Capitolo
13. L'ammiraglio italiano Falco Accame
"A
questo punto si impone una precisazione sull'organigramma della
"Organizzazione". In alto vi sono i servizi segreti
(italiani ed americani) e importanti militari, ma al vertice,
contrariamente a quanto si potrebbe credere, non vi sono uomini
politici che dettano legge a loro discrezione, bensì alcune potenti
società multinazionali (in questo caso molte americane, una tedesca,
diverse italiane). Sono queste organizzazioni finanziarie che
manovrano, questa volta sì a loro discrezione, certi uomini politici
italiani."
Dal
memoriale di Roberto Cavallaro, autunno 1974 (Tratto da: "Lo
Stato parallelo", di Cucchiarelli e Giannuli, Gamberetti Ed.,
1997)
Ho
conosciuto l'ammiraglio Accame nel 1999, durante una conferenza in
Sardegna sul tema dell'uranio impoverito, dove entrambi eravamo
relatori. All'epoca svolgevo alcune ricerche su una struttura
semi-legale che di tanto in tanto emergeva nei casi italiani di
spionaggio: l'UAR (Ufficio Affari Riservati), poi rinominato UCSI
(Ufficio Centrale Sicurezza Interna), che aveva, come funzione
ufficiale, lo smistamento della posta tra i vari ministeri..In realtà
mi appariva come una struttura di collegamento tra l'intelligence
americana e quella nostrana. Falco mi è stato d'aiuto per la sua
notevole conoscenza delle problematiche relative alla questione del
Segreto di Stato. In effetti, a ben guardare, non è raro scoprire
che questo istituto venne utilizzato per nascondere dietro una
cortina fumogena, informazioni che avrebbero imbarazzato i governanti
di turno. Ma anche per proteggere interessi privati di personaggi
legati a strutture di potere autarchiche, ovvero non elette
democraticamente, ma autonominatesi per ereditarietà, appartenenza a
confraternite "speciali", o semplicemente facenti parte
della stessa banda. Le telefonate che ci siamo fatti, negli ultimi
anni, penso abbiamo reciprocamente contribuito ad ampliare la
conoscenza del mondo segreto parallelo. La sua ricerca lo ha portato
a svelare, in parte, come funzionava la struttura di Gladio-Stay
Behind. Ho deciso di riportare intatta una sua lettera ed un suo
rapporto, per permettere al lettore di farsi un'idea personale:
LETTERA
APERTA AL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA
e
p.c.: Al Presidente del Senato Sen. Marcello PERA - Al Presidente
della Camera On. Pierferdinando CASINI
Signor
Presidente,
Le
scrivo in qualità di Presidente dell’ANAVAFAF, un’Associazione
che tutela le famiglie delle vittime del personale con le stellette e
anche come ex Presidente della Commissione Difesa della Camera nella
VII^ Legislatura.
Fin
dal 28 marzo 2000 ho segnalato al Presidente del Consiglio, al
Presidente della Commissione Stragi, al Presidente del Copaco (vedi
allegati gruppo B) l’esistenza di una organizzazione di Gladio che
aveva caratteristiche particolari ed era descritta in un sito
internet (ww.geocities.com/pentagon/4031) e ho inviato la
trascrizione cartacea di quanto contenuto nel sito alle predette
Autorità.
Dopo
la lettera del 28 marzo 2000 sono ritornato sull’argomento il
28.10.2000, il 7.12 2000, il 22.2.2001 e infine l’8 marzo 2002.
Tra
l’altro si legge in questa documentazione che dei gladiatori
avevano eseguito delle operazioni di guerra non ortodossa in Tunisia
per la destituzione del Presidente Bourghiba ed avevano avuto
contatti con organizzazioni terroristiche nel Medio Oriente. E ciò,
in particolare, con riferimento ad operazioni per la liberazione
dell’On. Moro che erano state decise il 2 marzo 1978, cioè due
settimane prima del rapimento e della strage di Via Fani in cui
vennero uccisi gli agenti Raffaele Iozzino, Oreste Leonardi, Domenico
Ricci, Giulio Rivera, Francesco Zizzi. A questi uomini va il nostro
più commosso ricordo, che si unisce oggi all’interrogativo se la
loro morte potesse essere stata evitata.
Circa
le operazioni di Gladio per la liberazione dell’On. Moro descritte
negli allegati (Gruppo A) emergono ora alcuni documenti che
implicitamente richiamano il tipo di attività non istituzionali
attuate da Gladio (o da una componente di Gladio) e di cui non si
era a conoscenza. Operazioni di questo tipo hanno riguardato la
esercitazione Delfino del 1966 e l’attività degli Ossi (Operatori
Speciali Sicurezza e Informazioni).
A
proposito dell’attività degli Ossi si è pronunciata in due
sentenze la Magistratura. Nella sentenza del 21 marzo 1997 della II^
Corte d’Assise di Roma si legge della ‘esistenza di una
organizzazione costituita anche da appartenenti alle forze armate e
preordinata al compimento di azioni di guerra ancorchè non ortodosse
al di fuori della unica istituzione che in base all’ordinamento
costituzionale deve legittimamente ritenersi incaricata dello
svolgimento di attività di difesa della Patria e cioè al di fuori
delle forze armate e al di fuori di un qualsiasi controllo da parte
del Capo dello Stato che, ai sensi dell’art. 87 della Costituzione,
di queste ha il Comando’.
Nella
sentenza del 1 febbraio 2001 della Corte Suprema di Cassazione si
legge che, in merito al contenuto del documento OSSI ‘la Corte
territoriale ha puntualmente argomentato come esso riguardasse
l’impiego di ‘operatori speciali’ del servizio italiano nella
organizzazione della ‘guerra non ortodossa’ mediante una
struttura di comando finalizzata ad azioni di guerra e di sabotaggio
sull’intero territorio nazionale collocata al di fuori
dell’ordinamento delle forze armate e esclusivamente preposta alla
difesa della patria, anche mediante il coinvolgimento occulto di
personale adibito ad altri compiti, sottratta infine ad ogni
controllo istituzionale. Siffatto documento concerneva fatti eversivi
dell’ordine costituzionale e doveva quindi conseguentemente
considerarsi sottratto alla garanzia della tutela del segreto di
Stato”.
Da
queste due sentenze appare chiaramente che vi è stato del personale
militare impiegato al di fuori da quanto previsto dalla Costituzione.
Una simile problematica era stata già sollevata anni or sono a
proposito del contenuto della pubblicazione DC2 (‘La cooperazione
civile-militare’, Ed. 1983), dal settimanale ‘Punto critico’ e
dalle interrogazioni del Senatore Pollice e dell’On. Dorigo
rispettivamente in data 18 gennaio 1991 e 13 giugno 1995. Infine,
come segnalato in precedenza, nella operazione Delfino (Vedi
allegati Gruppo C) erano state pianificate attività di tipo
terroristico come lancio di bombe a mano contro sede di partiti
politici a scopo intimidatorio, azioni di provocazione come
aggressioni e pestaggi di sacerdoti e militari con provocazioni che
giustificassero l’intervento militare per ristabilire l’ordine
(destabilizzare per stabilizzare).
Le
operazioni precedentemente citate della componente di Gladio non
compresa nel gruppo dei 622 ufficialmente dichiarati hanno
caratteristiche similari a quelle sopra accennate; si tratta di
operazioni a cui hanno partecipato militari, operazioni non
rientranti in quanto previsto dall’ordinamento costituzionale,
poichè le operazioni di guerriglia sono regolate dalle Serie
Dottrinali n. 300 e seguenti dell’Esercito.
Signor Presidente
a tutte le lettere sopra citate non è stato dato alcun riscontro da
parte dei destinatari. Eppure, in quegli scritti, emergevano dei
fatti molto gravi come i seguenti:
-
L’esistenza di una componente mai resa nota dell’organizzazione
Gladio S/B che operava tra l’altro dalla sede della Direzione
Generale del Personale della Marina Militare (X^ Divisione S/B) alle
dipendenze del Ministero Difesa Marina e ciò a differenza della
‘Gladio conosciuta’ che dipendeva dalla Sezione SAD dell’Ufficio
R del SISMI (che dopo la riforma del 1977 divenne una Divisione del
Servizio alle dirette dipendenze del Direttore del Servizio).
Per
quanto concerne l’impiego di operatori di Gladio in operazioni di
guerra non ortodossa non si può non ricordare quanto emerse, dopo il
ritrovamento delle carte di Via Monte Nevoso, in due passaggi del
memoriale Moro in cui si parlava “dell’attività antiguerriglia
dello Stay Behind” (vedi relazione sulla documentazione di Via
Monte Nevoso in ‘Commissioni Stragi’ p. 85). E non si può non
ricordare altresì che durante i 55 giorni del sequestro dell’On.
Moro, presso il Ministero della Marina si riuniva un gruppo ristretto
(il cosiddetto Comitato Ombra).
-
L’esistenza di un apparato per la mobilitazione dei gladiatori
facente capo al Comando Subacqueo Incursori di La Spezia che svolgeva
compiti certamente non compresi tra quelli istituzionali.
-
L’esistenza di un servizio informazioni della Marina (SIMM) mai
conosciuto fino ad oggi.
-
L’esistenza di questa componente di Gladio (forse circa 280
persone) di cui non si conoscono i nomi, che operava con compiti
anche all’estero; compiti che non sono stati mai resi noti al
Parlamento, compiti di destabilizzazione di governi esteri e di
collegamento con il terrorismo medio-orientale.
-
La dipendenza della componente di Gladio dalla Direzione Generale del
Personale del Ministero Difesa Marina. Questa Direzione, come sopra
accennato, impartiva ordini il 2 marzo 1978 (cioè 14 giorni prima
della strage di Via Fani) e inviava un ‘gladiatore’ a Beirut per
prendere contatti con gruppi terroristici locali per la liberazione
dell’On. Moro affidando l’incarico ad un esponente della Gladio
e dei Servizi dislocato a Beirut. A Beirut operava il Colonnello
Stefano Giovannone.
A
proposito di questo Ufficiale non si può non ricordare quanto
scrisse l’On. Moro in due sue lettere agli On. Piccoli e
Pennacchini in cui menzionava i contatti con i palestinesi e le
vicende dell’aereo di Gladio, Argo 16, con il quale erano stati
rimpatriati i terroristi arabi scoperti a Fiumicino. Scrive l’On.
Moro: “Si tratta della nota vicenda dei palestinesi che ci angustiò
per tanti anni e che tu, col mio modesto concorso, riuscisti a
disinnescare....Di fronte a quella situazione oggi non si può dire
perciò che sia del tutto nuova.... E’ un intermezzo di guerra o di
guerriglia che sia da valutare nel suo significato. Lascio alla tua
prudenza quali altri protagonisti avocare. Vorrei che, comunque,
Giovannoni fosse su piazza... Tra l’altro ricordi quando l’allarme
ci giunse in Belgio?”
Per
quanto riguarda quindi la vicenda della strage di Via Fani occorre
conoscere se vi fu questo preavviso (forse legato a informative
venute in precedenza dal Medio Oriente) e perché di conseguenza non
sia stato possibile evitare la strage stessa. E infine perché in
Italia nessuno è venuto a sapere dell’esistenza di questo
preavviso.
Con
grande preoccupazione quindi si rilegge oggi quanto venne scritto sul
settimanale ‘L’Observer’ il 7 giugno 1992 in cui si affermava
che, quanto al rapimento Moro la più grave accusa contro Gladio è
“che vi ha cooperato o almeno non ha fatto nulla per prevenire
“...”le Brigate Rosse erano profondamente infiltrate da agenti
dei Servizi Segreti occidentali.”.
Secondo
quanto riportato sul quotidiano ‘La Stampa’ dell’8 giugno,
nell’articolo de ‘L’Observer’ viene citato il Colonnello
Oswald Lee Winter, un agente della CIA, secondo il quale ‘la
Direzione strategica delle Brigate Rosse era composta da agenti dei
Servizi Segreti’.
Viene
nuovamente da chiedersi come è possibile che ‘L’Observer’
alludesse a fatti che solo oggi a distanza di 10 anni, apprendiamo in
Italia.
