 1/10/1999 il dispositivo che mi "condannava" al 41 bis, mi fu personalmente consegnato dal comandante del carcere romano Regina Coeli, nel suo ufficio, questi ebbe a pronunciare le testuali parole, per me indimenticabili: "In tanti anni di questo lavoro ho visto tante porcherie, ma una simile mai". Anche lei ha ricevuto, ovviamente, questo documento ed a parte i deliri narrativi le sarà sfuggito sicuramente come violasse palesemente l'art. 4 bis della legge 354/975 ed anche l'art. 476 del codice penale. Scriveva il politico firmatario essere io meritorio del 41 bis perché (testuale) "con precedenti per associazione a delinquere e già sottoposto a misure di prevenzione della P.S.". Un falso ideologico eclatante! E sono altrettanto convinto che se lei se ne fosse accorto avrebbe ottemperato a quanto previsto dall'art. 331 c.p.p.
4) Dal 41 bis venivo da lei trasferito nel settore 1B, dove risiedono condannati per pedofilia e reati sessuali. Con ordine di servizio, lei disponeva che fossi mantenuto isolato e segregato, specificando l'assoluto divieto d'incontro con chicchessia ed imponendo che la porta metallica della mia cella restasse costantemente chiusa. Diniego, inoltre, a poter partecipare alle funzioni religiose. In queste condizioni mi trovo tutt'oggi e dopo aver trascorso due estati in un vero e proprio forno crematorio, a causa dell'impossibilità di circolazione d'aria per la succitata serrata. Parafrasando Von Clausewitz, si è continuata la politica del 41 bis con altri metodi. O anche peggio, visto che ai mafiosi la porta viene mantenuta aperta e che tra di loro possono socializzare, come assistere alla Santa Messa. Mi permetto farle osservare che la prova provata di quanto affermo consiste in un documento, datato 8 agosto 2000, di cui riparlerò nel prosieguo di questa lettera. In questa data ero "teoricamente" ridivenuto un detenuto in regime ordinario, ma lei inviava questo documento al settore del Ministero di Giustizia che si occupava del 41 bis. Quando, come mio diritto, io chiesi copia di questo documento, peraltro attestante fatti palesemente non proprio consoni al vero, lei decise mi fosse consegnato con alcune grossolane sbianchettature che ne obliteravano il destinatario. Episodio che puntigliosamente portavo alla sua attenzione in varie comunicazioni scritte nell'estate 2001.
5) Moderna "maschera di ferro", non ho avuto neppure un nome, ma solo un numero: AA07-95-00322. Nell'estate 2000 non mi è stato concesso l'accesso alle docce per circa due mesi, riducendomi in uno stato igienico miserevole dal 28/6 al 19/8 ore 12,30. Dimenticato da Dio e dagli uomini, è anche accaduto che si sia omesso di fornirmi il vitto, perché agli incolpevoli agenti di servizio si era dimenticato di comunicare che in quella cella senza nome e costantemente chiusa vi fosse qualcuno. Le date: 2/7/2001, 12/7/2001, 19/9/2001, 17/1/2002.
6) A novembre 2000 le ho chiesto per iscritto la possibilità di accedere alla palestra ginnica. Lei ha dimenticato la mia richiesta fino al 24/2/2001 e solo allorché è intervenuto il signor magistrato di sorveglianza che, a sua volta, aveva ricevuto dalla Procura della Repubblica di Roma copia di una mia lettera in cui descrivevo le condizioni in cui venivo mantenuto nell'istituto da lei diretto. Lettera sollecitatami da un S.P.n allorché, in pubblica udienza (6/12/2000), aveva ascoltato quanto da me detto, dichiarandosi incredulo che ciò potesse accadere in un istituto carcerario della Repubblica italiana.
7) Ho reiteratamente, ma inutilmente, chiesto un miglioramento della mia vita, con possibilità di accedere a qualsivoglia attività lavorativa fino a quando, esasperato, in data 22/3 le comunicavo che lunedì 26 avrei iniziato uno sciopero della fame di protesta.
