Mafia - Cassazione Penale: per la
sussistenza dell’aggravante è sufficiente il riferimento anche implicito
al potere criminale radicato nel luogo di commissione del fatto
18 giugno 2018 -
Ai fini della sussistenza
dell’aggravante dell’utilizzazione del metodo mafioso, è sufficiente,
in un territorio in cui è radicata un’organizzazione mafiosa storica,
che il soggetto agente faccia riferimento al potere criminale anche solo
in modo implicito. Questa la recente pronuncia della Cassazione.
Il caso in esame
La Corte d’Appello, in parziale riforma della sentenza di primo grado, aveva condannato un soggetto accusato del reato di estorsione pluriaggravata alla pena di anni tre, mesi sei e giorni venti di reclusione.
Avverso questa decisione, il difensore dell’imputato aveva proposto ricorso per cassazione, lamentando il riconoscimento dell’aggravante dell’utilizzazione del metodo mafioso di cui all’articolo 7 del Decreto Legge 13 maggio 1991, n. 151, convertito in Legge 12 luglio 1991, n. 203, ritenendo
che non fosse sufficiente per la sussistenza di detta aggravante l’aver
fatto semplice allusione all’esistenza di un gruppo criminale non
meglio identificato.
La decisione della Suprema Corte
Al fine di dare soluzione al quesito
giuridico proposto dal ricorrente, la Corte di Cassazione ha ribadito
l’orientamento secondo cui, ai fini della sussistenza dell’aggravante de quo, “è
sufficiente - in un territorio in cui è radicata un’organizzazione
mafiosa storica - che il soggetto agente faccia riferimento, in maniera
anche contratta od implicita, al potere criminale dell’associazione, in
quanto esso è di per sé noto alla collettività”.
Affermano i giudici di legittimità che: “nei luoghi di
radicata infiltrazione delle mafie storiche i codici di comunicazione
degli affiliati sono noti ed è sufficiente un richiamo anche implicito
per suscitare il timore dell’esercizio di note forme di violenza, la cui
diffusa conoscenza fonda il potere di intimidazione e di controllo
delle organizzazioni criminali riconducibili alle mafie storiche”.
Nel caso di specie, la Corte ha
osservato che le sentenze di merito di entrambi i gradi di giudizio
avevano ritenuto sussistente l’aggravante della “mafiosità” rilevando che
l’imputato aveva fatto esplicito riferimento, in occasione
dell’attuazione della condotta estorsiva, ad un gruppo criminale
radicato nel luogo di commissione del fatto, adoperando le “modalità tipiche del metodo mafioso, oggettivamente idoneo ad esercitare una particolare coartazione psicologica sulle persone”.
Per le ragioni di cui sopra, la Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile,
condannando il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della
somma di euro 2.000,00 a favore della Cassa delle Ammende.
(Corte di Cassazione - Sezione Seconda Penale, Sentenza 12 marzo 2018, n. 10976)
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