«È una moneta senza sovrano. Così è destinata a esplodere».
di Giuseppe Matarazzo
Avvenire | 31.12.2011
Ripubblicato da: http://www.italianiliberi.it/
(MILANO) Euro sì, euro no? A questo "dilemma", in tempi non sospetti, Lucio Caracciolo, direttore della rivista italiana di geopolitica «Limes» e docente di Studi strategici alla Luiss, ha risposto chiaramente. Già nel 1997 usciva per Laterza con un libro dal titolo inequivocabile: «Euro no. Non morire per Maastricht». Oggi, a dieci anni dall'ingresso della moneta unica europea, l'Europa è al suo capezzale.
Cosa non ha funzionato?
Il problema dell'euro non è strettamente economico o monetario, ma politico. È una moneta senza sovrano. Oggi di fronte al convergere di una crisi esterna, con la cattiva gestione del «caso Grecia», è emersa la crisi strutturale dell'Unione europea, l'incapacità di capire cosa sta succedendo e come uscirne. Lo scopriremo o attraverso l'esplosione dell'euro o con una presa di coscienza, che porti a determinare un sovrano politico che garantisca questa moneta. Ma credo che la seconda ipotesi sia più difficile della prima.
È più facile che esploda l'euro?
Obiettivamente, sì. Non siamo riusciti in 10 anni ad avere un sovrano europeo, figuriamoci in tre mesi.
Ma sarebbe un disastro...
Sarebbe una crisi non solo monetaria ma anche sociale e politica. Com'è già in tutto e per tutto quella che stiamo vivendo. Ma non sarebbe una catastrofe. Non diamo alla moneta in sé un valore superiore a quello che rappresenta. È sempre un mezzo di pagamento.
Qual è il peccato originale?
L’euro non è nato, né rischia di morire per ragioni economiche. Fu concepito da francesi e italiani per punire la Germania che aveva osato riunificarsi e poteva avere mire espansionistiche. Per questo abbiamo preteso la cessione del marco e dell' egemonia della Bundesbank alla BCE. Il cancelliere Kohl contro la netta maggioranza dei tedeschi accettò il compromesso. Adesso l'insofferenza di Berlino sta venendo fuori.
Basterà il nuovo trattato a sistemare le cose?
Temo di no. Se gli esiti generali della crisi sono incerti, è certo che il prossimo trattato sarà solo un ulteriore passo in questa agonia. Nella migliore delle ipotesi sarà il tentativo di costruire una zona euro ristretta.
Con due euro...
L'idea di un euronucleo è vecchia quanto l'euro. Ma una cosa è farla mentre c'è il bel tempo. Un'altra è immaginare un'arca di Noè che traghetti i superstiti nella tempesta di oggi.
L'Europa si scopre un gigante dai piedi d'argilla?
L'Ue è diventata una struttura autoreferenziale, non animata da regole ma da rapporti di forza. Si sono svuotate le democrazie nazionali senza costruire una democrazia europea. Così di democrazia in Europa n'è rimasta poca.
Che ruolo gioca l'Italia?
Si è ritrovata a essere il perno del sistema monetario ed economico. Se andiamo in bancarotta noi, fallisce l' euro. E tutti, ma proprio tutti, hanno interesse che ciò non succeda. Prima eravamo assenti, ora subiamo un'attenzione straordinaria.
Giustificata?
Direi di sì. È meno giustificato che non utilizziamo questa occasione per rialzare la testa: abbiamo la possibilità, non dico di dettare le condizioni, ma almeno di far valere le nostre ragioni per uscire dalla crisi più forti e non più deboli. Invece cerchiamo solo il compito da mettere in bella.
Avvenire | 31.12.2011
Ripubblicato da: http://www.italianiliberi.it/
(MILANO) Euro sì, euro no? A questo "dilemma", in tempi non sospetti, Lucio Caracciolo, direttore della rivista italiana di geopolitica «Limes» e docente di Studi strategici alla Luiss, ha risposto chiaramente. Già nel 1997 usciva per Laterza con un libro dal titolo inequivocabile: «Euro no. Non morire per Maastricht». Oggi, a dieci anni dall'ingresso della moneta unica europea, l'Europa è al suo capezzale.
Cosa non ha funzionato?
Il problema dell'euro non è strettamente economico o monetario, ma politico. È una moneta senza sovrano. Oggi di fronte al convergere di una crisi esterna, con la cattiva gestione del «caso Grecia», è emersa la crisi strutturale dell'Unione europea, l'incapacità di capire cosa sta succedendo e come uscirne. Lo scopriremo o attraverso l'esplosione dell'euro o con una presa di coscienza, che porti a determinare un sovrano politico che garantisca questa moneta. Ma credo che la seconda ipotesi sia più difficile della prima.
È più facile che esploda l'euro?
Obiettivamente, sì. Non siamo riusciti in 10 anni ad avere un sovrano europeo, figuriamoci in tre mesi.
Ma sarebbe un disastro...
Sarebbe una crisi non solo monetaria ma anche sociale e politica. Com'è già in tutto e per tutto quella che stiamo vivendo. Ma non sarebbe una catastrofe. Non diamo alla moneta in sé un valore superiore a quello che rappresenta. È sempre un mezzo di pagamento.
Qual è il peccato originale?
L’euro non è nato, né rischia di morire per ragioni economiche. Fu concepito da francesi e italiani per punire la Germania che aveva osato riunificarsi e poteva avere mire espansionistiche. Per questo abbiamo preteso la cessione del marco e dell' egemonia della Bundesbank alla BCE. Il cancelliere Kohl contro la netta maggioranza dei tedeschi accettò il compromesso. Adesso l'insofferenza di Berlino sta venendo fuori.
Basterà il nuovo trattato a sistemare le cose?
Temo di no. Se gli esiti generali della crisi sono incerti, è certo che il prossimo trattato sarà solo un ulteriore passo in questa agonia. Nella migliore delle ipotesi sarà il tentativo di costruire una zona euro ristretta.
Con due euro...
L'idea di un euronucleo è vecchia quanto l'euro. Ma una cosa è farla mentre c'è il bel tempo. Un'altra è immaginare un'arca di Noè che traghetti i superstiti nella tempesta di oggi.
L'Europa si scopre un gigante dai piedi d'argilla?
L'Ue è diventata una struttura autoreferenziale, non animata da regole ma da rapporti di forza. Si sono svuotate le democrazie nazionali senza costruire una democrazia europea. Così di democrazia in Europa n'è rimasta poca.
Che ruolo gioca l'Italia?
Si è ritrovata a essere il perno del sistema monetario ed economico. Se andiamo in bancarotta noi, fallisce l' euro. E tutti, ma proprio tutti, hanno interesse che ciò non succeda. Prima eravamo assenti, ora subiamo un'attenzione straordinaria.
Giustificata?
Direi di sì. È meno giustificato che non utilizziamo questa occasione per rialzare la testa: abbiamo la possibilità, non dico di dettare le condizioni, ma almeno di far valere le nostre ragioni per uscire dalla crisi più forti e non più deboli. Invece cerchiamo solo il compito da mettere in bella.
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