8) In data 23/3, ore 10, mi veniva concesso, per la prima ed ultima volta, di incontrare un educatore (signora Marchesini) cui facevo presente l'inumanità delle mie condizioni ed il desiderio di poter lavorare o anche solo aiutare altri detenuti studenti.
9) In data 7/4, dopo tredici giorni di astensione totale dal vitto, venivo convocato dall'ispettore Grimaldi (ore 16,30) il quale mi assicurava che, ad iniziare dal mese di maggio, le mie condizioni di vita sarebbero migliorate ed una qualche forma di attività lavorativa nella biblioteca mi sarebbe stata concessa. Interrompevo lo sciopero.
10) In data 2/5/2001 (ore 9,15) l'impegno preciso e verbale dell'ispettore Grimaldi veniva dallo stesso sconfessato con un documento in cui mi si negava qualsivoglia attività lavorativa e miglioria delle mie condizioni di vita, con proseguimento dello stato di isolamento assoluto.
11) Ripetutamente il medico psichiatra ha raccomandato con rapporti scritti un miglioramento della mia vita detentiva, in quanto la protrazione pluriennale dello stato di segregazione nocivo al mio stato di salute. Lei ha costantemente ignorato quanto consigliato dal clinico. Scriveva questi, in data 10/5/2001: "Come nella precedente occasione, parla lungamente della esigenza di migliorare la qualità della vita all'interno del carcere e della sua aspirazione di poter mettere la sua cultura ed il suo impegno a servizio di altri detenuti in attività educative e d'istruzione che gioverebbero alla sua integrità e benessere psicofisico. Lamenta, inoltre, la possibilità mancata di poter trascorrere parte del tempo in qualsiasi altra attività lavorativa che possa sottrarlo all'ozio ed al tedio (...). Come già precedentemente espresso, riterrei molto utile al fine del benessere psichico del detenuto, seppur nell'ovvio rispetto delle misure di sicurezza, che possa usufruire di una attività possibilmente consona al fine di trarre giovamento ed una maggiore serenità". In questi termini, ancora, si esprimeva il clinico in data 25/7/2001: "Riterrei utile, compatibilmente alle misure di sicurezza che riguardano il detenuto in oggetto, che il medesimo potesse impegnare il suo tempo in attività consone, quali attività di bibliotecario oppure di insegnamento cacerario". Analoghe considerazioni esprimeva il medico psichiatra in data 23/11/2001. Tutto ciò lei ha continuato a considerarlo del tutto in conferente e non si comprende per quale ragione il Ministero della Giustizia paghi clinici il cui parere viene bellamente ignorato. Ecco quanto invece lei riferì al Ministero di Giustizia in data 8/8/2000, documento da me acquisito a luglio 2001: "Ha sempre amntenuto un atteggiamento di estremo riserbo, restando chiuso senza recarsi ai passeggi ed evitando la socializzazione con gli altri detenuti". Richiamo alla sua cortese attenzione un passaggio della mia lettera all'ufficio della Procura della Repubblica di Roma datata 21/12/2000 e da questa inviata in copia al signor magistrato di sorveglianza (vedi punto 6) in cui, con indubbio spirito di preveggenza, affermavo: "Tra l'altro, non vorrei che nei documenti interni si fossero inventati qualche storia fantascientifica secondo la quale sarei io a rifiutare mirabolanti proposte di trattamento. Se si può scrivere il falso per determinare un 41 bis, un fatto simile non necessiterebbe un grande sforzo". Ma l'asserzione secondo cui sia io ad aver scelto un simile regime di isolamento è talmente contraria alla realtà fattuale e documentale da poter pensare solamente ad una palese svista, o lapsus, presente nel documento che lei ha inviato al Ministero di Giustizia nell'agosto del 2000. Non ho altra spiegazione per un cotanto travisamento.