Ad
ogni modo, per quanto concerne i legami tra Gladio e il caso Moro
anche sulla nostra stampa erano emerse delle ipotesi in merito. Ad
esempio, in un articolo di Antonietta Calabrò su ‘Il Corriere
della Sera’ del 20.2.2001, dal titolo “Gladio: esiste un nuovo
elenco. Forse un collegamento con Moro. Gli iscritti sarebbero più e
diversi dai 622 noti”, si avanza l’ipotesi che l’elenco dei
nomi possa essere stato acquisito dalla DIGOS in quella occasione e
quindi che esso, conservato nel covo milanese all’epoca del
sequestro dello statista D.C., fosse in possesso delle stesse
Brigate Rosse. Si può pensare, insomma, che tra il caso Moro e il
caso Gladio ci sia un legame molto più concreto che il riferimento
critico fatto da Moro durante il suo interrogatorio sulla struttura
post-invasione della NATO. Di qui l’interrogativo: Moro ricevette
quell’elenco durante i 55 giorni? I due faldoni della Digos che
erano classificati ‘segretissimo’ recano le intestazioni: A-4
sequestro Moro - Covo di Via Monte Nevoso - Rinvenimento del 9
ottobre (?) 1990 - Carteggio e sequestro Moro. Elenco appartenente ad
organizzazione Gladio”.
Signor
Presidente, devo infine segnalarLe che nella risposta ad una
interrogazione (n. 4 1821) rivolta al Ministero della Difesa dal Sen.
Russo Spena si nega l’esistenza di questa Gladio che non poteva
sfuggire neppure alla più superficiale attenzione del Ministero
della Difesa, visto che figurava addirittura sulla carta intestata
del Ministero Difesa Marina, direzione di Maripers, ‘X^ Divisione
S/B'. Sono state dunque negate al Parlamento delle conoscenze di
fatti di grande rilevanza che hanno attinenza alla struttura
democratica del Paese.
La
materia oggetto di questo scritto è stata resa nota alla Procura
Militare di Roma.
Le
sarò grato di un cenno di risposta a quanto segnalato.
Roma.
23.4.2002
Falco
Accame
Presidente
ANAVAFAF
--------------
ALCUNE
CONSIDERAZIONI SULL’ESISTENZA DI GLADIO ALL’ESTERO
Premessa
Non
è mai stata fatta chiarezza sulle deposizioni dell’On. Moro
durante la sua prigionia. E’ emerso comunque che il “grande
segreto” attorno a cui ruotavano gli interrogatori delle Brigate
Rosse era Gladio, Gladio in quanto struttura di guerriglia e
contro-guerriglia. Questa è la questione che interessava alle
Brigate Rosse di conoscere, ma è anche ciò che doveva rimanere
segreto perché coinvolgeva i rapporti con gli USA e in particolare
con le disposizioni del Field Manual 30/31 (NdA: FM 30-31 Stability
Operations-Intelligence, gennaio 1970. Secondo Chomsky, il manuale
sarebbe una fotocopia del manuale nazista di controinsorgenza. Noam
Chomsky dice che la prima versione venne redatta negli anni '50, da
ufficiali americani aiutati da ex gerarchi nazisti che trovarono
asilo negli USA) . Dunque l’impiego di Gladio all’estero in
operazioni di guerriglia e di addestramento alla guerriglia in
operazioni come quella nel Magreb, mirante alla deposizione del
presidente Bourghiba , erano di grande interesse. Infatti la Gladio
non ha operato solo in Italia, in casa nostra,, al di qua dei confini
(dietro i nostri confini), ma anche al di là dei confini. In questo
quadro il trafugamento delle carte dell’On. Moro è un problema che
è stato a lungo oggetto di analisi. Forse il Gen. Dalla Chiesa era
in possesso di alcune delle carte non venute alla luce, forse
considerava il possesso di queste carte come un’assicurazione sulla
vita, forse le possedeva nella cassaforte in Sicilia e forse sono
state la causa della sua morte. Per molti motivi è dunque importante
riuscire a capire cosa era Gladio nella sua interezza e non solo in
quanto abbiamo conosciuto di questa organizzazione; oggi si apre
qualche spiraglio di conoscenza. Le autorità italiane, peraltro,
sono state messe a conoscenza dell’attività di Gladio all’estero
fin dal 28 marzo del 2000. Alcune considerazioni sulle questioni
sopra accennate sono esposte nei paragrafi seguenti.
Gladio
all’estero e il Centro Incursori Subacquei Teseo Tesei di La Spezia
La
Gladio all’estero è stata strettamente legata all’attività di
CONSUBIN e operava sotto la direzione del Ministero della Difesa
Marina e specificamente sotto la direzione della 10^ Divisione S.B.
(Stay Behind) di Maripers.
Un
punto di interesse riguarda le operazioni congiunte tra CONSUBIN e
personale della VII Divisione del SISMI (già V Reparto). Infatti
nella base di Capo Marargiu si sono svolte esercitazioni combinate
con il personale della VII Divisione del SISMI e reparti della
Marina, Esercito ed Aeronautica ed in particolare di CONSUBIN, del 9°
Battaglione di assalto del Col Moschin, e del 399° storno
dell’Aeronautica. Circa l’impiego degli incursori va ricordato
che il blitz sul litorale romano (operazione Smeraldo) che l’On.
Cossiga rese noto il 5 giugno 1991 a La Spezia alla Festa della
Marina ha comportato l’impiego di personale di CONSUBIN. In
particolare vi partecipò l’addestratore di Gladio Decimo Garau,
che si era offerto anche come ostaggio in caso di scambio con Moro.
Nel piano Victor (da mettere in atto nel caso di ‘Moro vivo’) il
reparto medico degli incursori di marina avrebbe avuto il compito di
trasferire immediatamente Moro in un centro clinico, prima di ogni
incontro con i familiari e colleghi di partito.
L’impiego
di Gladio all’estero
L’impiego
di reparti di gladiatori all’estero durò fino al 1986 e fu
improvvisamente interrotto. La smobilitazione improvvisa è legata
principalmente al fatto che l’inchiesta del Magistrato Mastelloni a
Venezia sulla caduta (nel 1973) dell’aereo Argo 16 (l’aereo che
trasportava i gladiatori) aveva fatto scoprire nell’86 l’esistenza
della base di Capo Marargiu in quanto l’aereo Argo 16 operava per
il trasporto verso e da quella base di personale in addestramento. Si
trattò di un colpo durissimo per la clandestinità della Gladio.
Alla indagine del Magistrato Mastelloni fu opposto il segreto di
stato. Il segreto di stato fu peraltro opposto anche ad un’altra
indagine del Magistrato Mastelloni che incideva sul caso Moro e cioè
sul rifornimento di armi dalla OLP alle Brigate Rosse.
Quanto
all’aereo Argo 16 e al suo sabotaggio furono avanzate due ipotesi:
la prima ne addebitava la responsabilità al Mossad in quanto si
riteneva possibile che vi fosse stato un gesto di ritorsione da parte
di Israele rispetto alla fuga di terroristi che avevano operato a
Fiumicino ed erano stati trasportati dall’Argo 16; la seconda
ipotesi formulata tra l’altro dal Gen. Serravalle già comandante
di Gladio, addebitava la caduta a personale italiano.
Un
altro fattore che probabilmente ha operato nel senso della
smobilitazione di Gladio è probabilmente legato al fatto che nell’86
la posizione di Craxi al governo si fece difficile e fu costretto a
dimettersi. C’era tra l’altro il timore che venissero modificate
le norme di copertura che Craxi, anche in difformità da quanto
previsto dalla legge 801/77 aveva assicurato ai Servizi Segreti con
il documento M 2001 5/707 del 30 luglio 1985.
Questo
documento copriva anche l’attività dei gladiatori. Il
provvedimento fu pubblicato in parte da ‘Panorama’ il 15.10.1985
in un articolo di Antonio Carlucci. Craxi aveva apposto il timbro di
‘riservato’ a questa direttiva e Carlucci subì un processo, ma
venne assolto perché fu ritenuto che l’attribuzione della
classifica ‘riservato’ a questo documento non era in alcun modo
giustificata.
Legami
tra BR e KGB
A
suo tempo sorsero dei sospetti sui legami tra le BR e il KGB.
Nell’autunno 1978, in una nota pubblicata sulla rivista ‘OP’ di
Mino Pecorelli si legge: “Franco Piperno. Università di Arcavacata
di Cosenza. Qual’è l’intreccio CIA - KGB e BR? La mafia era
anticomunista e non aveva certo simpatia per Moro che voleva aprire
ai comunisti; su questo punto era certamente d’accordo la CIA. Ma
anche Mosca era ostile al connubio DC-PCI, quindi anche il KGB poteva
avere interesse a bloccare il tentativo di Moro."
Le
fonti di notizie nell’OLP
E’
probabile che varie informazioni provenissero da Abu Abbas e
dall’OLP. Abu Abbas aveva dei motivi per essere riconoscente
all’Italia per il fatto che dopo l’episodio di Sigonella era
stato fatto espatriare in Jugoslavia nonostante le pressioni USA. Vi
erano anche legami con l’OLP che tra l’altro aveva procurato
delle armi alle BR; c’è chi anzi sostiene che le armi usate a Via
Fani fossero di provenienza OLP. A questo riguardo si può ricordare
la vicenda dei missili di Michele Pifano a Ortona. Pifano venne
trovato in possesso di due missili terra-aria e si suppose che
fossero destinati alle BR. A Beirut operava come capo centro (pare
anche con un incarico in Gladio, visto che gli si attribuisce la
sigla G.216) il Col. Stefano Giovannone, responsabile per il Medio
Oriente, iscritto alla P2 e ai Cavalieri di Malta.
E’
possibile che Giovannone abbia convinto l’ambasciatore italiano a
chiarire in una lettera che le armi trovate ad Ortona fossero
destinate al Fronte Popolare di Liberazione Palestinese e che fossero
soltanto in transito nel territorio italiano. Il Col. Giovannone fu
arrestato in rapporto all’inchiesta sul traffico di armi (inchiesta
del Magistrato Carlo Paderno nel quadro dei rapporti fra i
palestinesi e le BR). Giovannone è morto il 18 luglio 1985 mentre si
trovava agli arresti domiciliari.
I
preavvertimenti sul rapimento Moro
Il
preavvertimento per cui venne inviato un gladiatore a Beirut datato 2
marzo 1978, per la presa di contatti con le BR, nasce da soffiate e
preavvisi di cui peraltro si è già avuto notizia in passato. Si
tratta di materia che è agli atti della Commissione Stragi. Di
particolare interesse in proposito il ‘Memorandum Ravasio’ che fu
portato in Commissione Stragi dall’On. Cipriani di Democrazia
Proletaria con cui Ravasio si era confidato. Come si è menzionato
prima un canale privilegiato con l’OLP si era creato nel 1985
quando l’Italia aveva fatto fuggire Abu Abbas, l’attentatore
dell’Achille Lauro. L’attentato fu del 7 ottobre 1985 e il 10
ottobre vi fu il dirottamento su Sigonella dell’aereo egiziano che
aveva a bordo quattro dirottatori. Ravasio fornì a Cipriani (ci fu
in proposito anche una intervista di Bettini e Gandus su ‘Panorama’)
vari elementi anche concernenti dei preavvisi. Negli atti presso la
Commissione Stragi si legge in proposito che 15 giorni prima del
rapimento sarebbero stati informati i dirigenti del PSI, ma solo dopo
il 16 Craxi lo avrebbe convocato. Si legge inoltre che Renzo
Rossellini, l’animatore di Radio Città Futura: “incontra De
Michelis prima del rapimento Moro
per
esporgli la teoria sui paesi dell’Est come fautori del terrorismo
in Italia”. Si legge anche che: “il 16 febbraio 1978 dal carcere
di Matera, Salvatore Senatore fa arrivare al SISMI una soffiata
secondo la quale si stava preparando il rapimento di Aldo Moro”.
Quanto a Renzo Rossellini, alle 8 del mattino del 16 marzo, su Radio
Città Futura venne data notizia di un’azione terroristica ai danni
dell’On. Moro.
Ravasio
parla anche della presenza del Col. Camillo Guglielmi a Via Fani, la
mattina dell’attentato. Guglielmi faceva parte dell’Ufficio
Centrale di sicurezza del SISMI. La mattina del 16 marzo Guglielmi
avrebbe ricevuto una telefonata di Musumeci: “Corri a Via Fani a
vedere cosa sta succedendo. Un informatore mi ha detto che le BR
vogliono rapire Moro”.
