In Emilia-Romagna ritorna il baratto. La moneta complementare arriva per legge
di Ilaria Vesentini5 dicembre 2013
BOLOGNA - "La Regione promuove la nascita, la diffusione e l'utilizzo, anche da parte di Regione ed Enti locali, di strumenti di scambio non monetari creati dal basso promuovendo altresì il confronto e l'approfondimento sul tema delle monete complementari".Parole contenute nel secondo comma, articolo 4, del pionieristico progetto di legge 4738 appena approdato sul tavolo dell'assemblea legislativa emiliano-romagnola che ha unito maggioranza e opposizione nel tentativo di sostenere per via normativa l'economia solidale e dare risposta alle emergenze credit crunch e pagamenti in ritardo della Pa.
Un tentativo senza precedenti, firmato da Pd, M5S, Idv, Fds, Verdi, per regolamentare un "modello sociale economico e culturale improntato a principi di eticità e giustizia, di equità e coesione sociale, di solidarietà e centralità della persona, di tutela del patrimonio naturale e legame con il territorio e quale strumento fondamentale per affrontare le situazioni di crisi economica, occupazionale e ambientale" – così esordisce il testo di legge – ma che non interviene sull'aspetto più spinoso: come far funzionare le forme di baratto e dunque le monete complementari.
Perché è questo il vero nodo che sta facendo fallire anche l'esperimento francese cui guardavano come modello gli industriali imolesi nel percorso avviato lo scorso febbraio per creare una valuta locale. Percorso che sta proseguendo il suo iter con l'obiettivo di mettere al riparo il tessuto produttivo locale dalle turbolenze della finanza speculativa e aiutare le imprese paralizzate dal blocco del credito: una cinquantina le aziende del circondario imolese di Unindustria Bologna già aderenti all'Efa, l'associazione nata proprio per portare avanti questa partita, "ma ne servono almeno 100 o 150 per fare massa critica e partire sperimentalmente", spiega il presidente della delegazione industriale Marco Gasparri.
"Ben venga un intervento legislativo per inquadrare la moneta complementare, se non serve semplicemente a fare folclore o a creare ulteriori lacci e lacciuoli. Il problema è su quali presupposti, esperienze ed elementi basarlo, visto che si parte da zero", afferma Massimo Amato, docente dell'Università Bocconi di Milano che con il collega Luca Fantacci ha creato il progetto di moneta complementare appena partito (molto al di sotto delle attese) a Nantes, in Francia.
Una sperimentazione, quella del "Sonantes" - così è stata battezzata, tramite bando di gara, la moneta della Loira - avviata con il pieno sostegno, anche economico, del sindaco di Nantes e con una dimensione minima di tutto rispetto (un territorio di 600mila persone, 40mila imprese e oltre 15 miliardi di Pil). "Ma pare destinata al fallimento per difetti di organizzazione partecipativa", prende le misure l'economista, facendo notare che neppure in Francia esistono norme di contorno e che la stessa banca centrale ha preso posizione ufficialmente stabilendo interventi caso per caso sui molti (e diversi) progetti di moneta complementare che stanno gemmando oltralpe.
"Il circuito della moneta complementare – spiega Amato - è un modo di riscrivere un patto sociale, è un modello di governance orizzontale cooperativo in cui tutti devono aver diritto di parola. Oltre all'aspetto organizzativo, carente a Nantes, c'è poi quello tecnico, perché le camere di compensazione non si improvvisano e devono offrire vantaggi economici, altrimenti rischiano di costare più nella moneta ufficiale". Un contesto solidaristico-partecipativo che è proprio quello messo nero su bianco nei dieci articoli della proposta di legge in discussione a Bologna che affonda nella tradizione cooperativa di cui è impregnata la via Emilia a livello politico e imprenditoriale.
Un primo passo per ribaltare un modello culturale e arrivare all'introduzione dell'Emiro (nome composto dalle due abbreviazioni Emi e Ro, Emilia-Romagna), progetto di baratto 2.0 in valuta elettronica, che si incrocia con il progetto imolese e si ispira al successo del Sardex: il circuito di credito commerciale che dal 2010 permette a circa 800 imprenditori della Sardegna di pagare beni e servizi tramite una sorta di moneta locale a chilometro zero". La Lega Nord è tornata questa settimana a interrogare la Giunta regionale sui tempi per l'introduzione dell'Emiro per dare sollievo alle imprese strangolate dal credit crunch e dall'incubo dei pagamenti in ritardo. Non è un caso che il prossimo 12 dicembre sarà la stessa Università Bocconi a organizzare un convegno in via Sarfatti per discutere dell'utilizzo della moneta complementare e di camere di compensazione per rispondere al problema dei crediti incagliati della Pa.
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