12) In data 6/7/2001 facevo richiedere ufficialmente alla sua persona tramite legale difensore, e come mio diritto, copia della relazione redatta dal dirigente sanitario in seguito ad ispezione ex officio del luogo in cui ero detenuto in 41 bis. Data già citata del 17/6/2000. Lei, cortesemente, acconsentiva con lettera n. 19603 del 16/7/2001.
13) Improvvisamente, però, in data 18/7 - ore 9 - un agente incaricato mi rendeva edotto che non esisteva alcun rapporto redatto dal dirigente sanitario in data 17/6/2000. Scrivevo immediatamente raccomandata A.R. al dirigente, esternando la mia meraviglia per l'inesistenza di una relazione che mi constava esistere. La sera del 23/7/2001 (ore 22, circa) un medico mi mostrava la relazione assicurandomi della sua esistenza e affermando che copia, come mio diritto, mi sarebbe stata consegnata non appena autorizzazione fosse stata rilasciata da parte della direzione. Seguiva una serie di solleciti epistolari da parte mia alla sua persona. In data 17 agosto 2001 lei mi convocava nel suo ufficio e durante quel colloquio mi consigliava di assumere un atteggiamento conciliante a livello "locale". Spero lei abbia perfetta memoria di quanto mi riferì, giungendo a consigliarmi di richiedere un primo permesso di qualche ora da trascorrere nella città di Parma. Io, forse inopinatamente, continuai a pretendere la consegna di quell'introvabile relazione sanitaria. In data 7/9/2001 le rivolgevo preghiera affinché se vero fosse che tale rapporto non esisteva mi si consegnasse un riscontro ufficiale, scritto, che lo attestasse. In data 8/9/2001 ricevevo finalmente l'agognato documento. Mi permetto riportare alla sua cortese attenzione alcuni brani: "Risponde che è sottoposto a regime 41 bis ingiustamente e che non intende socializzare con i detenuti del crimine organizzato qui ristretti. Eppure questa è una situazione che dal punto di vista tecnico professionale e secondo scienza e coscienza io ritengo totalmente inaccettabile, oltreché incompatibile con i principi umanitari e della medicina (...). La visuale oltre le sbare della finestra è rappresentata da un muro che dista circa un metro e non consente l'irraggiamento solare nel modo più assoluto in alcuna parte della cella (...). Oggi in un carcere che mi è coevo mi sono ritrovato nel Medioevo". Inoltre: "Dichiaro incompatibili le sue condizioni di salute a sopportare ulteriormente il regime cui è sottoposto in totale isolamento". Lei ha pervicacemente ignorato tale "incompatibilità".
Termino questa mia lettera in punto di fatto sperando che lei possa darmi atto di come mi sia attenuto solamente alla enunciazione degli accadimenti e nulla più. Nel contempo ho compreso che in realtà debbo porgere le mie scuse, avendo ritenuto del tutto erroneamente che anche un detenuto abbia i propri diritti, propalanti da precisi dettami costituzionali, disposizioni legislative ed articoli dei codici. In realtà, appare del tutto evidente che lei abbia ritenuto indispensabile una iniziativa sanzionatoria non per un comportamento intramurario che è stato, a norma di regolamento, sempre ineccepibile, ma perché mi sono permesso di reclamare puntigliosamente quanto lei avrebbe dovuto disporre ex officio nei miei confronti... e richedendo documentazione che non proiettava sicuramente una luce del tutto limpida sul trattamento carcerario riservatomi nell'istituto di cui lei è direttore. Lei considera la non accettazione di palesi violazioni costituzionali, legislative e dei codici, come una forma di ostilità e di chiusura nei confronti dell'"organizzazione". Quasi un delitto di lesa maestà. Mi permetto rammentarle, signor direttore, quanto evocato dall'art.27 della Costituzione e dall'art. 3 della legge penitenziaria: "Le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato". Negli istituti penitenziari è assicurata ai detenuti ed agli internati parità di condizioni di vita". Mi riesce molto difficile comprendere quale umanità, rieducazione e quale egualitarismo vi siano stati nel tenere un essere umano segregato, nel silenzio e senza che potesse vedere e parlare con nessuno. MAI. La ringrazio per la sua attenzione. Con distinti saluti, Francesco Pazienza Donato.