Il
15 marzo 1978, un giorno prima del rapimento Moro, il sistema di
emergenza della SIP fu messo in stato di allerta. E’ possibile che
ciò sia avvenuto in relazione all’azione del giorno seguente.
I
sospetti sorti in passato sulla vera natura di Gladio
Sospetti
che la natura di Gladio non fosse quella ufficialmente dichiarata
vennero a suo tempo al Magistrato Felice Casson e ai magistrati del
Tribunale Militare di Padova Benedetto Roberti e Sergio Dini. Meno
note le preoccupazioni espresse dal Magistrato Giovanni Falcone che
nacquero circa la esistenza della Gladio siciliana. La Gladio
siciliana non operava presso il confine nord-est e nessuno dei
compiti ufficialmente attribuiti a Gladio poteva applicarsi alla
componente siciliana che aveva il suo luogo di maggior interesse nel
‘Centro Scorpione’ di Trapani. Il Centro Scorpione era dotato di
mezzi veloci, un aereo superleggero che poteva volare a bassissima
quota fuori dalla possibilità di intercettazione dei radar e un
motoscafo veloce.
Il
Centro Scorpione era a due passi dalla Tunisia e quindi dal Magreb
dove ha operato la Gladio militare. Come ci ricorda ‘Il Corriere
della Sera’ del 15.4.193, “Falcone volle indagare anche su un
altro centro di addestramento speciale, quello di Trapani chiamato
‘Scorpione’. Lì gli agenti segreti avevano a disposizione un
aeroporto ben nascosto (S. Vito Locapo, n.d.r.) e un velocissimo
battello d’altura. Falcone chiese autorizzazione a indagare sulle
probabili Spy Mission in Libia, Tunisia e Algeria. Ma il Procuratore
Capo di Palermo, Giammarco, gli negò l’autorizzazione”. Falcone
aveva tentato di indagare sulla Gladio siciliana anche in relazione
al delitto La Torre; infatti la parte civile di La Torre voleva
chiamare in causa Gladio, ma come ci ricorda il Magistrato Caponnetto
nel libro ‘I miei giorni a Palermo’ (Garzanti Editore, pp.
100-101), Falcone riteneva che su questo punto si dovesse indagare,
ma si trovò di fronte ad un muro di NO, quelli del Procuratore Capo
e dei suoi sostituti. Falcone lasciò Palermo e andò a Roma alla
Direzione Generale degli Affari Penali.
Gladio
e la vicenda Moro
Per
quanto riguarda i rapporti tra BR e terrorismo mediorientale è bene
ricordare che nel 1973 un gruppo di terroristi arabi vennero
riportati in Libia con un aereo (l’Argo 16). Il colonnello Stefano
Giovannone assistette l’On. Moro in questa operazione.
Per
quanto concerne le operazioni di guerriglia e antiguerriglia è bene
ricordare che nel primo memoriale Moro erano mancanti proprio delle
parti relative a queste operazioni. Gli scritti ritrovati a Via Monte
Nevoso vennero resi pubblici dalla Commissione Stragi il 18 ottobre
1990. Il successivo 24 ottobre il Presidente del Consiglio in
relazione alla scoperta dei documenti rilevò l’esistenza di una
“rete di salvaguardia sia informativa sia di reazione, e tutto nel
quadro dell’alleanza”.
Per
quanto riguarda i riferimenti al colonnello Stefano Giovannone
contenuti nelle lettere all’On. Moro si legge nella lettera
indirizzata all’On. Flaminio Piccoli: Poi c’è Miceli e, se è in
Italia (e sarebbe bene da ogni punto di vista farlo rientrare) il
colonnello Giovannone che Cossiga stima”. E nella lettera a Erminio
Pennacchini: “Vorrei che comunque Giovannone fosse su piazza”.
Per
quanto riguarda la strategia antiguerriglia si legge negli interventi
dell’On. Moro in Commissioni Stragi (Relazione sulla documentazione
rinvenuta il 9 ottobre 1990 in Via Monte Nevoso: CS 140-147, pag. 1 e
2, prima stesura): “Fin quando essendo ministro degli Esteri avevo
un minimo di conoscenza della organizzazione militare alleata nessuna
particolare enfasi era posta sull’attività antiguerriglia che la
NATO avrebbe potuto in certe circostanze dispiegare. Ciò non vuol
dire che non sia stato previsto un addestramento alla guerriglia da
condurre contro eventuali forze avversarie occupanti e dalla
controguerriglia a difesa delle forze nazionali”.
Si
legge inoltre nella seconda stesura (CS 161-164, pag. 1 e 4): “Fin
quando essendo ministro degli Esteri avevo una certa conoscenza della
organizzazione militare alleata, nessuna particolare enfasi era posta
sulla attività antiguerriglia che la NATO avrebbe potuto in certe
circostanze dispiegare. Con ciò non intendo ovviamente dire che non
sia stato previsto ed attuato in appositi o normali reparti un
addestramento alla guerriglia in una duplice forma: o guerriglia da
condurre contro eventuali forze avversarie occupanti o
controguerriglia da condurre contro forze nemiche impegnate come tali
sul nostro territorio”.
Le
operazioni di guerriglia in relazione al Field Manual (FM 30-31)
Alcuni
brani del Field Manual furono pubblicati nell’ottobre 1978 da
‘L’Europeo’. L’importanza della guerriglia e antiguerriglia
pr la NATO è chiaramente definita nel Field Manual USA (manuale che
Gelli ricevette e che aveva grande importanza per la P2). Il Field
Manual parla chiaramente di ‘azioni clandestine’, del fatto che
‘un coinvolgimento PIU’ PROFONDO DELL’ESERCITO NON PUO’ IN
ALCUN CASO ESSERE CONOSCIUTO’ del fatto che le stesse agenzie del
paese amico (i Servizi Segreti, la Polizia, le Forze Armate, i corpi
civili e amministrativi) sono obiettivi di azioni clandestine della
Intelligence militare americana, di azioni e infiltrazioni dirette a
forzare la politica di un governo. Il manuale suggerisce di far
scattare le operazioni clandestine quando un governo “mostra
passività di fronte alla sovversione comunista”.
Tra
le attività violente che possono essere attuate vengono citate le
seguenti: assassinio, omicidio indiscriminato, tortura, rapimenti,
estorsioni, incendio, sabotaggio. Le azioni di guerriglia
evidentemente erano di interesse per le BR, Nel settimanale
‘L’Europeo’ del 25.10.1978, pag. 22, si legge nel sottotitolo
dell’articolo: “Nel caso Moro si parla sempre più di un
complotto internazionale”.
A
proposito del Field Manual è scritto che: “Il documento è
autonomo ed ancora in vigore come dimostra l’inchiesta degli Stati
Uniti che pubblichiamo in altra parte”. C’è di più, le tesi
sostenute ufficialmente dal Pentagono hanno trovato in questi mesi
riscontro nelle opinioni di quegli esperti che, a proposito della
vicenda Moro, sono stati ascoltati soprattutto in America. Secondo
Norman Birnbaum: “La possibilità di iniziative di agenzie della
NATO non può essere esclusa e di Brian Jenkins che sostenne che la
qualità dell’operazione presupponeva interventi di organismi
ufficiali anche se non della CIA”.
Per
quanto riguarda i rapporti tra BR ed elementi del terrorismo
mediorientale Emanuele Santillo, interrogato dalla Commissione Moro,
afferma che il colonnello Giovannone che operava a Beirut mantenga
importanti contatti con le varie organizzazioni di Al Fatah e di
Arafat. Dice Santillo: “Credi che fosse molto utile per il nostro
paese poter avere delle notizie E PREVEDERE CERTE SITUAZIONI”.
Santillo ricorda anche che attraverso certi personaggi dei gruppi
palestinesi si sarebbe potuti arrivare ad avere delle pressioni nei
confronti di elementi terroristici italiani (documento allegato alla
Relazione Moro, Vol. 4, pag. 4.8.3). Ne ‘L’Europeo’ del
7.7.1984, pag. 16, si legge che Giovannone faceva da tramite per
consegne di armi ed esplosivi tra l’OLP e le BR. Su ‘La
Repubblica’ del 16.4.1980 in un articolo di Guido Passalacqua si
legge che apparve uno scritto dal titolo “I palestinesi fornirono a
Moretti le armi per la strage di Via Fani. Moretti prese contatti con
la guerriglia palestinese. La fornitura di quelle armi un ano prima
di Moro fa supporre che qualcuno in Medio Oriente sapesse dei
progetti delle BR (forse si allude al colonnello Giovannone).
La
segretezza di Gladio
La
grande segretezza è dovuta al fatto che al personale militare che
componeva Gladio venivano affidati quei compiti di guerriglia che
erano stati precisati nel Field Manual 30-31 degli USA, datato
8.11.1970, che regolamentava la guerra non ortodossa e che quindi si
poneva fuori del dettato costituzionale. Tra i compiti della Gladio
militari vi erano quelli di addestrare forze guerrigliere all’estero
e mantenere contatti con queste forze, compiti che negli Stati Uniti
spesso venivano affidati alla CIA (Panama, Cile, ecc.).
In
proposito nel Field Manual si legge che: “Le operazioni in questo
settore specifico devono essere clandestine perché il fatto che
l’esercito statunitense è coinvolto negli affari di un paese
alleato deve essere conosciuto solo da una ristretta cerchia di
persone... L’intelligence statunitense deve essere preparata a dare
assistenza al di fuori di quello che è definito dalla politica”.
La
particolare segretezza attribuita a quei passi delle deposizioni di
Moro che alludevano a operazioni di guerriglia è da mettersi
sicuramente in collegamento con quanto delle operazioni previste dal
Field Manual poteva essere messo in connessione con l’attività
della Gladio militare.
Sul
nome ‘Gladio’
Nel
suo libro ‘Ulisse’ (pag. 225) l’Ammiraglio Martini parla della
struttura: Stay Behind precisando che “in Italia venne chiamata
Gladio (da un nome iniziale di cui si è poi persa traccia)”.
E’
probabile che il nome di Gladio che ovviamente nulla ha a che fare
con la denominazione anglo-americana Stay Behind fosse proprio la
denominazione molto ‘latina’ della “Gladio delle centurie”
che ora appare come il nucleo operativo all’estero della Stay
Behind.
Nel
luglio 1996 la Procura di Roma ha chiesto l’archiviazione del caso
Gladio precisando che a partire dal 1972 (si tratta dell’anno in
cui furono svuotati i depositi delle armi detti NASCO) si esclude che
la struttura sia stata utilizzata per finalità penalmente rilevanti.
Quanto
all’attività all’estero va osservato che questa comportava l’uso
delle armi. Si prevedeva, infatti, l’addestramento di personale
appartenente a movimenti di liberazione. Ai rapporti con movimenti di
liberazione si accenna anche nel memoriale Moro (vedi F.M. Biscione,
Il memoriale Moro ritrovato a Via Monte Nevoso, Ed. Coletti, 1993, p.
54), dove Moro parla di ‘proficui contatti con vari movimenti di
liberazione’.
Nel
libro di G. Fasanella e C. Sestieri (Il segreto di Stato, intervista
col Sen. Pellegrino), Einaudi 2000, p. 214-216) in risposta alla
domanda: “se Gladio che conosciamo è a tal punto giustificata e
inoffensiva, non potrebbe essere stata in qualche modo la copertura
‘pulita’ di qualche altra struttura? Insomma una sorta di Gladio
parallela?” si legge: “Questo è il problema. Io non posso dire
se sia esistita una Gladio parallela. Quello che posso dire con
certezza è che la Gladio che conoscevo non esaurisce questo mondo
segreto sotterraneo. Anzi più siamo andati avanti nelle indagini,
più quello di Gladio ci è apparso come un ruolo minore”....”quindi
abbiamo l’impressione o la quasi certezza che di questo mondo
sotterraneo non sappiamo tutto”...”Da qui nascono le due ipotesi
a cui accennavo: o esisteva un livello più sotterraneo della Gladio
che non siamo riusciti a scoprire, oppure la Gladio era stata pensata
con una testa grande e un corpo esile perché il suo compito doveva
essere quello di attivare altre strutture operative”...Non vorrei
violare segreti istruttori, tuttavia posso dire che da una indagine
giudiziaria sta emergendo una ipotesi clamorosa, cioè che quando
Andreotti parlò per la prima volta di Gladio, voleva in realtà
gettare in qualche modo un osso all’opinione pubblica per coprire
qualcosa di più occulto, e probabilmente anche di più antico,
rispetto a Gladio”.
