domenica 11 dicembre 2011

MONTI ELIMINA LE PENSIONI DI ANZIANITA’


ECONOMIA. SCILIPOTI (MRN): MONTI ELIMINA LE PENSIONI DI ANZIANITA’

Roma, 10/12/2011. “L’art. 24 del DDL 4829 (manovra salva-Italia) di conversione del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, recante disposizioni urgenti per la crescita, l’equità e il consolidamento dei conti pubblici, modifica le disposizioni dei trattamenti pensionistici, eliminando, di fatto, le pensioni di anzianità”. L’On. Scilipoti, segretario politico del Movimento di  Responsabilità Nazionale, commenta così la evidente non equità della manovra economica del Governo dei tecnocrati. “Questa politica del disfattismo, con la scusa che l’Italia sta andando a rotoli, colpisce duro sui lavoratori, in particolare affondando il coltello sul requisito dei 40 anni di contribuzione, che finora aveva costituito una sorta di garanzia insuperabile a prescindere dall’età anagrafica”. “Tali disposizioni – continua il leader del MRN – - incidono pericolosamente sulle legittime aspettative dei lavoratori, configuranti quei diritti acquisiti che la giurisprudenza della Corte Costituzionale ha riconosciuto come costituzionalmente garantiti, determinando così delle insanabili sperequazioni”. “L’applicazione di queste modifiche determina la poca competenza o il poco rispetto nei confronti dei cittadini italiani. Questo – conclude l’On. Scilipoti – è uno dei tanti motivi per cui questo DDL chiamato manovra salva-Italia non potrà essere votato”.

1 commento:

  1. Roma – L’ultima notizia che arriva dalla fredda Islanda riguarda i banchieri che nel 2008 hanno contribuito a far precipitare la situazione finanziaria del Paese: nove alti funzionari di banca ritenuti responsabili del crack di tre anni fa sono finiti dietro le sbarre.
    Come se non bastasse, dopo i lavori della Commissione istituita nel 2010 proprio per indagare al riguardo, il procuratore speciale Olafur Thor Hauksson ha ordinato una serie di perquisizioni presso le maggiori istituzioni bancarie islandesi, tra cui la Banca centrale, la Mp Bank e la Almc Bank, controlli che lasciano presagire una nuova serie di arresti nelle alte sfere della finanza.
    Cosa significa questo? Che contrariamente a quanto avviene nel resto del mondo – un esempio per tutti sono gli Stati Uniti dove Goldman Sachs continua indisturbata a fare il bello e il cattivo tempo influenzando i mercati finanziari di tutto il mondo – in Islanda non si sono limitati ad attribuire colpe e responsabilità, ma hanno scelto di far pagare la crisi a chi l’ha provocata, senza far gravare i costi sulle spalle dei cittadini.
    I risultati della silenziosa rivoluzione in Islanda sono tangibili: il popolo, attraverso un referendum, ha vietato allo Stato di farsi carico dei debiti contratti dalle banche a causa dei banchieri speculatori, definendo il debito detestabile – cioè un debito contratto dallo Stato che non porta al popolo nessun vantaggio, ma solo penalità – e quindi non esigibile.
    Assorbiti dalla riscrittura della Costituzione con un metodo orizzontale e partecipativo, gli islandesi hanno indirettamente deciso di liberarsi dall’ingerenza del Fondo monetario internazionale: dopo la sesta revisione dell’economia islandese il Fondo ha deciso di cessare qualsiasi tipo di intervento – dal più invasivo al più blando – nel Paese.


    Gli islandesi sono tutt’altro che disperati dopo la decisione del Fondo: il capo del Governo Johanna Sigurðardóttir, il ministro delle Finanze Steingrimur J. Sigfusson e il ministro dell’Economia e del Commercio Arni Pall Arnason hanno parlato di una nuova stabilità economica e monetaria che l’Islanda riuscirà a ristabilire in breve tempo.
    Nessun flusso di aiuti dal Fondo monetario internazionale o dalla Banca centrale europea – il primo, oltretutto, tentò di accollare ai cittadini non solo il debito contratto dalle banche, ma anche un tasso di interesse del 5,5%, 3 mila e cinquecento milioni di euro da ripagare in quindici anni – l’Islanda ha eliminato il problema alla radice, liberandosi dalla politica economica monetarista tipica dell’Occidente e rifiutando di pagare per le colpe degli altri.
    Perché allora nessuno parla della rivoluzione islandese? Per un motivo molto semplice, la democrazia diretta e quella che potremo definite “autodeterminazione finanziaria” islandese mettono in crisi un sistema che governa e regola tutto il mondo, quello delle grandi banche.
    Passata dalla privatizzazione – nel 2003 tutti gli istituti bancari del Paese erano privati, con il conseguente enorme flusso di capitali stranieri – alla nazionalizzazione e poi alla bancarotta, da un governo monetarista a uno democratico e finanziariamente “autarchico”, l’Islanda ha trovato la strada per uscire dalla crisi.
    Mentre gli islandesi aspettano che la nuova Costituzione passi al vaglio del Parlamento e ristabiliscono la propria situazione finanziaria senza intaccare i propri risparmi, il resto del mondo aspetta immobile che cali la scure delle grandi banche, incapace di reagire.
    Forse, dicono alcuni, in Islanda ci sono riusciti a causa dell’esiguo numero di abitanti. Forse, rispondono altri, in Islanda ci sono riusciti perché ci hanno provato.
    Francesca Penza

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