In seguito, Pazienza è stato trasferito ad altro Carcere. La Procura della Repubblica presso il Tribunale di Parma ha aperto un procedimento penale, fascicolo n. 1790/03 RGNR, Mod.21, inviando un avviso di garanzia al sunnominato direttore del carcere, Silvio Di Gregorio. La miglior scrittrice europea del 2002, recentemente premiata a Madrid, Isabel Pisano, ha dedicato a Francesco Pazienza il suo libro appena uscito "La Sospecha". La dedica riporta per ben tre volte il nome di Pazienza. Cosa ha fatto quest'uomo per meritare tanto bene e tanto male? Andiamo per ordine. E' stato lui a dire che la strage di Bologna poteva essere collegata agli accordi di Malta (vedi cap.IV), è stato lui a dire che il bilancio finale del Banco Ambrosiano Estero (mai acquisito dai giudici) venne messo sotto segreto di Stato dall'allora premier inglese Margaret Thatcher. Che fine ha fatto, a livello giudiziario, il rapporto che il Customs Service USA (agenti Donevan e Callighan) aveva inviato al giudice Giovanni Falcone informandolo che il rapporto Touche & Ross sull'Ambrosiano era pronto? (Rapporto protocollato 39131/RDA dal Comando Generale della Guardia di Finanza di Roma il 9 dicembre 1986) Perché, quando la consorte di un illustrissimo magistrato romano ha chiesto di conoscere il contenuto dell'estradizione di Pazienza dagli Stati Uniti, Mino Martinazzoli ha opposto il segreto di Stato? Fulvio Martini era d'accordo con l'allora Direttore della CIA William Casey per combinare l'estradizione, perché? Chi cominciò a procurare guai negli USA a Francesco Pazienza? Un personaggio del Ministero della Giustizia USA, Ted Shackley. Ricordatevi questo nome. La chiave è tutta lì. Lo ritroveremo nel capitolo dedicato a Chip Tatum. Il 27 dicembre 2002, Pazienza presenta domanda di Grazia. Vale la pena riportarla.

S.E. Sig. Presidente della Repubblica - Roma (NdA: Carlo Azeglio Ciampi, ex governatore della Banca d'Italia SpA)
S.E. Sig. Ministro della Giustizia - Roma (Nda: Ministro Castelli, Lega Nord)
Oggetto: Richiesta ex Art. 681 c.p.p.

Eccellenza,
il sottoscritto Francesco Pazienza Donato, nato a Monteparano (TA) il 17 marzo 1946, attualmente ristretto presso la C.R. di Parma, con la presente sommessamente richiede alla Ecc.ma S.V. poter fruire della concessione di Grazia condizionata relativamente alla condanna subita con sentenza del 14 marzo 1986 da parte della Corte d'Assise d'Appello di Roma ad anni tre e due mesi ex artt. 314, 378 c.p.