La
Gladio all’estero e le operazioni in Libia
Che
la Gladio abbia operato in Libia, oltre che dall’accenno a cui si è
fatto sopra a proposito del memoriale di Moro, può desumersi da
quanto afferma il Sen. Pellegrino nel citato libro ‘Il segreto di
Stato’, pag. 90.
In
risposta alla domanda: ‘Dunque il golpe di Gheddafi (che avvenne
l’1 settembre 1969, n.d.r.) al di là di Re Idris andava a colpire
forti interessi economici e strategici. L’Italia poteva trarre dei
vantaggi da quel cambio radicale di situazione?’, si legge: ‘Sì
certamente, ho addirittura il sospetto che l’Italia abbia aiutato
Gheddafi a impossessarsi del potere, credo che il Colonnello sia
stato messo proprio da noi alla guida della Libia. Certo la storia
del colpo di stato libico è ancora da scrivere, tuttavia sono
convinto che assomiglia molto a quella che ci ha raccontato l’Amm.
Martini sul golpe Ben Ali in Tunisia”...Qualche giorno prima del
golpe, in codice ‘Operazione Gerusalemme’, il suo piano fu
perfezionato in Italia ad Abano Terme dove furono addirittura decisi
i ministri del futuro governo”.
In
questo contesto si può pensare che l’organizzazione Gladio
all’estero avesse origini lontane. Va tenuto presente che il
personale armato italiano è stato impiegato a supporto di forze
ribelli per il “colpo di stato”, la deposizione del Presidente
Bourghiba. Non si sa chi abbia ordinato questo intervento, di cui
comunque il Parlamento non è stato informato.
I
motivi che possono aver portato all’impiego della Gladio all’estero
I
servizi segreti operano naturalmente anche all’estero, ma le
operazioni dei servizi segreti sono attività che prevedono solo la
raccolta di informazioni e non l’attuazione di operazioni armate.
In alcuni casi, forse su sollecitazione USA, sono stati decisi
interventi armati all’estero (del tipo di quelli che gli Stati
Uniti conducono attraverso la CIA), ma che non sono previsti nel
nostro ordinamento costituzionale. Si sono affidate operazioni, di
conseguenza ovviamente clandestine, a personale armato che veniva
impiegato all’estero. Tra gli interessi italiani all’estero vi
sono stati certamente, in larga misura, quelli legati all’acquisto
di petrolio e alla vendita di armi. Basti pensare alla vendita di
carri armati e armi leggere, di elicotteri e aerei a paesi
dell’Africa e del Medio Oriente. Pensiamo ad esempio alla fornitura
di armi (navi, sommergibili tascabili, aerei, mezzi blindati) contro
petrolio in Libia.
Alla
Libia sono stati venduti, tra l’altro, circa 300 aerei da
addestramento che furono trasformati in aerei antiguerrigglia. Sulla
vendita di armi vedi l’inchiesta del Magistrato Carlo Palermo e la
inchiesta del Giudice Istruttore Maria Cordova (in proposito il libro
di A. De Feo ‘I misfatti della politica in Italia’, L’Autore
Libri, Firenze 1993). A questo riguardo l’Italia si era cacciata
tra due fuochi: quello di Gheddafi e quello degli americani. Gheddafi
reclamava la fornitura di armi in cambio di petrolio. Molti nostri
armamenti erano costruiti su licenza USA. Gli Stati Uniti
condizionarono l’esportazione di armi prodotte in Italia su licenza
USA a determinate contropartite. Ad esempio, a un certo momento
(1972), dagli USA venne messo in essere un ricatto: o l’Italia
acquista missili Tor e Lance, o nessuna deroga a vendere armi alla
Libia sarebbe mai stata concessa. Il governo italiano si lasciò
tentare anche perché da un lato c’era la fornitura di 5° milioni
di barili di petrolio all’ENI. Si creava così un giro di interessi
che portava anche a supportare (o contrastare) gruppi armati
esistenti in vari paesi (guerriglia o controguerriglia).
Rapporti
tra le operazioni eseguite da Gladio e quelle eseguite dalle forze
armate
Il
Gen. Inzerilli che è stato per 12 anni a capo di Gladio (fino al
1986) in un capitolo del suo libro: ‘Gladio, la verità negata’,
Ed. Analisi, 1995, parla delle operazioni che sono state svolte
congiuntamente da Gladio e da componenti delle forze armate; le
operazioni UMO, operazioni militari non convenzionali. Secondo SHAPE,
il comando militare della NATO, che agiva nel settore delle
operazioni dei servizi clandestini (OCS), le attività compiute da
forze armate non ortodosse dovevano adeguarsi alle direttive emanate
appunto da SHAPE. Nel settore delle operazioni dei servizi chiamate
OCS, SHAPE ribadiva la competenza delle singole autorità nazionali.
In
Italia si tenta di realizzare un coordinamento delle due forme di
guerra non ortodosso, quello delle UMO di responsabilità dello Stato
Maggiore Esercito e quella delle OCS, di responsabilità del Servizio
Segreto.
Nel
1980 il CAG (Centro Addestramento Guastatori di Alghero) aprì le
porte alle forze armate, dapprima all’esercito e poi alle altre
armi. Il 9° Battaglione paracadutisti di assalto a Livorno del resto
si addestrava da anni all’impiego dell’esplosivo al plastico.
Anche la Marina inviò i suoi incursori da La Spezia e l’Aeronautica
cominciò a partecipare alle esercitazioni di Gladio.
E’
prevedibile quindi che non vi fosse un rigido muro di separazione tra
i reparti adibiti ad azioni di guerriglia/controguerriglia in Italia
e all’estero.
L’esistenza
di una Gladio militare facente capo a Comsubin non deve stupire più
di tanto. In proposito si può ricordare che operazioni di Comsubin
si sono svolte congiuntamente ad operazioni del SISMI. Presso
Comsubin era in funzione una unità di pronto intervento (UNIS) con
compiti armati; dopo il sequestro dell’On. Moro entrò in funzione
presso il Ministero dell’Inter o un gruppo operativo speciale
denominato G.O.S.
Il
21.3.1978 veniva esegita una operazione sul litorale presso Cerveteri
mirante alla liberazione dell’On. Moro, operazione che venne resa
nota tra l’altro dall’On. Cossiga a La Spezia nel giugno 1991.
Gli operatori dipendevano congiuntamente da Comsubin e dalla 7^
Divisione del SISMI (già 5^ Sezione). In quella occasione fu
effettuata anche una prova di ‘esfiltrazione’ con un ufficiale
nascosto in una cassa situata nell’automezzo utilizzato per
l’operazione. L’automezzo fu fermato a un posto di blocco ma la
cassa non venne notata. Si trattava dell’ “Operazione Smeraldo”
svolta in cooperazione tra SISMI e Comsubin.
Il
Field Manual 30/31 e le disposizioni degli USA per la
guerriglia/controguerriglia
Si
legge nel libro di A. Cipriani e G. Cipriani: “Sovranità
limitata”, ed. Associate, 1991, p. 202: “Due numeretti per
racchiudere il senso di 50 anni di storia della Repubblica Italiana:
30 e 31. 30, secondo i codici usati dalla Intelligence americana vuol
dire che l’area di interesse sono i servizi segreti militari, 31 è
il tipo di lavoro previsto: “le operazioni speciali”. Così il
Field Manual compilato l’8 novembre 1970 e intitolato ‘Operazioni
di stabilizzazione dei servizi segreti" (NdA: su internet è
disponibile l'originale: Field Manual FM 30-31 Stability
Operations-Intelligence, January 1970) rappresenta la summa teorica
della guerra non ortodossa per gli anni ’70. Un documento scottante
come dimostra la sua storia ricostruita da Giuseppe de Lutiis (‘Le
direttive degli USA nelle carte top-secret’, Inserto de ‘L’Unità’
sull’operazione Gladio, 14 novembre 1990): “Predisposto nel 1970
dallo Stato Maggiore statunitense (Capo di Stato Maggiore era
all’epoca il Gen. Westmoreland) perviene qualche anno dopo al
giornale turco ‘Baris’ che ne annunciò la pubblicazione, mai più
avvenuta perché il giornalista che ne era in possesso scomparve con
tutte le sue carte, senza che di lui si sia mai più avuta notizia.
Qualche anno dopo, per altra via, il documento pervenne al giornale
spagnolo ‘Triunfo’ che lo pubblicò. In Italia fu pubblicato il
27 ottobre 1978 dal settimanale ‘L’Europeo’, nonostante vi
fossero pressioni affinchè il documento non venisse pubblicato.
Successivamente lo stesso documento fu ripubblicato dal periodico
‘Controinformazione’ vicino alle Brigate Rosse”.
Il
Field Manual prevede di realizzare all’estero la strategia della
tensione; Parla infatti chiaramente di azioni clandestine e del fatto
che in relazione a queste, “Un coinvolgimento più profondo
dell’esercito non può in alcun modo essere conosciuto”, forse
anche per rispettare quanto stabilito dal Field Manual l’Italia non
voleva rivelare il coinvolgimento di militari in operazioni
clandestine e con compiti di destabilizzazione come è accaduto nel
caso della destituzione del Presidente Bourghiba.
Nel
citato articolo dell’ ‘Europeo’ si riporta una dichiarazione
del sottoscritto che riteneva che la P2 potesse utilizzare le
rivelazioni delle norme del Field Manual come una minaccia e quindi
come un’arma di difesa della P2: in sostanza una intimidazione del
tipo: “O chiudiamo l’affare P2, o altrimenti....”.
Ricordiamo
che una copia del Field Manual fu trovata nel sottofondo di una
valigetta della figlia di Gelli. Le operazioni previste dal Field
Manual si riferivano anche ad attività da svolgere all’estero come
quelle effettuate dalla CIA e quelle presumibilmente effettuate dalla
GLADIO militare. E’ bene precisare che la legislazione italiana non
prevede l’impiego di personale armato in operazioni clandestine.
La legge 801/77, sancisce all’art. 10: “nessuna attività
comunque idonea per l’informazione e la sicurezza può essere
svolta al di fuori degli strumenti, delle modalità, delle competenze
e dei fini previsti dalla presente legge”.
E’
opportuno anche ricordare che l’art. 288 del Codice Penale
stabilisce la illegalità di chiunque, senza approvazione del
Governo, arruoli e armi dei cittadini perché militino in operazioni
armate a favore dello straniero.
Circa
l’impiego di Gladio il Ministro Formica così si espresse in una
intervista su ‘La Repubblica’ il 5.12.1990: “Nell’Italia
repubblicana si è costituito un esercito assolutamente incompatibile
con il nostro ordinamento; uno stato democratico può certamente
avere dei piani segreti, è suo dovere, ma non può assolutamente
avere una milizia clandestina. Persino Benito Mussolini per istituire
una milizia fece una legge”.
Le
rivelazioni di Brenneke sui finanziamenti della CIA all’Italia per
operazioni clandestine
Nell’estate
1990 in una inchiesta televisiva (28 e 30 giugno, 1 e 2 luglio 1990)
dell’inviato del TG1 Ennio Remondino emerse che un ex dipendente
della CIA, Dick Brenneke, aveva rivelato che finanziamenti della CIA
negli anni ’70 passavano da Panama attraverso società finanziarie
belghe e lussemburghesi a banche svizzere e quindi finivano ai
referenti italiani della CIA, cioè ad esponenti della P2. Brenneke
parlò di 10 milioni di dollari al mese che servivano a finanziare
traffici e per la destabilizzazione e la crescita del terrorismo in
Italia.(NdA: Francesco Pazienza ricevette da Noriega documentazione
fotografica che ritraeva "brigatisti rossi" mentre si
recavano in banche off-shore, a Panama, a ritirare lo "stipendio".
La documentazione venne consegnata al generale Santovito del SISMI.)
