mercoledì 4 gennaio 2012

Treviso, si suicida un altro imprenditore


Treviso, si suicida un altro imprenditore
‘Veneto Stato’ contro Equitalia: “Strozzini”
Dopo la morte di Giovanni Schiavinato, i membri dell'organizzazione separatista veneta protestano contro l'agenzia di riscossione delle tasse: "Ce l’abbiamo con i parlamentari giù a Roma. Se la situazione è diventata questa, per cui c’è gente che dopo aver lavorato una vita e che per un debito irrisorio perde addirittura la casa, la colpa è solo loro”
Al grido di “assassini” rivolto a impiegati e funzionari asserragliati all’interno, un centinaio di attivisti di ‘Veneto Stato’ ha manifestato con cartelli e striscioni (“strozzini di stato italico”) non proprio amichevoli di fronte alla sede Equitalia di Treviso. L’ultima goccia a far tracimare la protesta fiscale è stato il suicidio di Giovanni Schiavinato, imprenditore di 71 anni di Montebelluna allontanatosi martedì 27 dicembre e ritrovato morto il 30 sera a Longarone (Belluno). Schiavinato, si è gettato in un fiume di montagna con le tasche piene di pietre proprio nel giorno in cui la sua casa andava all’asta. Aver tentato la fortuna anche in Cina, seguendo gli ultimi dettami dell’imprenditoria nordestina che non  si ferma mai, non si era rivelato salvifico e i debiti e la conseguente depressione hanno fatto il resto. Anche in sua memoria ardeva uno della decina di lumini accesi di fronte all’ingresso dell’esattoria. Ma quella dei suicidi, è una macabra conta per difetto.

“Da un conto sommario abbiamo contato almeno 53 suicidi a partire dal 2008” raccontano rabbiosi i ‘venetisti’. Di questi, una ventina sono avvenuti negli ultimi dodici mesi nel solo trevigiano. E trevigiani erano tre degli ultimi quattro imprenditori che si sono tolti la vita nel corso del solo ultimo mese. Numeri da allarme sociale e come tale trattati anche dalla potente Unindustria Treviso che già mesi fa aveva diffuso un appello sui giornali locali invitando i propri associati a non nascondersi e a coinvolgere la stessa associazione nei propri problemi personali. Un’associazione artigiana ha addirittura costituito un team di supporto di psicoterapeuti, anche se “la risposta migliore rimane sempre quella di rafforzare la rete di tenuta economica attorno alle imprese con finanziamenti ad hoc”, dice Mario Pozza della Confartigianato. Nonostante gli appelli e gli aiuti è spesso il sentimento di vergogna a prevalere, anche perché il motto che “fallire nel lavoro equivale a fallire nella vita” è duro a morire nella mentalità di un’imprenditoria orgogliosa di essersi fatta da sé e che vede crollargli il mondo addosso.

“Clienti che non pagano, le banche che chiudono i rubinetti, mentre i debiti, quelli sì, corrono sempre e non dormono mai. Come Equitalia”, ammoniscono i ‘venetisti’ già organizzatori di manifestazioni alle concerie di Arzignano (Vicenza), Verona e Padova. Più che con Equitalia e i suoi uomini “che sono il braccio operativo, lo strumento e ci dicono che loro eseguono solo gli ordini”, gli indipendentisti raccontano che ce l’hanno con “i parlamentari giù a Roma. Se la situazione è diventata questa, per cui c’è gente che dopo aver lavorato una vita e che per un debito irrisorio perde addirittura la casa, la colpa è solo loro”. Colpa di aver portato gli animi all’esasperazione “massima, come la tassazione ormai insostenibile”, dichiara il segretario di ‘Veneto Stato’ Lodovico Pizzati, costruendo un castello di leggi “forti con i deboli e deboli con i forti. Per cui, se hai un debito anche solo di poche centinaia di euro, Equitalia ti porta al fallimento pignorandoti quegli stessi macchinari che ti servirebbero per rimetterti in carreggiata. E magari hai anche dei crediti che però non puoi compensare. Senza dimenticare poi che spesso è questo stesso Stato, così rigoroso e fiscale nel chiedere senza valutare le diverse situazioni, il primo ad essere inadempiente nei pagamenti”. Parole che negli ultimi mesi hanno attraversato l’Italia da Nord a Sud, isole comprese. “Sì, ma in Sicilia non c’è Equitalia. C’è Riscossione Sicilia‘ partecipata dalla Regione”. Quindi cosa cambia? “Che anche noi dobbiamo farci qui la nostra ‘Equiveneto‘”.

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