La presente domanda è inoltrata ai sensi dell'art. 681 comma 2 c.p.p. al Sig. Magistrato di Sorveglianza (NdA: Dott.ssa Nadia Buttelli - Reggio Emilia) cui sarà trasmesso un corposo fascicolo con allegati probatori. E' pur vero che in uno Stato democratico e di diritto debba esistere la certezza della pena ma, sommessamente, credo debba esistere anche la certezza del diritto di difesa e di un processo equo. In data 4 marzo 1985 fui arrestato su richiesta estradizionale della Repubblica Italiana nella città di residenza pro tempore: New York. La richiesta estradizionale relativamente al procedimento de quo fu fatta ritirare con ciò negandomi il diritto alla garanzia giurisdizionale in sede di procedimento estradizionale. Fui quindi processato come 'latitante' e 'contumace' nei due gradi di merito mentre mi trovavo ristretto in un carcere americano senza potermi difendere e conferire con il legale difensore (sic). Il fascicolo probatorio dimostra meticolosamente come l'iter estradizionale sia stato inquinato dalla Central Intelligence Agency (NdA: all'epoca sotto la direzione di Casey, ora defunto) su richiesta dell'italiano SISMI (NdA: il servizio italiano di intelligence militare, all'epoca sotto la direzione dell'ammiraglio Fulvio Martini, ora defunto). L'applicazione della pena ottenuta tramite deroga al principio di specialità per via amministrativa e concessa solo nel 1992 ma notificatomi addirittura in data 27 novembre 1995. In data 8 aprile 1987 la seconda sezione giurisdizionale della Corte dei Conti con sent. nr. 100/87 dichiarava non doversi procedere contro il sottoscritto perché del tutto apoditticamente processato e condannato ex Art. 314 c.p. allorché mai ero stato né pubblicamente ufficiale né tantomeno incaricato di pubblico servizio. In data 13 agosto 1994 a conclusione del procedimento nr. 1164/87 G.I. Roma (Sez. 1 stralcio) il giudice istruttore di Roma, Dr. Otello Lupacchini, stabiliva che il sottoscritto non si era mai reso responsabile del reato di favoreggiamento ex art. 378 c.p. per cui era stato processato e condannato. In data 23 marzo 2000 il Presidente della Corte d'Assise di Bologna, Dr. Maurizio Millo, in pubblica udienza (Procedimento nr. 1/96) dichiarava che il processo celebrato contro il sottoscritto era indegno di un Paese della Comunità Europea per la palese violazione dei diritti della difesa. Basti pensare che non fui mai interrogato neppure nella fase istruttoria perché dichiarato dolosamente 'irreperibile' allorché e nonostante perfettamente noto fossi un estero residente iscritto alla Anagrafe Italiani Residenti Estero. Ciò in violazione degli Artt.3 e 24 della Carta fondamentale secondo quanto specificatamente stabilito da sentenza nr. 177/1974 della Corte Costituzionale relativamente, appunto, alla incostituzionalità del rito per irreperibili nei confronti di coloro che, cittadini italiani, sono residenti all'estero. La mia iscrizione come estero residente era ufficialmente avvenuta presso l'Ufficio Anagrafe del Comune di Roma in data 13 gennaio 1983 allorché il procedimento penale nr. 17270/83 non era neppure iniziato ed iscritto a registro. Talmente notoria era la mia estera residenza che in data 9 dicembre 1982 la Commissione Parlamentare sulla Loggia P2 (NdA: loggia ammaestrata da Licio Gelli, non ancora defunto) dispose una mia audizione presso il Consolato italiano a New York. Il fascicolo probatorio dimostra inoltre la vergognosa quantità dell'inquinamento probatorio messo in atto dal SISMI sopratutto a partire dal periodo in cui la direzione fu assunta dall'Ammiraglio Fulvio Martini. Tutto ciò premesso ringrazio l'Ecc.ma S.V. per l'attenzione prestata porgendo i più deferenti ossequi. Francesco Pazienza. Parma, 27/12/2002.
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Mi sono interessato per sapere, pochi mesi dopo, che fine avesse fatto questa domanda di Grazia. Incontrai perciò, a Pontida, il segretario particolare del ministro Castelli, Stefano Simonetti, che mi informò del fatto che occorreva il beneplacito da parte del Direttore Generale degli Affari Penali, Dott.ssa Augusta Iannini, tra l'altro consorte della stella del giornalismo Bruno Vespa. Non bastava quindi la firma di Ciampi e di Castelli. Mi auguro che la Dott.ssa Iannini trovi il tempo di esaminare la domanda di Grazia e/o, ancora meglio, abbia occasione di leggere questo libro. Nel frattempo, il direttore del carcere di Parma, Silvio Di Gregorio, è stato indagato dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Parma, dal pm Dott. Brancaccio (numero del procedimento: 1790/03 RGNR).

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