Andreotti
(intervento alla Camera dei Deputati, 1 agosto 1990) disse: “Ritengo
del tutto privo di senso comune immaginare che il Congresso degli
Stati Uniti d’America abbia potuto autorizzare o comunque
tacitamente avallare una operazione di destabilizzazione condotta
contro un paese amico e alleato come l’Italia”.
Il
‘Comitato ombra’ al Ministero Marina
Nell'intervista
di Rocco Tolfa ad Adriano Sofri: ‘La svolta di Via Fani’
pubblicata su ‘Il Sabato’ del 20 aprile 1991, si menziona una
rivelazione di Sofri: “Mi è stato detto che durante i giorni del
rapimento Moro c’era una specie di comitato ombra che si occupava
delle emergenze. Questo gruppo di persone era insediato al Ministero
della Marina Militare con la presenza di Licio Gelli, aveva a
disposizione una stanza o un locale”.
Scrivono
A. Cipriani e G. Cipriani nel libro citato ‘Sovranità limitata’,
p. 297: “Nel 1978 la Marina era uno dei feudi più potenti della
P2. Operavano in quella struttura l’Amm. Antonio Geraci che
presentò il capo della P2 a Cossiga, e della Marina faceva parte il
Capo di Stato Maggiore Giovanni Torrisi.
E’
stato scritto (L. Milella, La Repubblica 19.10.1987), che forse il
piano Paters (Piano AntiTERrrorismo di Sinistra) poteva contribuire a
salvare la vita di Moro. Il piano fissava le modalità di intervento
delle parti sociali.
Il
memoriale di Moro e le operazioni di Gladio all’estero
Su
‘Il Messaggero’ del 6 luglio1982 si legge che, oltre al memoriale
e alle lettere note, Moro avrebbe scritto altro. Durante il processo
a Moro, a nome di un gruppo di brigatisti, Anna Carla Brioschi “ha
detto cose che richiedono una verifica pronta e non solo per motivi
di ordine processuale”...dai corpi di reato sequestrati il 1°
ottobre 1978 nel covo milanese di Via Monte Nevoso (sarebbe sparita)
una cartellina contenente le fotocopie di tutto quello che Aldo Moro
scrisse.
Su
‘Pagina’ (marzo 1982) si legge in uno scritto di Massimo
Caprara: “Carlo Alberto Dalla Chiesa custodisce e centellina tutti
i segreti del caso Moro...chi è stato a sparare su di lui?... Dove è
finito il memoriale meticolosamente redatto in carcere? Dalla Chiesa,
via Peci, conosce le risposte.”
Scrive
Pellegrino nel libro su citato “Il segreto di Stato”, p. 210:
“Dalla Chiesa aveva sottolineato di non aver ritrovato gli
originali, le cassette con le registrazioni dell’interrogatorio e
nemmeno la prima battitura dei dattiloscritti”.
Si
legge a pag. 218: “’L’Espresso’ pubblicò brani di documenti
che avevano fatto parte delle carte di Moro e che non erano tra i
documenti di Via Monte Nevoso. Uno in particolare era molto
interessante, riguardava le clausole di un trattato segreto NATO, in
virtù del quale il Mossad avrebbe goduto piena libertà nel regolare
alcuni conti con terroristi palestinesi in territorio italiano. Le
attività di guerriglia e controguerriglia, dette anche operazioni
non convenzionali, si inseriscono in un contesto come quello sopra
descritto.
Il
black-out delle comunicazioni in Via Fani
Nella
zona di Via Fani, subito dopo il rapimento dell’On. Moro, si
verificò un black-out delle comunicazioni. Fu spiegato come
sovraffollamento della linea. Ma la SIP non ha spiegato come mai
alle 16.45 del 15 marzo nell’azienda era scattato l’allarme e si
era costituita la ‘cellula di risposta’, un Comitato di sicurezza
con compiti a metà tra il militare ed i servizi segreti.
Questa
vicenda richiama le problematiche dei possibili preavvisi circa il
rapimento Moro.
L’abbattimento
dell’aereo Argo 16 e la scoperta della base di Gladio
Il
18 maggio 1986, il Gen. Viviani in una intervista a ‘Panorama’
risuscitò il caso dell’Argo 16 (che era caduto nel 1973). Il
Magistrato Mastelloni incriminò Viviani per reticenza.
Successivamente entrò nell’inchiesta il vertice dell’Aeronautica.
La Presidenza del Consiglio (Craxi, Goria, De Mita) pose comunque il
segreto di Stato sulla questione, il che impedì la richiesta della
documentazione. Nonostante l’opposizione del segreto, il Magistrato
Mastelloni proseguì nella sua inchiesta che portò il 20 giugno 1989
all’invio di 8 mandati di comparizione al vertice del vecchio SID,
cioè all’Ammiraglio Henke, ai Generali Miceli, Maletti, Viviani e
Genovesi, al Col. Viezzer, all’Amm. Castaldo e all’Ufficiale
addetto al centro controspionaggio di Padova Gerardo Capotorto.
Mastelloni riteneva che l’abbattimento fosse dovuto al Mossad, ma
il Gen. Serravalle, il primo capo di Gladio, in una trasmissione di
‘Telefono giallo’, disse a Corrado Augias che egli sospettava che
l’attentato fosse stato compiuto contro di lui per fargli pagare la
decisione di aver disarmato Gladio in Italia.
Le
operazioni all'estero erano previste fin dal 1952
Il
24 giugno 1952 al comando dei capi di stato maggiore USA viene
sottoposto il testo di un documento sulle ‘operazioni clandestine'
in cui si definiscono i compiti e le responsabilità dello speciale
comitato incaricato del coordinamento tra paesi alleati delle
attività clandestine. “Il comitato europeo per la pianificazione
clandestina è costituito per consigliare il comandante supremo
alleato in Europa” spiega il documento. E più avanti continua: “La
guerra non convenzionale, che include come parte integrante
‘operazioni clandestine' condotte dalle agenzie clandestine,
consiste in tre tipi di campi di azione: 1) la guerriglia, e cioè
operazioni, in territorio controllato dal nemico, condotte da forze
per lo più indigene organizzate su base militare o paramilitare...
2) evasione e fuga, e cioè azioni predisposte a far fuggire
personale militare della NATO e altri individui scelti da territori
controllati dai nemici... 3) sovversione contro regimi ostili e
resistenza, e cioè azioni in aree nemiche o controllate dal nemico
da parte di gruppi di resistenza e individui di origine indigena per
ridurre il potenziale militare, economico, psicologico e politico del
nemico”.
Su
questo vedi G. Gatti, “Rimanga tra noi” 1990, ed. Leonardo, p.
31-32.
La
Gladio dei 622 (operazioni all'estero)
La
Gladio dei 622 ha operato prevalentemente in Italia, tuttavia vi sono
tracce anche di operazioni all'estero. Una operazione all'estero è
la cosiddetta “Operazione LIMA” in cui personale di Gladio tra
cui il maresciallo Vicenzo Li Causi si recò in Perù.
Si
legge in proposito nella relazione della Commissione Parlamentare di
inchiesta sul fenomeno della mafia (documento della Camera dei
Deputati XXIII n. 2 pp. 137): “All'inizio del 1987 il Maresciallo
Li Causi aveva partecipato ad un'altra operazione delicatissima
riconducibile ad una finalità di antiterrorismo ed effettuata a Lima
in Perù. L'operazione a cura della struttura Stay Behind era stata
direttamente ordinata dal Presidente del Consiglio Craxi ed era
costata “un miliardo”... “...“ Non è questa la sede per
valutare specificamente le modalità seguite in rapporto ai compiti
istituzionali e alle norme regolatrici dei servizi. In base a ciò
che sappiamo l'operazione sembra essere stata del tutto clandestina.
Essa ha implicato il rapporto con uno stato estero al di fuori di
ogni protocollo. Con ogni probabilità il Ministro degli Esteri e il
Ministro della Difesa ne sono rimasti all'oscuro così come deve
essere rimasto all'oscuro il CESIS.
Una
clandestinità di questo genere significa anche illegalità
dell'operazione. Se così è stato, si può credere che la scelta
della struttura Gladio, in quanto al di fuori di ogni controllo, sia
stata determinata proprio dal carattere illegale delle attività da
compiere”. Si precisa in nota che “notizie sull'operazione
emergono dalle deposizioni di Vincenzo Li causi, di Fulvio Martini e
di Marcello Ingrosso davanti alla Procura Militare di Padova.
Un'altra operazione di cui esiste traccia riguarda un'operazione con
lo Stato Vaticano. Il Gen. Inzerilli (Vedi Corriere della Sera,
27.3.87 nell'articolo ‘C'era una Gladio ancor più segreta')
afferma che una struttura di Gladio denominata OSSI avrebbe fatto da
scorta in missioni del Vaticano. Ma il Vaticano replicò (vedi nota
AGI del 27.3.97): “I servizi di scorta al Papa sono una
responsabilità dei paesi che lo ospitano”. La sala stampa della
Santa Sede ha commentato così le dichiarazioni del Gen. Inzerilli,
secondo il quale una struttura di Gladio denominata OSSI avrebbe
fatto da scorta al Papa in una non precisata occasione”.
Sulla
legittimità del reparto OSSI si è espressa in due sentenze la
Magistratura, la quale ha rilevato che questo reparto di uomini
armati operava al di fuori del dettato costituzionale.
Nella
sentenza del 21 marzo 1997 della II^ Corte d'Assise di Roma si legge
della ‘esistenza' di una organizzazione costituita anche da
appartenenti alle forze armate e preordinata al compimento di azioni
di guerra ancorchè non ortodosse al di fuori della unica istituzione
che in base all'ordinamento costituzionale deve legittimamente
ritenersi incaricata dello svolgimento di attività di difesa della
Patria e cioè al di fuori delle forze armate e al di fuori di un
qualsiasi controllo da parte del Capo dello Stato che, ai sensi
dell'art. 87 della Costituzione, di queste ha il Comando'.
Nella
sentenza del 1 febbraio 2001 della Corte Suprema di Cassazione si
legge che, in merito al contenuto del documento OSSI ‘la Corte
territoriale ha puntualmente argomentato come esso riguardasse
l'impiego di ‘operatori speciali' del servizio italiano nella
organizzazione della ‘guerra non ortodossa' mediante una struttura
di comando finalizzata ad azioni di guerra e di sabotaggio
sull'intero territorio nazionale collocata al di fuori
dell'ordinamento delle forze armate e esclusivamente preposta alla
difesa della patria, anche mediante il coinvolgimento occulto di
personale adibito ad altri compiti, sottratta infine ad ogni
controllo istituzionale. Siffatto documento concerneva fatti eversivi
dell'ordine costituzionale e doveva quindi conseguentemente
considerarsi sottratto alla garanzia della tutela del segreto di
Stato”.
La
Gladio all'estero. Destabilizzare per stabilizzare?
Tra
i compiti che si attribuiscono alla guerra non ortodossa è
certamente quello di “destabilizzare per stabilizzare”. Un
esempio tipico di questo tipo di operazione è la operazione Delfino
del 1966 condotta nella zona di Monfalcone, una operazione di
“Insurgency e Counter Insurgency”. Le operazioni condotte da
Gladio all'estero si effettuano a fianco di forze di liberazione,
cioè di forze che si opponevano ai governi locali. Potevano essere
compiute operazioni di provocazione per suscitare un evolversi armato
della situazione. Operazioni di questo tipo sono state condotte dalla
CIA in tutto il mondo. Ricordiamo ad esempio quelle in Cile che ha
portato al colpo di stato dell'11 settembre 1973. In Italia questa
problematica ha assunto il nome di “strategia della tensione”. Si
tratta di snidare l'avversario, farlo uscire allo scoperto e poi
attaccarlo. Operazioni di questo tipo devono però avere la copertura
a livello politico. Questo è il caso di Gladio all'estero.
E'
bene ricordare che in queste operazioni si devono considerare tre
dimensioni di intervento: la dimensione politica, l'unica in grado di
“legittimare” l'operato delle forze alle dipendenze del Ministero
della Difesa, chiamate ad operare in operazioni clandestine; la
dimensione militare, che riguarda la conduzione dell'operazione,
compreso lo studio e l'analisi che l'impostazione di queste
operazioni richiede; la dimensione civile, che fiancheggia le
operazioni e costituisce la rete di assistenza (conosciamo ad esempio
la rete di assistenza creata nel Mediterraneo, area del Nord Africa,
comprendente stazioni come Malta, Algeri, Tangeri, Tunisi, Djen
Djen)
Le
direttive per i gladiatori
Per
quanto riguarda i gladiatori della “Gladio delle Centurie” nel
libro ‘L'ultima missione' del ‘gladiatore' Nino Arconte si legge
che questi gladiatori non operavano a difesa da una invasione, ma
operavano all'estero con compiti diversi da quelli dell'antinvasione.
