sabato 26 novembre 2011
LE CATACOMBE "POLITICHE" DI ROMA
Pianetanews.com, 26 novembre 2011 - Notizie
Nei sotterranei di Palazzo Giustiniani spunta anche il “Patto del tunnel”
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TORNANO dunque gli incontri segreti; e quindi, e anche, tornano a far parlare di sé le gallerie nascoste nelle viscere della Città, ma anche da sempre ben acquattate nell’immaginario del potere, che per antica vocazione sottoterra ci si trova assai meglio che alla luce del sole. Forse il presidente Monti, e Alfano, Casini, Bersani non si rendono conto che questi loro convegni clandestini denotano e ancor più trasmettono una certa coda di paglia. Vero è che ogni politica presuppone un certo grado di invisibilità, ma farsi beccare nei pressi di un rinomato tunnel e poi negare senza troppa convinzione sposta e inesorabilmente fa muovere tutta la faccenda sul proscenio dell’eterna commedia domestica, e il mistero diventa subito buffo. Di solito le occulte location dei politici si scoprono quando è troppo tardi. Così Palmiro Togliatti incontrava monsignori (De Luca) e banchieri (Mattioli) a casa di un intellettuale ignoto ai più (Franco Rodano), agli Orti di Galatea, uno dei posti più belli di Roma; rifugio così ben mantenuto negli anni che anche Berlinguer e quindi perfino Occhetto poterono approfittare della cortese ospitalità degli eredi. D’altra parte Craxi e De Mita, litiganti degli anni 80, ebbero i loro luoghi occulti per sbrigare in pace gli affari che gli stavano a cuore: a volte erano conventi, che a Roma davvero non mancano, a volte appartamenti forniti da Polizia e servizi (che così facevano da garanti). Se Cossiga si metteva di mezzo, finivano tutti dall’editore dell’AdnKronos Pippo Marra che offriva due opzioni: una urbana a piazza di Spagna e l’altra campagnola, dalle parti di Bracciano, dove per gioco e per passione allevava una mucca. Eppure non si venne a sapere di patti “della mucca”, mentre “della crostata” sì, per quanto presto disconosciuti e andati a monte. A lungo casa Letta, alla Camilluccia, assurse a dependance para-istituzionale: riservata, ma fino a un certo punto. Del Prodi occulto si ricorda nulla, segno che c’era e funzionava. Il berlusconismo, al contrario, nacque, visse, operò e sciaguratamente divenne vecchio privo di qualsiasi riservatezza. Basti pensare che su villa Certosa, e proprio dopo vasti scavi e tunnel marini e misteriosi laboratori botanici, fu posto il segreto di Stato. Tempo due-tre anni e il fotografo Zappadu, infrattato a dovere, fece in modo di documentare nozze campestri, docce libidinose, tuffi adamitici e persino ninfette sui cavallucci delle giostrine, con militi armati a fare da adeguato sfondo. Bene. La tecnocrazia e i leader del tripartito riscoprono adesso il fascino dell’ipogeo. Magari siglando un eventuale «patto del tunnel». Non vale la pena di evocare Plutone e Lucifero, Batman e la Spectre, Ceaucescu e Gheddafi, ma è sicuro che Roma abbonda di caverne, vie e cunicoli sotterranei. Catacombe a parte, l’underground vaticano addirittura alimenta romanzi e saggi, da Gide (I sotterranei del Vaticano, appunto) alla storica Barbara Frale che sotto la basilica di San Pietro, ne Il principe e il pescatore (Mondadori, 2011), ha ricostruito come Pio XII riuscì a salvare centinaia, forse migliaia di ebrei dai nazi. Al di qua del Tevere, nella città politica, esiste un tunnel che collega Palazzo Chigi con Montecitorio; un altro, quello utilizzato dai mancati clandestini dell’altroieri, congiunge il Senato a Palazzo Giustiniani; e un terzo, costruito ovviamente “per ragioni di sicurezza” durante gli anni di piombo, unisce sempre Palazzo Giustiniani con Palazzo Cenci Maccarani, ai cui piedi si può gustare il pregevole caffè della “Tazza d’oro”. Ma quel che un po’ mette in sospetto è che ai potenti queste tre non indispensabili gallerie non bastano e quindi altre se ne progettano di continuo, da Montecitorio a Palazzo Theodoli, per esempio, o dalla Camera all’ex Banco di Roma, che sono appena due passi. Di recente, grazie alle indagini sulla Cricca, si è venuto a sapere che da Palazzo Venezia l’ingegner Balducci voleva scavare pure lui, fino a raggiungere il sub-reticolo del Senato. Palazzo Venezia è invece legato alle smanie del sottosuolo mussoliniano; anche se in questo senso la leggenda delle leggende, tanto più spiegabile purtroppo in una città così spesso paralizzata dal traffico, riguarda un’occulta strada a due corsie e persino illuminata che dalla sede ex Sismi di Forte Braschi condurrebbe niente meno che a Civitavecchia. Ogni tanto c’è qualche furbo spione o giornalista sadico che la ritira fuori, al che i romani alzano le braccia al cielo in segno di lieta e scettica rassegnazione. Che Alfano, Bersani e Casini si siano visti con il presidente Monti al termine di un avventuroso avvicinamento sposta poco o nulla i termini di ciò che con lui hanno discusso. E tuttavia, immaginandoli imboccare il fatidico tunnel, viene da chiedersi se questa benedetta lista di sottosegretari vale l’ansia latente di nascondimento, l’inconscia separatezza del potere, la pulsione di Città Proibita o magari, scavando scavando, il ritorno nell’utero materno — che poi magari lì dentro non ci si sta nemmeno tanto comodi.
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