C'è
da chiedersi chi ha ordinato loro di eseguire questi compiti
all'estero e quali erano le modalità che dovevano seguire. Secondo
Arconte, a pag. 258 del libro, si legge: “All'epoca io mi chiedevo
soltanto ciò che mi fu insegnato essere legittimo chiedermi riguardo
ad ogni ordine ricevuto: “gli ordini sbagliati non si eseguono”!
All'ovvia domanda degli allievi: “Come facciamo a sapere quando un
ordine ricevuto è sbagliato?” gli istruttori rispondevano: “Sono
ordini sbagliati tutti quelli che violano i diritti e le convenzioni
internazionali di Ginevra sui prigionieri di guerra e quelli
comunemente definiti crimini contro l'umanità”.
Evidentemente
nessuno ha informato esattamente questi gladiatori di quanto si legge
nell'articolo 52 della Costituzione circa i compiti delle Forze
Armate.
Da
osservare che dal 28 marzo del 2000 la descrizione dell'attività
della Gladio delle Centurie così come appariva su Internet al
titolo ‘Real Gladio' è stata inviata dallo scrivente, alle
principali autorità interessate, cioè alla Presidenza del
Consiglio, alla Presidenza della Commissione Stragi, alla Presidenza
del Comitato di controllo parlamentare sui servizi segreti.
Sulla
vicenda da parte delle Autorità risulta un chiarimento solo nelle
lettere che l'On. Craxi ha scritto ad Arconte, riportate nel libro.
Il
traffico di armi come una delle possibili cause delle operazioni di
Gladio all'estero
L'Italia
ha avuto un ruolo rilevante nel traffico di armi, tanto che il nostro
paese veniva chiamato ‘l'albergo spagnolo del traffico di armi' per
la facilità con cui le armi entravano nel nostro paese e ne
uscivano.
Il
traffico di armi ha dato luogo a varie inchieste della Magistratura
tra cui vale ricordare quelle dei magistrati Carlo Palermo e Maria
Cordova.
Tanto
per citare un esempio tra tanti di come avveniva il traffico di armi,
menzioniamo quanto è scritto nel libro ‘L'atto di accusa del
Giudice Carlo Palermo' Editori Riuniti 1988, p. 114. In relazione
alla deposizione di Glauco Partel si legge: “Nel 1979 la Libia era
disperatamente alla ricerca di un carro Leopard e c'era il blocco
degli Stati Uniti. La Oto Melara ne contrabbandò uno. Io ne parlai
con il rappresentante della Oto Melara del settore commerciale. E' un
iracheno, ex ufficiale della marina iraniana, di circa 40 anni,
all'epoca abitava a Livorno (il suo nome è Bara Badi, n.d.r.). Lui
mi disse che la Oto Melara aveva potuto fornire quell'esemplare
certamente via mare. Da quanto mi disse i libici lo collaudarono nel
deserto, poi vennero i russi, lo smontarono e lo portarono via. Dopo
tale esemplare vi fu una vera e propria fornitura che partì nel
1978, mi pare che partì dal porto di La Spezia e agli effetti
doganali figurò come carico di grano”. Beirut era uno snodo per il
traffico di armi e il Col. Stefano Giovannone, che ha operato per
molti anni a Beirut come capocentro del SISMI - avendo un raggio
d'azione in tutto il Medio Oriente; fu interrogato in merito dal
magistrato Carlo Palermo. Come si legge in un libro di M. Pugliese
“perché nessuno fermò quel giudice?” (Adriatica editrice,
Ancona), Giovannone precisò che ‘per il Libano transitavano armi
destinate a movimenti di opposizione operanti in Libia, Arabia
Saudita e negli Stati del Golfo; si trattava essenzialmente di
pistole, fucili automatici leggeri che venivano inviati da esponenti
in esilio dei vari movimenti di opposizione”.
Giovannone
è stato a Beirut dal 72 al 76 e poi dal 78 all'81. Di particolare
rilievo erano i suoi rapporti con l'OLP. Dopo che Giovannone lasciò
Beirut il 12 ottobre 1983 venne inviato ad operare presso l'OLP, che
nel frattempo aveva la sua sede a Tunisi, un altro ufficiale. Vale la
pena ricordare che a Giovannone si rivolse l'On. Moro in una lettera
scritta durante il suo sequestro nel 1978. Moro voleva spingere il
governo a barattare la sua vita con il rilascio dei brigatisti in
carcere. Egli scriveva: “Tu forse già conosci direttamente la
vicenda dei palestinesi all'epoca più oscura della guerra. Lo stato
italiano in vari modi dispose la liberazione dei detenuti allo scopo
di stornare un grave danno. Nello spirito si fece ricorso allo stato
di necessità”.
La
complessa natura di Gladio e la probabilità che vi fosse più di una
Gladio
In
una intervista di P. Cucchiarelli e A. Giannuli al senatore
Pellegrino, Presidente della Commissione Stragi, riportata nel libro
“Lo stato parallelo”, (Gamberetti editore 1997, pp. 365), il
Senatore afferma: “Quello che mi colpisce è come i 622 gladiatori
coprono un arco temporale di 40 anni. I gladiatori in servizio attivo
sono stati sempre un numero estremamente limitato: sproporzionati
per difetto rispetto al cervello operativo della situazione. perché
vi è la certezza che vi erano altre reti clandestine, penso ad un
articolarsi per piani successivi, per cui ci sarebbe una Gladio
nascosta dentro una Gladio apparente, oppure che la struttura di
Gladio stava al centro di un sistema di reti clandestine che si
collocavano ai lati di Gladio, non mi pare faccia molta differenza.
Quello che è importante è sapere che prima del 1979 c'era Gladio,
ma non solo Gladio che è una tessera dell'intero mosaico,
importante, ma che da sola non spiega tutto. Nello stesso tempo altre
tessere del mosaico assumono un ‘segno' che in qualche modo
presupponeva Gladio, cioè molte cose non appartenevano alla
struttura di Gladio, ma avvenivano in un certo modo perché Gladio
c'era.
I
Magistrati Sergio Dini e Benedetto Roberti della magistratura
Militare di Padova delineano un quadro a più stadi di Gladio con
diverse linee di comando e di dipendenza, con diverso personale e con
diversità di funzioni. La struttura più interna, quella tutelata
con la massima riservatezza, vero ‘cuore' e nocciolo degli
interessi statunitensi in Italia era formata - affermano - ‘da
soggetti tuttora ignoti, i cui nomi e le cui identità e finanche il
numero dei quali sono stati tenuti nascosti dal SISMI agli
inquirenti, ma della cui esistenza non vi è possibilità di
dubitare” (dalla relazione di Dini e Roberti alla ‘Commissione
Stragi' del 1994).
La
Gladio dei 622. Anche se fu detto che era dipendente dalla NATO, in
realtà non lo era
Già
nel novembre 1999 il portavoce di SHAPE, Comandante Marcotte sostenne
che Gladio non dipendeva dalla NATO (vedi Repubblica del 31.5.1991).
Ma in Parlamento l'On. Andreotti sostenne che Gladio dipendeva invece
dalla NATO. Tuttavia il Senatore Cossiga ai giudici romani che lo
interrogarono dichiarò che “Gladio non è della NATO” (vedi
L'Unità del 31.5.1991). Si legge nel sottotitolo che ‘Gladio con
la NATO non ha niente a che fare'. “Il Quirinale ha spedito alla
Procura di Roma un ‘passo' del rapporto del governo tedesco sulla
Stay Behind dove si affermava che non fa parte integrante della
struttura NATO. “
Su
La Repubblica del 31.5.1991, in un articolo di G. M. Bellu e G.
D'Avanzo, si legge: “Con Gladio la NATO non c'entra”. Il padre di
Gladio non era la NATO, ma il patto Atlantico. Francesco Cossiga a
sorpresa, contraddicendo a 360 gradi la relazione del governo e di
Andreotti, riscrive lo stato giuridico e internazionale della
struttura clandestina Stay Behind”.
Si
legge anche nello scritto citato, che si è avuta “conferma piena
dei sospetti della Procura Militare di Padova, della Procura di Roma,
della Commissione Stragi di Libero Gualtieri: Gladio non è mai stata
sotto l'ombrello NATO. Già nel novembre scorso il portavoce dello
SHAPE, il Capitano di fregata canadese, Jean Marcotte, aveva negato
che la NATO avesse a che fare con Gladio: “Nel quadro della
struttura militare della NATO disse, non esiste e non è mai esistita
una organizzazione del genere'.
Marcotte
fu peraltro smentito molto autorevolmente 24 ore dopo da Manfred
Woerner, Segretario Generale della NATO.
Anche
l'ambasciatore Paolo Fulci, che è stato ambasciatore alla NATO e che
ha avuto la direzione del CESIS ha dichiarato, come si può leggere
su ‘Liberazione' del 18.10.96,che “la Gladio non apparteneva alla
NATO”.
La
nascita di Gladio
Circa
la nascita di Gladio alcuni elementi possono trarsi dalla relazione
presentata dal Presidente della Commissione Stragi Sen. Libero
Gualtieri durante a seduta del 14-15 aprile 1992. Vi si legge:
“L'operazione Gladio emerse per la prima volta con questo nome
nell'incontro del 18.10.1956 tra i rappresentanti del SIFAR (Col.
Fettarappa Sandri, Maggiore Accasto) e i rappresentanti della CIA Bob
Porter e John Edwards)”. Sin da questa prima riunione furono
adottate particolari procedure relative alla elaborazione e
trasmissione della documentazione riguardante l'organizzazione
Gladio. Di ogni documento ufficiale si dispose la redazione in
duplice versione - italiana ed inglese - e in un massimo di 4 copie.
Gli atti in tal modo prodotti verranno classificati da un numero
progressivo.
“L'intestazione
Gladio/1 fu riservata al documento datato 28.11.1956 dal titolo: “Una
rielaborazione degli accordi tra il servizio informazioni italiano e
il servizio informazioni americano relativi alla organizzazione e
all'attuazione della rete clandestina post-occupazione
italo-statunitense”.
L'approvazione
italiana del testo redatto dal servizio militare fu comunicata al
rappresentante del SIFAR nella riunione del 29.11.1956 nel corso
della quale fu anche stabilito di fissare l'entrata in vigore
dell'accordo a partire dal giorno precedente, 28.11.1956” ...”
oltre al testo di Gladio/1 sono stati rinvenuti altri 111 atti
appartenenti alla raccolta dei documenti ufficiali della Operazione
Gladio. Tra questi vanno segnalati i verbali del Gladio Comittee, la
struttura italo-statunitense costituita allo scopo di pianificare lo
sviluppo della branca italiana della rete Stay Behind.
Il
Comitato Gladio fu inizialmente composto da 11 membri (8 italiani e 3
statunitensi) e si riunì ad intervalli irregolari tra il 1956 ed il
1975.
La
base di Capo Marargiu era una delle più importanti basi di Gladio.
Nel luglio 1991 ‘Panorama' pubblicò un appunto indirizzato il 4
dicembre 1972 dai Generali Serravalle (che è stato uno dei capi di
Gladio) e Fortunato al Direttore del SID, Miceli, relativo
all'ispezione compiuta a Capo Marargiu dal capo della Sezione CIA a
Roma, Stone. Questi chiedeva di far sì che Gladio potesse ‘far
fronte' anche a sovvertimenti interni di dimensioni tali da
compromettere l'attività governativa legittima (ossia l'alleanza).
Nei
documenti del 15 e 22 dicembre 1972 rinvenuti a Roma negli archivi
della VII^ Divisione dalla Procura Militare della Repubblica di
Padova si legge tra l'altro che “Mr. Stone Capo della CIA in Italia
informava i suoi colleghi responsabili della Gladio che era possibile
“che si venissero a trovare ad operare esattamente nella stessa
maniera in cui la CIA operò in Vietnam”.
Gladio,
la guerriglia e le BR
C'è
chi si chiede perché le BR fossero tanto interessate alla guerriglia
e perché questo fosse stato il nodo centrale degli interrogatori
dell'On.Moro. Il motivo è da collocarsi nell'addestramento
clandestino delle forze alla guerriglia che costituiva un compito di
Gladio. Circa la guerriglia e la sua importanza questo fenomeno è
autorevolmente descritto da W. Halweg (‘Storia della guerriglia'
Feltrinelli 1973, p. 12-13)”. Solo nei due decenni che seguirono la
fine della seconda guerra mondiale si è compreso appieno quali
possibilità si erano aperte con la guerriglia.... la guerriglia si
rivelava fenomeno nuovissimo per l'ampiezza e la portata delle forze
che vi affluivano dal campo politico e sociale: scompariva la
differenza tra militari e civili...era dato di intravedere la
possibilità di una riforma dell'esercito moderno”. Oggi, infatti,.
la differenza tra campo militare e capo civile costituisce il vero e
proprio campo di azione della guerriglia la quale per svilupparsi in
modo efficace deve avvalersi di una tattica e di una tecnica di tipo
militare”. In Italia la strategia della guerriglia fu oggetto di
grande interesse. Questo interesse è testimoniato in particolar modo
dal Convegno del 3-5 maggio 1965 (tenutosi presso l'albergo ‘Parco
dei Principi' a Roma), dell'Istituto Pollio sul tema della ‘guerra
rivoluzionaria'. Gli atti sono stati pubblicati dall'editore Volpe.
Nel convegno si trovava al tavolo della Presidenza il T. Colonnello
Adriano Magi Braschi, (anche se figurava come avvocato) che era stato
promotore dei ‘corsi di ardimento' a Cesano, destinati alla
creazione di speciali reparti antiguerriglia.
Nel
1964 il nucleo di guerra non ortodossa del SIFAR - Sezione S M) di
cui era all'epoca responsabile il Ten. Col. Magi Braschi portò ad
una elaborazione della dottrinaria della guerra non ortodossa,
successivamente diramata agli Stati maggiori d'arma, in due fascicoli
denominati uno “L'offesa”, e l'altro “La parata e la risposta”.
In
seguito il Generale Magi Braschi, che è stato capo della guerra
psicologica presso il SISDE, assunse la guida in Italia della World
Anticommunist League (Lega Mondiale Anticomunista).
La
rivista ‘Controinformazione', ottobre 1973 riportò ampi stralci
del fascicolo “La parata e la risposta”. Ai due elaborati se ne
aggiunse nel 1965 un terzo dal titolo ‘La guerriglia'. Su questo
tema vediamo anche G. Giannettini, ‘Tecnica della guerra
rivoluzionaria', Roma 1965.
Il
convegno fu patrocinato probabilmente dallo Stato Maggiore
dell'esercito. Magi Braschi nel convegno (pag. 251 degli Atti)
affermò che: “se la prima guerra mondiale vide gli Stati Maggiori
combinati, cioè dalla prima guerra mondiale si ricavò la necessità
di avere comandi composti dalle tre armi, vale a dire Stati Maggiori
che ragionavano in funzione tridimensionale; se dalla seconda guerra
mondiale sono usciti gli Stati Maggiori integrati che comprendono
personale di più nazioni, questa guerra vuole gli Stati Maggiori
allargati che comprendono civili e militari”.
In
relazione a questo convegno ha espresso alcune valutazioni il
Senatore Pellegrino che si trovano nel libro ‘Luce sulle stragi',
(a cura di Lupetti e Pietro Manni, Editore di Comunicazione, Lecce,
1996, p. 49): “Peraltro se nella riflessione degli organizzatori
del convegno i risultati già raggiunti (nell'affrontare un
dispositivo flessibile di risposta alla guerra sovversiva) apparivano
eccellenti, diffusissima ed anzi unanime era la valutazione di un
salto qualitativo ulteriore. Mentre sul punto lo stesso De Boccard
(uno degli oratori del convegno, n.d.r.) si spingeva sino a
progettare una modifica radicale dell'intero apparato bellico
italiano ai fini di una risposta controrivoluzionaria, in vista cioè
di un ‘pericolo maggiore di un conflitto tradizionale', da altri
convegnisti si prospettavano proposte diverse che a lato (rectius, al
disotto) dell'apparato bellico tradizionale prevedevano di affrontare
il compito controrivoluzionario a reti clandestine composte in gran
parte da civili anche se sempre a direzione (almeno prevalentemente)
militare”.
Nel
convengo di Parco dei Principi (pag. 244 degli Atti) si prevedeva una
concezione a tre livelli operativi per un piano di difesa e
contrattacco rispetto alle forze di sovversione. In particolare il
Prof. Filippani Ronconi (un docente universitario di Sanscrito
probabilmente utilizzato dagli apparati di sicurezza in compiti di
decodificazione), propose uno “schieramento differenziato su tre
piani complementari ma praticamente permeabili l'uno rispetto
all'altro "utilizzando le tre categorie di persone sulle quali
si può in diversa misura contare”, più specificamente: un primo
livello più elementare. Si può contare su individui “i quali
seppure ben orientati e ben disposti nei riguardi di un'ipotetica
controrivoluzione sono capaci di compiere un'azione puramente
passiva, che non li impegni in modo da affrontare situazioni troppo
pericolose. Questa prima rudimentale rete potrà servire per una
prima conta delle persone delle quali si sarebbe potuto disporre; il
secondo livello potrà essere costituito da quelle altre persone
naturalmente inclini o adatte a compiti che impieghino “azioni di
pressione”; il terzo livello riguarda personale “ molto più
qualificato e professionalmente specializzato”. Questo personale
dovrebbe costituirsi in pieno anonimato, sin da adesso, nuclei scelti
di pochissime unità addestrate a compiti di controterrore e di
‘rotture' eventuali dei punti di precario equilibrio in modo da
determinare una diversa costellazione di forze al potere”. Le
operazioni per la destituzione del Presidente Bourghiba che dovevano
portare nuovi equilibri politici in Tunisia, determinando una nuova
‘costellazione di forze al potere' ha proprio la caratteristica di
una operazione attinente a questo terzo livello.
Gladio
e il Centro Scorpione di Trapani: collegamenti con l'Africa?
I
compiti del Centro Scorpione di Gladio non sono mai stati resi
chiaramente noti. Il Centro, denominato 9 CAS, (Centro Addestramento
Speciale) venne istituito nel settembre 1987 nell'ambito del SISMI 7^
Divisione e venne affidato al Col. Paolo Fornaro. Dopo appena due
mesi il Colonnello venne sostituito dal maresciallo Vincenzo Li
Causi. Il Col. Fornaro nell'intervista di F. Grignetti sul quotidiano
‘La Stampa' del 13.5.1993. Grignetti chiede come mai nel 1987 si
puntava su Trapani quando ormai la minaccia sovietica non esisteva
più: oppure lo Stato Maggiore ci credeva ancora? Risponde il
colonnello: "Gladio come era stata inventata non serviva più. A
Mosca c'era Gorbaciov. Il pericolo era cessato, però il Nord Africa
ci preoccupava più di prima”. Da questo si può evincere che tra i
compiti di Gladio vi fossero compiti attinenti col Nord Africa. Circa
la difficoltà di capire quali fossero i compiti del Centro Scorpione
scrive G. De Lutis (‘Il lato oscuro del potere' Editori Riuniti,
1996, p. 111-112)
‘A
questo punto è lecito chiedersi quali possano essere stati i compiti
di un Centro così atipico, unico in Italia ad essere guidato da un
sottufficiale il quale però aveva preso parte ad operazioni
delicatissime e illegali. Nessuno dei documenti in sequestro, nè
nessuno dei numerosi interrogatori cui i dirigenti del Centro sono
stati sottoposti ha fornito il benchè minimo lume sull'argomento.
Siamo dunque in presenza di un centro collocato in un settore
delicatissimo dello scacchiere siciliano che opera in anni densi di
eventi gravi, ma che sembra non aver svolto alcuna attività.
Tuttavia il Centro aveva ampia disponibilità, almeno potenziale, di
denaro”.
Li
Causi è l'unica persona che abbia avuto accesso a 5 nomi di
copertura. Il maresciallo morì il 12 novembre 1993 nei pressi di
Mogadiscio. Si disse perché colpito da pallottola vagante. In
seguito però fu insignito della medaglia d'oro alla memoria. A
proposito del Centro, il magistrato Carlo Palermo nel libro ‘Il
quarto livello' Editori Riuniti, 1996, p. 192: ‘A Trapani era
presente una base militare NATO. Nell'anno successivo alla scoperta
delle logge segrete venne creata la cellula Stay Behind Scorpione.”.
Per
capire la atipicità del Centro Scorpione è bene ricordare comunque
che tra i compiti di Gladio, ufficialmente dichiarati, vi erano
quelli di predisporre quanto necessario per la condotta di operazioni
di guerra non ortodossa sul territorio nazionale e virtualmente
occupato da forze nemiche a diretto supporto delle operazioni
militari condotte dalla forza NATO'.
Naturalmente
pensare alla Sicilia come ad un territorio di possibile invasione è
ben poco realistico!
Quanto
al sospetto che la natura di Gladio sia restata in parte sconosciuta,
nel libro: “L'Italia delle stragi” (Editore Il Minotauro, 1997,
p. 54) si riporta una valutazione della Commissione Stragi, secondo
cui: “A giudizio di molti Gladio era diventata qualcosa di più e
di diverso”.
Le
preoccupazioni per la nascita di un esercito clandestino e le
responsablità del personale
L‘On.
Formica a suo tempo Ministro delle Finanze, in un'intervista a
‘Panorama' del 9.12.1990 esprime il parere che dietro Gladio si
potesse creare “un esercito segreto assolutamente incompatibile per
il nostro ordinamento”. Una operazione come quella più volte
citata in Magreb, che ha portato alla destituzione del Presidente
Bourghiba su direttive ad oggi sconosciute e su ordini emanati dal
Ministero della Difesa/Maripers - X^ Divisione S B - è un'operazione
effettuata in un paese straniero contro un Presidente legalmente
riconosciuto. Certamente bisogna distinguere tra le responsabilità
di chi ha eseguito semplicemente degli ordini provenienti dal
Ministero della Difesa e chi ha impartito questi ordini. Si tratta di
un punto su cui occorre fare chiarezza. Ovviamente non è giusto che
i subalterni siano ritenuti responsabili della esecuzione di ordini
impartiti dall'alto e tuttavia occorre capire quali erano le
direttive ce informavano operazioni come questa.
Va
tenuto presente in particolare che la legge di riforma dei Servizi
Segreti - la legge 801 del 1977 - imponeva per quanto riguarda il
personale dei Servizi, di svolgere solo operazioni di “intelligence”
e non operazioni armate.
Quanto
sopra vale per il personale che prendeva ordine dai Servizi
Segreti, mentre gli ordini che erano stati impartiti, ad esempio
nella operazione del Maghreb, provenivano non dai Servizi Segreti, ma
dal Ministero Difesa Marina.
Il
personale dipendente del Ministero Difesa Marina può essere
impiegato solo secondo quanto previsto dall'art. 52 della
Costituzione.
L'arruolamento
per la guerra non ortodossa
Molte
discussioni sono state fatte circa la legalità/illegalità degli
arruolamenti per la guerra non ortodossa. Nella relazione della
Commissione Parlamentare di inchiesta sugli eventi del giugno-luglio
1964 (Doc. XXIII 1.1 della Camera dei Deputati, 1971, Vol. II, p.
162) si legge al titolo ‘Gli arruolamenti illegali': “Il Sen.
Jannuzzi nella sua deposizione resa alla Commissione Parlamentare di
inchiesta ha affermato di aver avuto diretta comunicazione dal Col.
Rocca, capo dell'ufficio REI, organo collaterale del SIFAR di
arruolamenti irregolari che sarebbero stati effettuati nel 1964”.
“Il
Col. Rocca era particolarmente informato di questo settore delle
operazioni dal 1964 perché questo era un settore a pagamento costoso
ed egli provvedeva a tali finanziamenti”.
Precisazioni
sul caso ‘Brenneke' e sui finanziamenti della CIA
Si
legge nel libro di G. M. Bellu e G. D'Avanzo ‘I giorni di Gladio',
(Sperling e Kupfer, 1991, p. 73), che il Gen. Ambrogio Viviani
espresse un parere sulla vicenda Brenneke a ‘Repubblica' “Fra la
fine degli anni '60 e i primi anni '70 il governo USA comincia a
temere per la situazione italiana. Fu allora deciso di applicare un
trattato segreto firmato dalla NATO che prevedeva la
preorganizzazione di una rete di resistenza in caso di occupazione
sovietica. Una rete per la quale fu attuata la ricerca di volontari e
depositi di armi, munizioni ed esplosivo. La costituzione della rete
fu affidata alla CIA e la CIA versò al SID - il capo era allora Vito
Miceli - somme molto rilevanti. Il SID provvide poi ad organizzare la
rete cercando tra ex Carabinieri, Polizia ed ex militari. Il governo
italiano deve essere al corrente delle somme versate dalla CIA e DEL
livello di organizzazione della rete. Io credo che quel Brenneke può
aver trovato spunto proprio da queste iniziative”.
Quanto
all'attività della CIA in Italia questa è stata ampiamente
descritta da William Colby. Le attività della CIA in Italia sono
state anche oggetto di una elaborazione psicoanalitica in un libro
dello psicanalista Franco Fornaro: “La malattia dell'Europa”,
Feltrinelli Editore. Altri riscontri dell'attività della CIA si
trovano nella inchiesta parlamentare del 1970 sui fatti del 1964.
Abu
Abbas aveva qualche motivo di riconoscenza dopo la vicenda
dell'Achille Lauro?
Abu
Abbas aveva contribuito alla resa dei dirottatori della nave. Per lui
non si procedette al fermo e all'arresto in territorio italiano. Il
Magistrato incaricato di interrogarlo non riuscì nell'intento
malgrado l'aiuto della Digos e della Polizia.
Allo
stesso modo le bobine registrate dei colloqui tra Abbas e i
terroristi, opera dei Servizi Segreti israeliani, che potevano
evidenziare responsabilità di Abbas risultarono consegnate al SISMI
il sabato 12 ottobre alle 19.30, cioè 30 minuti dopo la partenza di
Abbas e risultarono per un disguido consegnate al Presidente del
Consiglio alle ore 21.00 di lunedì 14.
In
questa circostanza forze dello Stato italiano operarono contro altre
forze dello Stato italiano per rendere possibile la fuga di Abbas.
Argo
16. Qualche ulteriore precisazione
Su
‘Panorama' del 15.6.1976 si legge una dichiarazione del Generale
Miceli secondo cui con Argo 16 perdemmo sei uomini del SID. Nel
retroterra della vicenda Argo 16 vi è un'operazione del SISDE.
Secondo Gianni Flamini (“Il partito del golpe”, 1973-74, Volume
III, Tomo 2°, Bovolenta editore, 1983, p. 407), si tratta molto
probabilmente della operazione organizzata in collaborazione con i
Servizi Segreti israeliani. Portò all'arresto di cinque arabi, due a
Ostia e tre a Roma”. Di questi arabi due degli arrestati vennero
quasi subito rilasciati e restituiti, si dirà, alla Libia. Gli altri
tre verranno processati nel febbraio 1974 e condannati a cinque anni
e due mesi ciascuno. Dopo la sentenza però, qualcuno (tramite il
SID) pagò una cauzione di 60 milioni e li prese in consegna; quindi,
imbarcatisi su un aereo militare vennero anch'essi portati in Libia
dopo un singolare scalo a Malta. Durante il viaggio di rientro
l‘aereo precipitava misteriosamente provocando la morte di tutto
l'equipaggio (e di testimoni ritenuti evidentemente scomodi).
perché
Arconte ha avuto paura. Troppe morti dietro i segreti
Si
è parlato, a proposito di Gladio della morte del Generale Dalla
Chiesa, a Palermo il 3 settembre 1972, della morte del maresciallo
Vincenzo Li Causi in Somalia e ancora della fine dell'Argo 16 alla
fine nel 1973, dove trovarono la morte il colonnello Borreo, il
Tenente Colonnello Grandi, I Marescialli Schiavone e Bernardini.
Si
è anche fatto cenno alla morte del colonnello Mario Ferraro, trovato
impiccato nel bagno di casa il 16 luglio 1995. Venne trovata una
lettera del colonnello del SISMI in cui afferma: “Ormai ho capito
tutto, vogliono mandarmi in missione a Beirut per una operazione
suicida. Me lo ha confermato il mio collega, il mio amico...” (Vedi
su questo ‘Il Giorno' 19 agosto 1995; vedi anche ‘Il Giorno' del
20 agosto 1995, ‘Il Messaggero' e ‘L'Unità' del 24 luglio 1995,
‘Il Messaggero' del 19 agosto 1995, ‘Il Messaggero' 26 febbraio
1997).
In
un documento che venne ritrovato dopo la morte del colonnello Ferraro
si legge quanto segue: “Boccasin mi chiede se ho particolari
problemi familiari, perché dovrei allontanarmi da Roma per un
periodo di 30 giorni massimo 60 giorni per un'operazione di servizio.
Gli rispondo senza esitare che se si tratta di lavoro, la famiglia va
lasciata da parte. Per cui accetto. L'operazione doveva essere
top-secret. Mi accorgerò più tardo della grande buffonata. La
questione è talmente segreta che vengo a sapere se debbo andare da
Conforti prima (vincolato col giuramento da BB (Bruno Boccassin,
n.d.r.) a mantenere il segreto); successivamente da Masone.
Francamente che qualcosa non andava o che perlomeno l'operazione non
era fine a se stessa, lo avevo percepito proprio mentre il buon BB mi
dava l'incarico....Ferraro poi interpreta alcune frasi riportate da
colleghi:
‘Speriamo
che non torni con i piedi avanti'. Ad Armando Fattorini, continua
Patriarca, era rimasto impresso il tono e la freddezza con cui
(Boccassin) aveva detto questa frase, come se lo dava per scontato e
senza preoccuparsi”. Ferraro nella sua lettera fa ancora un'altra
sua riflessione: ‘Come fa uno come Boccasin servendosi di me a far
fuori un uomo così.... (si riferisce all'uomo del SISMI di Beirut').
La lettera termina così: “Chiedo vendetta”. I mafiosi: Armando
Fattorini, Bruno Boccasin, Raiola....” Poi un altro nome
indecifrabile.
Risalendo
nel tempo incontriamo una serie di vicende drammatiche.
Abbiamo
accennato al fatto che al primo arruolamento di Gladio aveva
partecipato il Colonnello Renzo Rocca, già capo dell'ufficio REI. Ne
parla Marco Sassano nei suoi libri “SID e partito americano”,
Marsilio 1985, p. 72 e ss. e anche dello stesso autore e presso lo
stesso editore “La politica della strage”. Vedi in proposito ‘Il
Manifesto' 7 novembre 196 l'articolo ‘Morire di Gladio'.
Scrive
Marco Sassano: “Per i primi sei mesi del 63 Rocca su preciso
mandato del Generale Walters, responsabile del settore mediterraneo
della CIA, si impegna nella campagna volta a impedire la formazione
del primo centro sinistra organico presieduto da Moro”.
Il
Colonnello Rocca, come ci ricorda il Sen. Jannuzzi nella sua
deposizione resa alla sopracitata Commissione Parlamentare di
inchiesta sul SIFAR sui fatti del 64 che vi era stato un
reclutamento irregolare. In particolare Jannuzzi sostenne che tra i
documenti sequestrati dal Servizio Segreto nello studio del Col.
Rocca vi era la documentazione relativa a questa operazione di
arruolamento condotta dal colonnello. Si legge nel libro di Gianni
Flamini “Il partito del golpe”, 1964-68, Vol. I, Bovolenta
editore, 1981, p. 198: “Uno dei problemi di cui Rocca si è
quotidianamente occupato per anni è stato quello delle commesse
militari per conto delle forze armate della NATO. A questo compito si
legava il commercio d'armi legale e di contrabbando: Rocca ha svolto
un ruolo di primo piano nella fornitura di armi al Congo, al Marocco,
all'Egitto, a Israele, lavorando industrie come la Fiat, la Beretta,
la Selenia, la Oto Melara della Finmeccanica. Ecco quindi un'ipotesi
fondata circa i nomi e i segreti che si sono voluti coprire.
Un
documento molto circostanziato verrà sequestrato alcuni anni più
tardi a un altro “uomo FIAT” (oltre che di molti servizi di
sicurezza): il torinese Luigi Cavallo. Documento su cui è scritto:
“Dall'ufficio di Rocca scomparvero documenti d'archivio relativi
all'attività svolta nell'interesse del SIFAR. Parte di questi
documenti riguarderebbero rapporti risalenti al 1965-66-67 e
riguardanti in particolare trattative per l'acquisto da parte di
Israele di 50 aerei da caccia FIAT tipo G 91 Y adatti per l'impiego
tattico nella guerra e nella guerriglia. Ora questi documenti si
troverebbero in Svizzera e precisamente a Basilea, nelle mani di un
armeno cittadino francese che si fa chiamare Joseph Caram o Garame.
Questi si proporrebbe azioni di ricatto sia nei confronti di certo
ingegner Jacob Golusmacher, fiduciario di Israele per le operazioni
di acquisto di materiale bellico, che nei confronti della FIAT”.
“....
Quanto a Rocca e alle ragioni della sua morte, qualche sibillina ma
significativa ammissione si avrà dopo circa sei anni e mezzo, quando
Aloja ed Henke saranno interrogati dall'autorità giudiziaria di
Milano. Dirà il primo: “A proposito del colonnello Rocca posso
dire che siccome aveva assunto al SIFAR un potere eccessivo, non
appena divenni capo di stato maggiore della difesa lo feci trasferire
ad altro incarico”. Aggiungerà Henke: “Dovemmo risolvere il
problema del colonnello Rocca, che aveva raggiunto una preoccupante
autonomia”.
Il
‘suicidio' risolve ‘il problema' drasticamente e senza
conseguenze (tranne che per il suicida). Soluzione attorno alla quale
il governo balneare di Leone farà quadrato. Mentre seguiterà a
rifiutare le proposte per un'inchiesta parlamentare sulle vicende del
1964, duramente respinte dal neoministro della difesa Gui, in
parlamento. Lo stesso Gui tenterà di scagionare il SID da ogni
possibile responsabilità per il caso Rocca: mentendo, dirà
addirittura alla camera che Rocca non manteneva con il SID “rapporti
di alcun genere”.
Gli
inquietanti retroscena che stanno dietro alla morte mai chiarita del
colonnello Rocca si riproducono in altri drammatici casi. Il 26
aprile 1969 morì il generale Ciglieri, già comandante dei
Carabinieri, a cui erano state affidate indagini a carico di agenti
del SIFAR e il 21 luglio 1969 morì il generale Manes, vicecomandante
dei Carabinieri, autore di un rapporto relativo agli omissis apposti
da Moro e al segreto di stato. Il 7 agosto 1977 è la data della
morte (mai del tutto chiarita) del generale Anzà che aveva
annunciato la volontà di indagare dopo la morte del giudice Occorsio
(10 luglio 1976) che era stato pubblico ministero delle indagini sul
SIFAR.
Pochi
giorni dopo la morte di Anzà avvenne l'assassinio del colonnello
Russo che era stato capo del nucleo investigativo. Pochi giorni prima
di Anzà si era suicidato il suo ex collaboratore colonnello
Giansante comandante della legione dei Carabinieri di Palermo, mentre
il 14 luglio 1979 venne ucciso il colonnello Varisco a cui erano
state affidate le indagini sulla morte di Anzà. Il 7 gennaio ....
morì il giudice Ottorino Pesce che svolgeva indagini sugli omissis;
il 7 maggio 1979 fu ucciso il giornalista Mino Pecorelli, direttore
della rivista ‘Op' che si era occupato di indagini scottanti (vedi
su questo il libro di Rita Di Giovacchino: “Lo scoop mortale”,
editore Pironti, 1994). Il 1° novembre 1977 era morto il generale
Mino, comandante dei Carabinieri, in una oscura sciagura aerea in
Calabria.
Si
può capire che, per chi era a conoscenza di questioni
particolarmente segrete, esistevano delle preoccupazioni sulla
propria vita.
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